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Il blog di Letizia Baglioni

Archivi Mensili: gennaio 2015

Aggiornamenti

25 domenica Gen 2015

Posted by Letizia Baglioni in Aggiornamenti

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Tag

Bhante Sujato, Bhikkhu Analayo, Buddhismo delle origini, Etica buddhista, giorno della memoria, karma e rinascita, retta parola

Di quando in quando scriverò un post miscellaneo come questo per rispondere a qualche richiesta di informazione, per segnalare contenuti interessanti, o iniziative in corso che riguardano i lettori di questo blog …  

P1050075INNANZITUTTO: a seguito del Ritiro urbano di Torino conclusosi la settimana scorsa si è aperta, timidamente, una conversazione sui temi del Linguaggio etico (Sammā vāca o retta parola, in termini tecnici buddhisti) alla quale siete invitati a partecipare se avete domande, riflessioni o esperienze circa questo aspetto dell’ottuplice sentiero del Buddha, o per segnalare contenuti e idee interessanti sui temi connessi dell’etica del linguaggio e della comunicazione. E, naturalmente, anche se avete partecipato al ritiro e volete condividere qualche pensiero in merito.

È APPENA INIZIATO il laboratorio a Venezia Mestre sullo stesso argomento, quindi potete ascoltare gli audio dei seminari, scaricare i testi e seguire o iniziare la discussione sia qui che qui. Ricordate che per ricevere avviso di un commento (o risposta se avete postato un commento o domanda) dovete iscrivervi al blog o abbonarvi a un singolo articolo tramite i feed (a sinistra) e barrare le caselle ‘Notifica’  quando inserite un commento…

IN TEMA dI ETICA BUDDHISTA ma espandendo l’ambito teorico-dottrinale della riflessione, segnalo a chi legge l’inglese un ciclo di conferenze su karma e rinascita nel buddhismo delle origini  tenuto in Australia da Bhante Sujato e Ajahn Brahmali ma seguibile online http://discourse.suttacentral.net/t/course-outline-and-reading-buddhist-library/67/1 Il primo workshop in particolare (Myth Busting) è dedicato ad affrontare e sfatare alcuni miti e fraintendimenti su questi controversi insegnamenti del Buddha, che si sono evoluti (o involuti?) in varie direzioni talvolta in contrasto con il pensiero elaborato all’interno della primitiva comunità di Gotama. E questo vale anche per la scuola theravada, a volte erroneamente confusa con il buddhismo delle origini tout-court. Se avete poco tempo per leggere vi consiglio fra l’abbondante materiale messo generosamente a disposizione l’intervista al filologo R. Gombrich e il testo di Bhante Dhammika http://www.bhantedhammika.net/what-exactly-is-kamma che espone chiaramente (cosa rara) come e perché certe idee e atteggiamenti culturali diffusi nelle tradizioni e società buddhiste non siano da accettare acriticamente come “parola del Buddha”. Indifferenza al male, acquiescenza al potere e all’autorità, fatalismo, superstizione, immobilismo sociale, razionalizzazione di impulsi autodistruttivi o di vendetta, sono solo alcuni degli esiti della semplificazione di concetti complessi. Quindi preziosa è la selezione bibliografica di sutta sul kamma contenuta nel profilo del corso, con il link alla traduzione integrale dei discorsi in inglese. Per il concetto di Early Buddhism e le pubblicazioni di Sujato rimando al sito http://santifm.org/santipada/  Prometto un post sull’argomento, in un futuro non troppo lontano! 

021220

Bhante Sujato

Come sempre, a mio avviso l’utilità dello studio testuale e del dibattito (se seguite la discussione su SuttaCentral troverete commenti di tutti i tipi, buona scuola per l’equanimità!) non sta nel cercare rifugio in opinioni più o meno moderniste o tradizionaliste, ma nell’aiutarci a riflettere su quali opinioni animano la nostra pratica e il nostro modo di vivere, e rivedere o ampliare il raggio della nostra comprensione, invece di aderire passivamente a ciò che una certa tradizione o maestro propongono.  Comunque, sappiatemi dire….

