E’ iniziato il SECONDO CICLO del Laboratorio di studio e pratica del Dhamma che si terrà a Venezia Mestre dal 5 MARZO al 28 MAGGIO – Le 10 pāramī: traversare la corrente del quotidiano INFO
Negli undici incontri esploreremo attivamente le 10 virtù o ‘perfezioni’ che secondo la tradizione hanno donato al futuro Buddha la forza, la fiducia e la chiarezza per intraprendere con successo il cammino del risveglio: Generosità — Dāna, Moralità — Sīla, Rinuncia — Nekkhamma, Discernimento/Saggezza – Paññā, Energia —Viriya, Pazienza — Khanti, Onestà — Sacca, Determinazione — Adhiṭṭhāna, Gentilezza — Mettā, Equanimità — Upekkhā
Pur essendo un insegnamento più tardo, collegato ai racconti edificanti sulle vite precedenti di Gotama (Jātaka) il valore attribuito a queste qualità spirituali nel sostenere il cammino contemplativo e generare effetti positivi per se stessi e per gli altri è già implicito nei Discorsi antichi.
Questa pagina verrà aggiornata con gli APPUNTI relativi al seminario. Riflessioni e materiali supplementari nei COMMENTI. Le registrazioni degli incontri verranno rese via via disponibili alla pagina AUDIO
LETTURE
Achaan Sucitto Kalyana: il sentiero graduale del Buddha, Astrolabio, Roma 2003.
Achaan Sucitto Parami – Ways to Cross Lifes Floods
Utile aver lavorato con i temi e gli spunti di pratica del Laboratorio Mestre primo ciclo
APPUNTI
- SĪLA – Moralità. Sulla funzione dei cinque precetti ; Citazioni dai Sutta (in particolare sul linguaggio – vedi anche: SACCA – Onestà) Commenti
- NEKKHAMMA – Lasciar andare Appunti
- Dasa Pāramī (canto) AUDIO TESTO
- KHANTI – Pazienza Citazioni
- SACCA – Onestà Appunti Vedi anche il documento su Retta parola – Sammavaca
- METTĀ – Benevolenza Appunti
- UPEKKHĀ – Equanimità Appunti
Anch’io, come Alessandra, voglio ringraziare tutti i partecipanti del laboratorio perché è stata la loro presenza a rendere possibile questa bella e fruttuosa esperienza.
Ringrazio poi Letizia per la scelta dell’argomento di questo ciclo che ho trovato particolarmente stimolante, sia in rapporto con la meditazione che con la vita quotidiana. Concludo con un’ultima traduzione del testo di Succitto su upekkha, la parami che dona più pace.
Meditazione
La coltivazione dell’equanimità nella meditazione dipende da due principi: in primo luogo la mente può fare un passo indietro rispetto a ciò che sta vivendo; in secondo luogo, il crescente grado di calma fornisce una fonte di soddisfazione più profonda di quella suscitata dal piacere sensuale. Il primo momento usa il principio di saggezza, il secondo entra alla radice della sensazione con la domanda: “Cosa può farmi sentire soddisfatto?” Questi esercizi di saggezza e di empatia richiedono perseveranza per poterli proseguire, ma il risultato è un approfondimento del senso di equanimità e di pace.
Nella pratica meditativa, siate costantemente consapevoli della sensazione, prestando attenzione ad un oggetto calmante come il respiro. E con saggezza rivedete il processo della sensazione per imparare come non farsene catturare. Quindi iniziamo con il pieno “conoscere” l’oggetto della meditazione – lasciando che il respiro si estenda completamente e sia percepito in tutto il corpo. Poi ci sintonizziamo sul piacere salutare che nasce dall’essere spaziosi e calmi. Quando questa sensazione diventa il tema dominante, si valuterà il piacere che deriva dalla calma come più sostenibile e soddisfacente della più grossolana e vacillante attrazione del piacere dei sensi. Ciò comporta una comprensione del beneficio della quiete e crea una solida base nel salutare piacere interiore che permette di contrastare l’attrazione dei sensi. Allora, mentre contemplate quella calma costante attraverso la facoltà della saggezza, la mente si allontana dalla sensazione. La crescente calma si fonde quindi con il distacco della comprensione consapevole, in un’equanimità che si basa non sull’indifferenza ma su un’unità di scopo, oggetto e attenzione. Rimanendo con ciò, la mente si libera del fascino per le sensazioni e per gli stati mentali in generale.
