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Il blog di Letizia Baglioni

Archivi Mensili: novembre 2017

La paura e il manganello (cont.)

30 giovedì Nov 2017

Posted by Letizia Baglioni in Senza categoria

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Tag

estrema destra, violenza

Rilancio qui il servizio di Radio3 Rai dedicato all’irruzione di un gruppo di naziskin nella sede di un’associazione di Como che si occupa di accoglienza e assistenza ai migranti  Tutta la città ne parla 

Il succo del fatto di cronaca si può leggere QUI   L’azione del gruppo neofascista non ha comportato violenze fisiche o danni alla proprietà: i presenti sono stati ‘solo’ costretti ad ascoltare un proclama in cui venivano accusati di fomentare una pericolosa invasione e causare la progressiva “sostituzione”  del popolo europeo con un “non popolo” (?).  Quali indicibili angosce psicotiche, e scenari fantascientifici, risuonino in questo straordinario pronunciamento, lascio a  voi esaminare.

Fra qualche ora il dibattito, che include il racconto dei fatti dal punto di vista di uno dei volontari,  si potrà riascoltare in Podcast trasmissione del 30/11/2017

“La paura nasce dall’armarsi” ci ricorda il Buddha nei bei versi del Sutta Nipata LEGGI IL POST PRECEDENTE  Ma la mente non educata e non riflessiva continua, inesorabile, a immaginare il contrario (“devo armarmi per sconfiggere il pericolo ed eliminare la paura”) e necessita di pressare e travasare sugli altri, o meglio dentro agli altri, ciò che non sa affrontare, capire, digerire, trasformare. A me pare che la debolezza dello Stato, la vaghezza amorfa del corrente concetto di tolleranza (“chiunque può dire la propria, tutte le opinioni valgono uguale”) amplifichino il senso di una mancanza di confini e di limiti, generando uno spazio sociale caotico e frammentato dove sentirsi esistere è difficile. E dunque gettare una bomba con le parole, farsi ascoltare non per convincere, per sollevare un problema, per proporre, per rivendicare un diritto, ma per immaginarsi vivere: per stare a galla in un mare di rappresentazioni mentali dove toccare la terra di una comune umanità e svegliarsi dall’incubo risulta impossibile, o forse troppo doloroso.

A un certo punto abbiamo pensato che dividere il mondo in buoni e cattivi fosse ingiusto, pericoloso, inadeguato a descrivere la realtà e la Storia; che tutti avessero eguale diritto di parola e di azione indipendentemente dalla qualità di ciò che pensano e fanno e dagli effetti che producono. E se fosse il momento di fare un piccolo, consapevole, passo indietro e, senza intenti persecutori o disprezzo, rinsaldare gli argini della convivenza democratica, comprendere che le intenzioni e i progetti per cui la gente si associa e si riunisce non sono tutti validi e accettabili? E se invece delle condanne salottiere del razzismo (dell’antisemitismo, dell’omofobia e via elencando) si decidesse di rispettare e applicare le leggi, ad esempio l’art. 4 della legge 20 giugno 1952, (apologia del fascismo) o la legge 25 giugno 1993, n. 205 (legge Mancino)?  Condivisibile, in questo senso, è il commento di Saverio Ferrari su Il Manifesto di oggi .  Non sono così ingenua da credere che basti la legge o la repressione per cambiare la mentalità delle persone o per tenere a bada i cattivi e vivere tutti felici e contenti. Ma l’infinito dibattito in cui sembra che non abbiamo mai scelto, come Paese, da che parte stare, ci mette nella pericolosa situazione di attendere l’atto eclatante, la violenza efferata o l’abuso esplicito da parte di un individuo o di un gruppo per poter correre ai ripari e dire: “No, spiacente ma questo non è accettabile”.

Sempre più comprendo il valore inestimabile del Dhamma e la possibilità per chi educa se stesso di contribuire a una cittadinanza responsabile, meno vulnerabile all’angoscia, alla rabbia, all’autogiustificazione moralistica, all’impotenza (stavo per dire al ‘disfattismo’, ma mi sono ripresa in tempo … smile!)

