Traduco di seguito un breve discorso del Buddha che in modo succinto ma profondo risponde alla domanda: da cosa riconosco se la mia pratica, la direzione che ha preso la mia vita, le idee che intrattengo o che ascolto dagli altri, sono in sintonia con l’insegnamento del Buddha? In poche parole, qual è il ‘marchio di fabbrica’ del Dhamma? Un piccolo regalo di Natale, con sinceri auguri di ogni bene per tutti. Come sempre, sono benvenuti domande e commenti sul testo (cliccare in altro a destra su Lascia un commento).
Ho udito che in una certa occasione il Beato alloggiava a Vesalī, nella sala dal tetto a punta nella Grande Foresta.
Allora Mahāpajapatī Gotamī si recò dal Beato e, al suo arrivo, lo salutò rispettosamente e restò in piedi da un canto. Poi gli disse: “Sarebbe bene, signore, che il Beato mi spiegasse il Dhamma in breve dimodoché, dopo aver ascoltato il Dhamma dal Beato, possa dimorare sola, in ritiro, consapevole, ardente e risoluta”.
“Gotamī, le cose [dhammā] che, a tuo giudizio, promuovono l’infatuazione [rāga], non la sobrietà [virāga], la costrizione, non lo scioglimento, l’aggiungere, non il togliere, l’ostentazione, non la semplicità, l’insoddisfazione, non la soddisfazione, il gregarismo, non l’autonomia, l’indolenza, non l’energia, l’avere molte esigenze, non poche esigenze: di queste cose puoi dire senz’altro ‘Questo non è il Dhamma, non è la Disciplina, non è la parola del maestro’.
Quanto alle cose che, a tuo giudizio, promuovono la sobrietà, non l’infatuazione, lo scioglimento, non la costrizione, il togliere, non l’aggiungere, la semplicità, non l’ostentazione, la soddisfazione, non l’insoddisfazione, l’autonomia, non il gregarismo, l’energia, non l’indolenza, l’avere poche esigenze, non molte esigenze: di queste cose puoi dire senz’altro ‘Questo è il Dhamma, è la Disciplina, è la parola del maestro’.”
Soddisfatta, Gotamī accolse con gioia le parole del Beato.
——— Saṅkhitta Gotamiyovāda, Aṅguttara Nikāya 8.53
Mi sembra che il punto chiave in questo discorso sia quel “a tuo giudizio”, che implica appunto una consapevolezza dei propri movimenti mentali che poi è il frutto della pratica. E che la zona di confine tra i due movimenti non è così netta e definita ma che possa variare, a nostro giudizio, in una zona franca a seconda di situazioni e condizioni.
Insomma quel “a tuo giudizio” da energia e infonde fiducia ed è come se dicesse: lo puoi fare.
Possiamo dire, sintetizzando al massimo, che quei movimenti della mente che riducono la spazio interiore, che portano ad una contrazione non portano altro che dukkha e invece tutto ciò che porta ad apertura e alleggerimento invece sukkha?
Ho reso liberamente con ‘a tuo giudizio’ una frase che suona “ciò di cui riconosci che porta—” e come dici tu sottolinea la diretta capacità di osservare e conoscere per diretta esperienza. Tuttavia non credo che il termine dhammaa (qui reso semplicemente con ‘cose’) si riferisca in questo contesto solo a stati mentali : si può trattare di idee, attività, pratiche, insegnamenti ecc. Le qualità etiche/psicologiche positive o negative che vengono nutrite vanno al di là della coppia piacere/dolore, e chiamano in causa la possibilità della liberazione.
Trovo interessante che il Buddha non parli di meditazione o concentrazione: la Disciplina è legata al vivere morale e quotidiano. Naturalmente concentrazione e consapevolezza sono strumenti per mettere in atto queste scelte etiche in modo profondo e interiore ma non sono obiettivi di per sé come a volte (almeno per me che sono occidentale) sembra dalle esperienze di ritiri e insegnamenti dei libri.
E non parla nemmeno di mettere in atto metta e compassione quasi fossero conseguenze che “vengono da sole” dal seguire quei precetti.
Ho sempre pensato che il Buddha ci veda come bambini, che l’essere illuminati stia alla nostra vita come la visione di un adulto stia a quello di un bambino.
Queste parole starebbero benissimo in bocca ad un padre che spiega alla figlia come diventare una buona persona, come crescere bene.
Grazie Roberto per il tuo commento, e scusa se è comparso un po’ in ritardo… sì, penso anch’io che a volte si metta l’accento sugli strumenti e le tecniche, come se fossero neutri, più che sull’atteggiamento, i valori e le aspirazioni con cui vengono scelti e portati avanti dalle persone nella propria vita. Ecco perché mi piace questo sutta: addita una semplificazione profonda che è frutto, come dici tu, di maturità.