Grazie Sandra per questa ultima traduzione e grazie a tutte le persone che hanno contribuito partecipando a questo laboratorio, sia in presenza che virtualmente con commenti sul sito.
Grazie di cuore a Letizia e a quello che ci offre attraverso il suo insegnamento
Buona Estate!
Nella sezione AUDIO sono ora disponibili le registrazioni degli ultimi incontri, anche quella di lunedì scorso (grazie Giorgio).
Inoltre, ho aggiornato la pagina con note su UPEKKHA-Equanimità in preparazione all’ultima sessione del Laboratorio. Contiene anche il link a una pubblicazione di Bhikkhu Anālayo tradotta in italiano DALLA BRAMA ALLA LIBERAZIONE, disponibile in pdf nella sezione Link di questo blog. Qui troverete i riferimenti principali per quanto riguarda il significato di upekkhā nei testi del buddhismo antico (cap. 10) .
Dal punto di vista della pratica personale suggerirei, dopo aver letto gli Appunti 1) di soffermarsi su eventuali concetti che appaiono poco chiari o da sviluppare (si possono postare qui eventuali domande o portarle alla prossima sezione) 2) di soffermarsi sui punti che sembrano significativi, e immaginare una situazione concreta – quotidiana o nella pratica meditativa – in cui poi provare ad applicare quella prospettiva 3) osservare e familiarizzarsi con la qualità dell’equanimità dal punto di vista esperienziale, notando gli effetti sul cuore, sul corpo e sul pensiero 4) chiarire concettualmente ed esperienzialmente quali sono gli ostacoli interni all’equanimità (emozioni, reazioni, idee?)
Riflettendo sulla sinergia delle pāramī (perfezioni o virtù)
“In ciascuna perfezione sono sempre presenti, in qualche misura, innanzitutto discernimento e onestà, in secondo luogo risoluzione ed energia. Poi c’è bisogno di pazienza per sostenere la risoluzione presa, di gentilezza per tonificare il cuore, di equanimità nel considerare il grado di progresso o di difficoltà che si incontra. Quindi la coltivazione non riguarda prima questa e poi quella pāramī, ma il modo in cui molte di esse convergono a sostenere quella chiamata a svolgere il ruolo dominante”. (Sucitto, PCLF, p. 47)
Aggiungo: Abbiamo già notato il necessario ‘ingrediente’ di nekkhamma come inclinazione generale ed effettiva capacità di relativizzare o sospendere l’interesse per il piacere immediato o la comodità psicologica. E il ruolo della generosità come base per la fiducia in se stessi e il senso di attività che è necessario presupposto della coltivazione della virtù (dare, spendersi, condividere, piuttosto che passivamente aderire alle richieste di persone e circostanze).
Può essere utile a questo punto del laboratorio considerare attentamente questo aspetto della sinergia nella scelta e attuazione concreta di una risoluzione (adhiṭṭhāna) – che può riguardare la coltivazione di una particolare pāramī (in generale o in una specifica situazione), dei precetti, o altri aspetti della pratica del Dhamma.
Su khanti – la pazienza
Pagg.128-129
In un primo momento può venirti in mente che la pazienza consista nel digrignare i denti “fino a quando non sia tutto finito”. Ma questa non sarebbe la perfetta pazienza, perché in questo caso, la mente desidera ancora la fine dell’esperienza – l’avversione non è stata abbandonata. La perfetta pazienza ha la forza morbida e profonda di avere “tutto il tempo del mondo” per riposare in un’esperienza.……. La pazienza non ha lo scopo di trasformarti in uno zerbino, ma di agire come un estintore sugli impulsi immediati che non ti porteranno alcun benessere. E poiché il nostro condizionamento è spesso quello di fare le cose il più rapidamente possibile, controllare
quell’atteggiamento con saggezza è un mezzo abile.