Un grumo di schiuma

07 martedì Nov 2017

Posted by Letizia Baglioni in Sutta

≈ Commenti disabilitati su Un grumo di schiuma

Tag

dukkha, khandha, Sutta

Quel che segue è una versione italiana del Pheṇa­piṇ­ḍūpama­ sutta – Saṃyutta Nikāya 22.95. Il testo pāli e la traduzione inglese di Bhikkhu Bodhi possono essere consultati QUI  Ho omesso i versi conclusivi, che non aggiungono alla sostanza del discorso in prosa.

In una certa occasione il Beato dimorava ad Ayojjhā sulle sponde del  Gange. Lì il Beato si rivolse ai bhikkhu:

“Immaginate un grosso grumo di schiuma portato dalla corrente del fiume, e che un uomo di buona vista lo osservi, consideri ed esamini attentamente. Avendolo osservato, considerato ed esaminato attentamente gli apparirebbe vuoto, inconsistente e privo di sostanza. E quale sostanza potrebbe esservi in un grumo di schiuma?  schiuma

Allo stesso modo, qualunque forma – passata, futura o presente, interna o esterna, grossolana o sottile, infima o eccellente, lontana o vicina – un bhikkhu la osserva, considera ed esamina attentamente. E avendola osservata, considerata ed esaminata attentamente gli appare vuota, inconsistente e priva di sostanza.  E quale sostanza potrebbe esservi nella forma?

Immaginate una bolla d’acqua che si forma e dissolve sull’acqua, quando d’autunno cadono grosse gocce di pioggia; e che un uomo di buona vista la osservi, consideri ed esamini attentamente. Avendola osservata, considerata ed esaminata attentamente gli apparirebbe vuota, inconsistente e priva di sostanza. E quale sostanza potrebbe esservi in una bolla d’acqua?  pioggiaAllo stesso modo, qualunque sensazione – passata, futura o presente, interna o esterna, grossolana o sottile, infima o eccellente, lontana o vicina – un bhikkhu la osserva, considera ed esamina attentamente. E avendola osservata, considerata ed esaminata attentamente gli appare vuota, inconsistente e priva di sostanza. E quale sostanza potrebbe esservi in una sensazione?

Immaginate un miraggio che luccica a mezzogiorno nell’ultimo mese della stagione calda, e che un uomo di buona vista lo osservi, consideri ed esamini attentamente. Avendolo osservato, considerato ed esaminato attentamente gli apparirebbe vuoto, inconsistente e privo di sostanza. E quale sostanza potrebbe esservi in un miraggio? miraggio Allo stesso modo, qualunque percezione – passata, futura o presente, interna o esterna, grossolana o sottile, infima o eccellente, lontana o vicina – un bhikkhu la osserva, considera ed esamina attentamente, e avendola osservata, considerata ed esaminata attentamente gli appare vuota, inconsistente e priva di sostanza.  E quale sostanza potrebbe esservi in una percezione?

Immaginate qualcuno che avendo bisogno di legname e andando in cerca di legname vada nel bosco con un’ascia affilata per procurarsi il legname. Lì vede il fusto di un grande banano – dritto, rigoglioso, senza infiorescenze. Lo abbatte, taglia il ciuffo e srotola il fusto, ma srotolato il fusto non trova neppure l’alburno, tanto meno il durame. A un uomo di buona vista che lo osservi, consideri ed esamini attentamente apparirebbe vuoto, inconsistente e privo di sostanza. E quale sostanza potrebbe esservi in un fusto di banano?  cross-section-pseudostemAllo stesso modo, qualunque volizione – passata, futura o presente, interna o esterna, grossolana o sottile, infima o eccellente, lontana o vicina – un bhikkhu la osserva, considera ed esamina attentamente, e avendola osservata, considerata ed esaminata attentamente gli appare vuota, inconsistente e priva di sostanza.  E quale sostanza potrebbe esservi nelle volizioni?  