INFINE… Per chi fosse sconcertato dal collegamento necessario fra il concetto di kamma e la rinascita nel senso di vite altre su cui insiste il corso australiano, e desiderasse un approccio più “qui e ora” agli insegnamenti del Buddha sul kamma consiglio vivamente il classico Good, Evil and Beyond di P. A. Payutto che si può scaricare qui  nonché il molto moderno e psicologicamente orientato Kamma and the end of kamma di Ajahn Sucitto qui  Il rapporto fra etica e liberazione è importante per un’appropriata comprensione della pratica del Dhamma, perché come diceva Ajahn Chah, la consapevolezza e la comprensione ci consentono di non essere né al di sotto, né al di sopra del bene e del male…

SI AVVICINA il Giorno della memoria, 27 gennaio e vi segnalo la programmazione dal sito di radio3 in particolare il Progetto Treno della Memoria 2015 che porterà 600 ragazzi delle scuole toscane, insieme a studenti universitari, sopravvissuti dei campi di sterminio nazisti, insegnanti, giornalisti, storici, ad Auschwitz-Birkenau per realizzare una serie di video documentari e soprattutto incontrare e ascoltare testimonianze sulla Shoah. Oggi riconosciamo che la capacità o l’incapacità di ogni singolo individuo di pensare e scegliere eticamente e liberamente ha determinato il corso della storia, ha pesato drammaticamente, inesorabilmente, sulle vite di milioni di persone. Ma allora, quanti sentivano che la propria indifferenza, o l’acquiescenza alle emozioni collettive dominanti, facessero una sostanziale, e fatale, differenza? Pochi. 1422040016749Memoria_quattroNon eravamo pronti allora, e rischiamo di non esserlo oggi. Se siamo scivolati nella negligenza o crediamo di essere più intelligenti o fortunati dei nostri padri e nonni, ripensiamoci. Idealmente, salgo su quel treno guardando e ascoltando attraverso gli occhi e il cuore di quei ragazzi, ci salgo con quanto ho compreso del Dhamma, della pratica, del mio umile sforzo quotidiano, vedo cosa ne resta, cosa regge. E quel che perde senso, quello che non può stare su quel treno, lo lascio a terra.

Un regalo di compleanno

07 mercoledì Gen 2015

Posted by Letizia Baglioni in Senza categoria

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Ajahn Sumedho, quattro nobili verità

Il 27 luglio dell’anno appena trascorso Ajahn Sumedho ha compiuto ottant’anni e ha tenuto un breve discorso di ringraziamento ai molti affezionati monaci e laici, orientali e occidentali, convenuti al monastero Amaravati in Inghilterra per festeggiare. Il testo è stato appena pubblicato sul Forest Sangha Newsletter del 2015 (scarica in pdf). Ho pensato di tradurlo qui (quasi integralmente) come piccolo regalo di Natale per chi legge il blog (meglio tardi che mai), e come occasione per esprimere con un gesto della mente, avendo mancato l’appuntamento pubblico, gratitudine e apprezzamento per Luang Por e tutto quello che mi ha dato e che continua a germinare. La nascita è inevitabilmente seguita dalla vecchiaia e dalla morte e un compleanno non necessariamente è un’occasione lieta. Ma una vecchiaia raggiunta camminando con integrità, saggezza e compassione è un frutto dolce che merita di essere condiviso e festeggiato, e che ci dona fiducia sulle nostre possibilità come esseri umani. Ci addita le nostre peggiori paure, dimostrandoci che la paura si può incontrare e superare.

NON MI PIACE CONSIDERARE questi cinque volumi di insegnamenti che ho avuto modo di offrire ai presenti oggi come gli insegnamenti di Ajahn Sumedho. Sono solo riflessioni sul Dhamma. Tanto per chiarire: sono gli insegnamenti del Buddha, non qualcosa di originale o personale. Spesso parlo di come ho affrontato problemi emotivi come la rabbia o la paura. Sono solo sumedhoincoraggiamenti da parte di qualcuno che conoscete, una persona che vive adesso, che condivide il suo modo di gestire le ansie, la preoccupazione, le paure e le tendenze nevrotiche. A volte le scritture sembrano troppo idealistiche, quando le leggi non ti sembrano applicabili più di tanto al problema personale che vivi sul momento. Ho sempre trovato utilissimo e incoraggiante quando Luang Por Chah parlava di come aveva affrontato problemi o blocchi emotivi di particolare intensità. All’inizio tendevo a idealizzarlo. Pensavo: ma lui è un maestro illuminato, probabilmente non ha mai avuto i problemi che ho io; appena nato camminava su sette fiori di loto, era puro, non ha mai dovuto fare i conti con la rabbia, la paura o cose del genere. Possiamo mettere gli insegnanti su un piedistallo e proiettare su di loro una perfezione originaria. E quando guardiamo noi stessi ci accorgiamo di sentirci dolorosamente inadeguati.