Riflessione
Quando senti che devi aspettare, o che il tempo sta passando lentamente, senti cosa sta succedendo nel tuo corpo. Fai lo stesso quando sei di fretta e non hai un momento da perdere. Lascia passare cinque secondi sull’orologio, osservando i diversi stati di energia nervosa, e senti come “ti sembra” il tempo. La sensazione del tempo è la misura di ciò che sta accadendo nel sistema nervoso – ecco perché quando il tuo sistema accelera, non c’è mai abbastanza tempo e viene in mente una lista di altre cose da fare. Rifletti: “Il lavoro non sarà mai finito.” Di cosa avresti bisogno per restare equilibrato e attento al presente per dieci o venti secondi?
Meditazione (pagg. 129-130)
La pazienza è essenziale per la meditazione, sia come qualità che modera la propria avidità di ottenere risultati che come rimedio specifico allo squilibrio energetico. Riguardo al primo aspetto: l’atteggiamento corretto da stabilire è quello di iniziare ogni periodo di meditazione come se fosse il primo e continuare a sostenere l’energia e le altre risorse per sopportare il momento presente. I risultati arriveranno partendo da questa base. In un momento successivo rifletti sugli obiettivi; la prima valutazione da fare è se si è in grado di portare nella pratica l’atteggiamento di “un attimo alla volta”.
Lo squilibrio dell’energia si verifica quando ci si sente o troppo poco (‘ipo’) o troppo (‘iper’). Queste impressioni diventeranno la base per il sorgere della pigrizia e del torpore o dell’apatia nel primo caso, dell’irrequietezza e dell’agitazione nel secondo. Tutti questi stati sono sgradevoli, ed è per questo che è necessario avere pazienza per sopportarli.
In tutti questi casi, è bene rafforzare la concentrazione sul corpo, prima sul senso generale della postura e poi sulla respirazione. Verificare che la postura sia eretta e vigile e quindi fare attenzione ai muscoli e alle articolazioni della parte superiore del corpo, sia per ammorbidire che per risvegliare l’attenzione. Quindi bisogna stabilizzare la respirazione e allungare le pause tra l’espirazione e l’inspirazione. Ciò può anche sembrare spiacevole all’inizio, ma fa parte del secondo stadio della pāramī. Bisogna sopportare l’indesiderata sensazione di ottusità o il senso di irrequietezza strisciante e mantenere una respirazione lenta e completa. Continua a lasciar andare qualsiasi argomento presente nella mente – come quante cose ci sono da fare – e senti l’energia irrequieta, senza cercare di cambiarla, e senza avversione. In effetti possono esserci molte cose da fare, ma la pazienza ti aiuterà a farle meglio. A volte siamo stanchi e talvolta iperstimolati. Lavora per incontrare e respirare, attraverso l’energia da diffondere nel corpo, la non identificazione e l’equilibrio. Quando si stabilirà una chiara consapevolezza, quello sarà il momento di fare ciò che vedrai appropriato.
Ho aggiornato la pagina con le citazioni relative alla pazienza/khanti.
Aggiungo qui il riferimento al passo che ho citato nel discorso di stasera. Majjhima Nikaya, 2 – Sabbasava Sutta – trad. Bhikkhu Bodhi
https://suttacentral.net/mn2/en/bodhi
“E quali sono gli influssi che vanno abbandonati sopportando? C’è il caso in cui un monaco, riflettendo saggiamente, sopporta. Sopporta il freddo, il caldo, la fame e la sete; il tocco di mosche, zanzare, vento, sole e creature che strisciano; parole cattive e sgradite, e sensazioni fisiche che, quando sorgono, sono dolorose, laceranti, acute, pungenti, sgradevoli, indesiderate e minacciose per la vita. Gli influssi, le afflizioni e la febbre che sarebbero sorte se non avesse tollerato queste cose, non sorgono in lui quando le tollera. Questi sono gli influssi che vanno abbandonati con la tolleranza/pazienza”. Adhivāsanāpahātabbaāsava
Ho aggiornato la pagina con il testo e l’audio del tradizionale canto in pali “le dieci parami”. Imparare a memoria e recitare la serie è utile per calmare, concentrare, tonificare e ispirare la mente, e per averle ‘sottomano’ durante la giornata … ed è facile e divertente! Nei momenti di torpore, pigrizia o confusione (o bassa energia in generale) è un modo gentile per suscitare il retto sforzo.
Tenete presente il ritmo: le vocali lunghe valgono il doppio delle brevi. Le vocali lunghe sono: e, o, la vocale davanti a una doppia consonante, la vocale con un trattino.