Immaginate un mago, o l’apprendista di un mago, che esegue un incantesimo a un crocicchio, e che un uomo di buona vista lo osservi, consideri ed esamini attentamente. Avendolo osservato, considerato ed esaminato attentamente gli apparirebbe vuoto, inconsistente e privo di sostanza. E quale sostanza potrebbe esservi in un incantesimo? Allo stesso modo, qualunque coscienza – passata, futura o presente, interna o esterna, grossolana o sottile, infima o eccellente, lontana o vicina – un bhikkhu la osserva, considera ed esamina attentamente, e avendola osservata, considerata ed esaminata attentamente gli appare vuota, inconsistente e priva di sostanza.  E quale sostanza potrebbe esservi nella coscienza? 

Alla luce di ciò, il nobile discepolo che conosce gli insegnamenti perde interesse per la forma, le sensazioni, i concetti, le volizioni, la coscienza. Avendo perso interesse è distaccato, e il distacco lo libera. Quando è libero sa: ‘Libero’. Allora capisce: ‘La nascita è estinta, la vita santa è compiuta, quel che andava fatto è stato fatto, non c’è altro per l’esistenza’”. Questo è ciò che disse il Beato.

NOTE ALLA TRADUZIONE

Forma, ecc. Ossia i cinque gruppi di appropriazione (pañcupādānakkhandhā), processi condizionati e impermanenti su cui si basa la costruzione dell’io e del mio e la sofferenza che ne deriva. Per una esposizione del concetto di khandhā (comunemente noti come “aggregati”) nei discorsi antichi, vedi Anālayo Bhikkhu, Satipaṭṭhāna: The Direct Path to Realization cap. X –  PER UN ESTRATTO IN ITALIANO CLICCA QUI    Una descrizione esperienziale dei cinque khandha come ‘tessiture o consistenze dell’essere’, utile per la pratica di consapevolezza è quella di Achaan Sucitto: vedi Anapanasati_2 (Corpo sottile e tessiture dell’essere)

Osserva, considera, esamina attentamente …  “passati nijjhāyati yoniso upaparikkhati” i tre verbi in sequenza sono quasi sinonimi ma suggeriscono un’intensificazione progressiva, l’esercizio di una qualità di investigazione, discernimento o visione penetrante (vipassanā). Nijjhāyati è forse più forte del nostro ‘considera’, e implica una sostenuta riflessione o meditazione (ma voglio evitare giri di frase e conservare un bel ritmo!) . Yoniso è più specifico di ‘attentamente’ o ‘accuratamente’ e rimanda etimologicamente all’andare ‘alla radice’ (ma anche qui scelgo semplicità e immediatezza). Sul significato di yoniso vedi anche gli appunti dal ritiro Attenzione accurata e i relativi discorsi nella sezione AUDIO di questo blog, in particolare il n. 3 “comprendere dukkha”.

Un fusto di banano … Il banano è in realtà una pianta erbacea prodotta da un bulbo-tubero e il suo pseudofusto, che muore dopo la maturazione dei frutti, è formato da vari strati di foglie strettamente arrotolate a spirale e non contiene alcuna sostanza legnosa o nucleo. In altre parole, la guaina delle foglie non si innesta su alcun ‘fusto’, ma le foglie si sostengono a vicenda creando un effetto di compattezza e la tipica sezione ad anelli (visibile in foto) che solo formalmente ricorda quella di un albero. Analogamente, la dinamica delle volizioni (intenzioni, impulsi, desideri, tendenze, schemi mentali, abitudini, processi inconsci o preconsci che generano pensieri ed emozioni … sotto l’egida dell’ignoranza e dell’attaccamento) crea l’impressione di un agente o soggetto da cui promanano, a cui si appoggiano o appartengono, ma a un esame accurato tale dinamica si rivela ‘vuota’ di un io o mio e di alcunché di permanente, consistente e soddisfacente.

L’incantesimo di un mago …  māyā si può anche rendere con ‘gioco di prestigio’, nel senso di un trucco di magia che ci fa vivere ed esperire come credibile, coerente e sostanziale un fluido caledoscopio di fenomeni incostanti e condizionati. Comprendere il carattere illusionistico della coscienza (che emerge dal contatto fra le sei basi sensoriali interne ed esterne ed è plasmata da volizioni e tendenze) mina l’implicito sentimento di realtà oggettiva e valore che tendiamo a impartire alla nostra esperienza del mondo e di un ‘io’ che lo conosce.

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