TANTE DELLE NEVROSI moderne sono solo ansie che creiamo attorno alla nostra vita. Anche nelle società sviluppate come la nostra, dove si fa di tutto per indurre un sentimento di sicurezza, l’ansia cresce. È un comune problema umano. Il Buddha ha messo le Nobili verità basate su dukkha, la sofferenza, nel suo primo discorso. Si può tradurre dukkha con ansia, o paura; è uno stato mentale che creiamo noi, che rende le nostre vite molto infelici e piene di timori e angosce. […] Se tutti gli altri testi, il resto del Tipitaka e via dicendo, improvvisamente scomparissero e non ci restasse altro che le Quattro nobili verità, sarebbe abbastanza. Sono la via alla non-sofferenza. Sono uno strumento che vi incoraggio a usare. L’insegnamento va fatto funzionare, però. Venerarlo, lodarlo, leggerlo e analizzarlo è un conto; non c’è niente di male, ma il punto […] è la paṭipadā: metterlo in pratica, farlo funzionare. Non mi piace vedervi soffrire. Se avessi la bacchetta magica e potessi farvi comprendere alla perfezione le Quattro nobili verità, la userei. Ma non ce l’ho. Posso solo incoraggiarvi, non posso far funzionare l’insegnamento per voi. E naturalmente nemmeno il Buddha. Ci ha solo dato un insegnamento che dobbiamo riportare e applicare nella realtà della nostra vita. È un semplice insegnamento basato sul comune fattore della sofferenza. Questo è il legame che condividiamo con tutte le creature. Tutti siamo soggetti a nascita, vecchiaia, malattia e morte. Abbiamo paure, desideri, invidie, avidità, confusione, e via dicendo. […] E io  sono stato tanto fortunato da avere l’occasione di metterlo in pratica, di prenderlo come maestro per risolvere i problemi, le paure e le abitudini emotive con cui ho dovuto confrontarmi.

LA VITA MONASTICA non è un formula magica, ma è una forma utile che ci ricorda di svegliarci, di prestare attenzione e non perderci in tutti i problemi creati dal mondo, o che creiamo sul nostro essere nel mondo. Dopo averlo adoperato per tutti questi anni ho fiducia e fede in questo insegnamento. È una formula assolutamente perfetta che si può applicare a chiunque, perché prende il fattore comune della sofferenza e, semplicemente cambiando atteggiamento nei suoi confronti, ti fa cominciare a capire la condizione umana. Cominci a capire cosa vuol dire essere una forma sensibile, avere paura della morte, volere il piacere e il successo e non volere il dolore, temere il fallimento e la perdita. Poi c’è il desiderio che le cose siano come non possono essere, cercare di creare un mondo illusorio, un sogno utopico che non potrà mai avverarsi perché non si basa sul Dhamma, sulla realtà, ma solo su ideali altisonanti. […]

ANCHE PRIMA DI imparare il tailandese dovevo sedere per ore ad ascoltare i discorsi sul Dhamma di Ajahn Chah, e una parola che ricorreva sempre era patipat […] che è il loro modo di rendere il termine pali paṭipadā, ossia “pratica”. Non è un credo, o una dottrina confusa che si può sperare di arrivare a comprendere. Ti dice come farlo. Si tratta di prendere l’esperienza più comune – dukkha – e usarla per esplorare il presente: la sofferenza, la paura, l’ansia, la preoccupazione, qualunque sia la cosa che incontriamo nel presente, è così. Da questa semplice pratica derivano l’intuizione, la comprensione e la saggezza che ci guidano nella vita, invece di sforzarci di applicare idee, cercare di migliorare la nostra personalità o reprimere i sentimenti e le emozioni. Si tratta di comprendere con saggezza la dimensione in cui ci troviamo a vivere. Vi offro queste parole come regalo per il mio compleanno.

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