Due parole consecutive che, rispettivamente, terminano e iniziano con una vocale breve tendono a fondersi – p. es: dāna upapāramī si pronuncia dānupapāramī (gli accenti cadono su: prima e terza ‘a’, ‘i finale)
Buon divertimento, e buona pasqua!
Grazie Letizia per il canto sulle dieci parami, e anche per la deliziosa vignetta che hai postato sulla pagina del ritiro del 27 aprile 🙂
Buona pasqua anche a te!
Sul tema dell’ENERGIA propongo sotto la traduzione dal libro di Ajahn Sucitto sulle parami:
pp 109-110
Riflessione
Considera che l’energia è il carburante per ogni tipo di sforzo; anche il pensare consuma energia. L’energia è anche una risorsa che diminuisce progressivamente con l’età. Allora domandati frequentemente: quest’azione, questa parola o questo modo di pensare contribuiscono a creare energia? La sera prima di addormentarti pensa che il tempo di morire si sta avvicinando e potrebbe arrivare ad ogni istante; alla luce di ciò, osserva a cosa dedichi la tua energia. Questo obiettivo rende il tuo cuore lieto e calmo? Se è così, rifletti su ciò per qualche momento. Altrimenti prendi nota di come sta il tuo cuore e il giorno seguente osserva ancora dove e come stai procedendo nella tua vita.
Prenditi qualche minuto per osservare le tue aspirazioni. Le aspirazioni non sono piani o strategie, esse affermano o richiamano valori legati a ciò che vogliamo perseguire. Ad esempio: “Che ci possa essere pace nella mia comunità”; “Che i miei amici o parenti possano trovare una soluzione per le loro difficoltà”; “Che tutti gli esseri possano essere liberi dall’oppressione e dalla povertà”. L’effetto immediato è spostare la preoccupazione dal dettaglio della nostra vita quotidiana individuale a una prospettiva più ampia. Ciò allieta il cuore ed è un modo per rinvigorire la nostra energia.
Considera anche cosa vorresti lasciar andare e come vorresti prenderti una pausa, e usa la rinuncia e la moderazione per poter recuperare.
Azione
Intraprendi qualcosa di utile che richieda la tua energia, qualcosa per cui devi sforzarti e forse mettere da parte altre attività. Fare sacrifici personali è qualcosa che affina e rafforza la mente.
Usa l’energia al fine di sostenere le altre pāramī — come la gentilezza o la generosità. Invece di aggiungere più cose da fare o da completare, migliora la qualità del tuo impegno nell’agire. In questo modo, l’energia usata sapientemente nutre e rigenera il cuore.
Meditazione
Pratica mantenendo una postura eretta nella meditazione (può essere utile fare degli esercizi per rafforzare la zona lombare, allungare i tendini dietro le ginocchia e i tessuti attorno alle anche).
Ad ogni espirazione concentra la tua attenzione sul respiro e impegnati a seguirlo finché è completato. Rilassati nella pausa e durante l’inspirazione e lascia che l’energia del respiro ti riempia. Alla seguente espirazione dirigi e mantieni la mente sulle sensazioni del respiro, ovunque le percepisci.
Se ti viene sonnolenza, tieni gli occhi aperti e concentrati nel mantenere la postura eretta. Inoltre, se emerge noia, ravviva l’energia o investigando la natura delle sensazioni del corpo associate al calo di energia, o esplorando lo stato della mente. A chi appartiene?
Se la tua energia appare troppo forte per essere agevolmente contenuta nell’immobilità, prova ad allargare l’oggetto della tua concentrazione e sposta l’attenzione lungo il corpo fino alla pianta dei piedi e oltre (stare in piedi può essere di aiuto). In alternativa, medita sui movimenti del corpo mentre cammini avanti e indietro lungo un percorso che hai scelto.
Quando senti che la tua energia è stabile, diffondila in tutto il tuo corpo. Se ciò è accompagnato dalla gentilezza, il risultato sarà molto tonificante.
Questo è un discorso di Achaan Sucitto che collega abilmente le prime 3 parami – generosità, etica e rinuncia/semplificazione – con particolare riferimento alle problematiche sociali e ambientali del mondo contemporaneo. Ho pensato che potrebbe interessare a qualcuno di voi.
All’inizio fa riferimento ad Achaan Buddhadasa noto per il suo interesse sociale e umanitario in chiave dharmica https://it.wikipedia.org/wiki/Buddhadasa
Osservare il meccanismo dell’attaccamento in questo periodo mi ha fatto venire in mente, spinta dai suggerimenti di Letizia, due brani letterari legati, appunto, il primo a questo tema e il secondo alla ricerca del piacere.
Si tratta, prima di tutto, della novella La roba di Giovanni Verga, del 1880, in cui il protagonista, che ha passato l’intera vita ad accumulare denaro e terreni, “roba” appunto, quando sta per morire si rende conto che non potrà portare con sé la sua “roba” e, in un certo senso, impazzisce. Chissà, forse si rende conto di aver perso la sua vita dietro a un fantasma.
“[…] Di una cosa sola gli doleva, che cominciasse a farsi vecchio, e la terra doveva lasciarla là dov’era. Questa è una ingiustizia di Dio, che dopo di essersi logorata la vita ad acquistare della roba, quando arrivate ad averla, che ne vorreste ancora, dovete lasciarla! E stava delle ore seduto sul corbello, col mento nelle mani, a guardare le sue vigne che gli verdeggiavano sotto gli occhi, e i campi che ondeggiavano di spighe come un mare, e gli oliveti che velavano la montagna come una nebbia, e se un ragazzo seminudo gli passava dinanzi, curvo sotto il peso come un asino stanco, gli lanciava il suo bastone fra le gambe, per invidia, e borbottava: — Guardate chi ha i giorni lunghi! costui che non ha niente!
Sicché quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all’anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: — Roba mia, vientene con me!”
Il secondo ricordo letterario è rappresentato da un brano di Leopardi tratto dallo Zibaldone, dove il poeta espone la sua “teoria del piacere”:
“[…] L’anima umana (e così tutti gli esseri viventi) desidera sempre essenzialmente, e mira unicamente, benché sotto mille aspetti, al piacere, ossia alla felicità, che considerandola bene, è tutt’uno col piacere. Questo desiderio e questa tendenza non ha limiti, perché è ingenita o congenita coll’esistenza, e perciò non può aver fine in questo o quel piacere che non può essere infinito, ma solamente termina colla vita. […] Veniamo alle conseguenze. Se tu desideri un cavallo, ti pare di desiderarlo come cavallo e come un tal piacere, ma in fati lo desideri come piacere astratto e illimitato. Quando giungi a possedere il cavallo, trovi un piacere necessariamente circoscritto e senti un vuoto nell’anima, perché quel desiderio che tu avevi effettivamente non resta pago, perché la natura delle cose porta ancora che niente sia eterno.”
Proseguo il lavoro di traduzione:
NEKKHAMMA (pag 42)
……Questa pratica è una questione di saggio discernimento piuttosto che di ascetismo o di puritanesimo. Per dirla in parole semplici, la rinuncia significa discernere ciò di cui si ha effettivamente bisogno in un dato momento, all’interno della gamma di ciò che si desidera e che ci attrae, e seguire quello. Si può chiamare semplificazione. È una pratica importante da coltivare perché la mente può concepire molte cose desiderabili, e tutto ciò che concepisce e pensa lo trasforma in una massa di agitazione. In questo modo possiamo perdere l’equilibrio, cadere in mare e tuffarci nel flusso della sensualità.
Citazioni e suggerimenti sulla Rinuncia (pag.68)
Lascia andare la ricerca del piacere. Osserva quanto dia pace mettere da parte
ciò che è mondano: non c’è nulla a cui devi aggrapparti e nulla che devi respingere. (Snp. 1098)
Non si affliggono per il passato,
né desiderano il futuro;
Vivono solo nel presente:
ecco perché il loro volto è sereno.
È per il desiderio del futuro,
é per il lutto per il passato;
Questo è il motivo per cui gli sciocchi avvizziscono:
Come una canna nuova che è stata fatta a pezzi. (S. 1.10)
La rinuncia porta chiarezza riguardo ai bisogni e ai desideri. Il suo effetto è di dare forza, in quanto ci offre la possibilità di liberarci dalla compulsione a consumare e dai condizionamenti del nostro stato sociale. È anche un tonico per il cuore e un requisito della meditazione, perché riporta la nostra attenzione ad un qui ed ora che è pieno di agio, in quanto non dipende dal possedere dei beni o dall’essere una persona speciale. Questo presente sorge senza che noi lo costruiamo così. Lasciare che le idee e gli stati d’animo sorgano e cessino nel presente, in uno spirito di accoglienza gentile, conduce alla visione profonda e ad un pacifico dimorare.
Meditazione (pag.70)
Rimanete in piedi con le gambe dritte. Ammorbidite le ginocchia in modo che le gambe non siano bloccate e il peso del corpo sia distribuito uniformemente sulla pianta dei piedi. Lasciate che le braccia cadano leggermente ai lati del corpo e rilassate spalle e viso. Rimanete in piedi per circa cinque minuti, riconoscendo, ma rilassando, l’impulso di fare qualcosa, sapere qualcosa o provare qualcosa di speciale. Accettate di essere esattamente come siete ora.
Se avete più tempo, potete fare la stessa cosa da seduti. Un modo per coltivare la concentrazione e l’assorbimento meditativo è proprio quello di continuare a vedere che non c’è bisogno di fare quello che la mente sta facendo – preoccuparsi, pianificare, desiderare di ottenere risultati – e dunque smettere di farlo. Contemporaneamente, nella misura in cui diventate abili in ciò che state facendo – siete seduti eretti, contemplate l’inspirazione e l’espirazione- “fatelo” integralmente (diventa più che altro un ritornare ed assestarsi) e godetelo.
Ho aggiornato la pagina con appunti su Nekkhamma parami – lasciar andare
Provate la riflessione/meditazione proposta. Riprenderemo il discorso alla prossima sessione …
Spunti di pratica su Generosità e Moralità: vedi ultimo commento di Sebastiano
Su suggerimento di Letizia, vi propongo la traduzione di alcuni passi tratti dal libro di Ajahn Sucitto sulle parami, riguardanti la generosità e la moralità.
Generosità (pp. 47-49)
Riflessione
Come ci si sente a dare? […] Come ci si sente a ricevere? […] Considerate un esempio in cui oggi avete ricevuto qualcosa: potrebbero essere delle parole di aiuto che qualcuno non era tenuto a dire.
Meditazione
Stabilite cinque minuti durante i quali a prima vista non fate niente. Trattate tutto ciò come un dono, un’offerta di tempo libero durante la quale non dovrete acquisire né sistemare nulla. […] Ogni volta che avete un pensiero nervoso o l’impulso di fare qualcosa proprio adesso, o di ricordare qualcosa, richiamate alla mente la vostra determinazione dei “cinque minuti” e pensate: “sì, potrebbe essere una buona idea occuparsene tra qualche minuto”. Sentite nel corpo l’impulso che dice “fallo adesso!” e rilassate il punto in cui lo sentite. Considerate tutto questo come un dono per voi stessi.
Moralità (pp. 51-53)
Riflessione
Notate come ci si sente a fare esperienza di un impulso violento – nei confronti delle persone rumorose, degli altri guidatori nel traffico, delle persone che temete. Che cosa vi passa per la mente? Che cosa si prova a lasciar passare l’impulso? Riflettete allo stesso modo sugli altri precetti.
Meditazione
Notate il sorgere di eventuali pensieri negativi nei confronti degli altri. Notate come ci si sente, come tutto ciò influenza il vostro cuore e il vostro corpo. […] Indagate le cause della malevolenza; se vi sentite feriti o trascurati, prendetevi del tempo per sentire ciò che state provando e per riferirlo alle sensazioni e agli stati d’animo dell’inspirare e dell’espirare pienamente e in maniera rilassata. Fate altrettanto con la brama e l’ambizione. Quando siete più tranquilli, considerate come la malevolenza avvelena la mente e in quale misura i guadagni materiali e l’ambizione possono darvi la felicità.
Grazie Sebastiano! Mi sembrano entrambi spunti pragmatici e chiari.
Cara Letizia e cari tutti, durante la settimana ho cercato di prestare attenzione al mio atteggiamento interiore di fronte alla possibilità di essere generosa e mi sono colta in alcune occasioni a fare resistenza mentre in altre ad esserlo spontaneamente senza alcuna difficoltà. Ho osservato che non ho alcuna difficoltà nel donare ciò di cui mi sento sicura, che so di essere in grado di produrre autonomamente, anche se ne dovessi rimanere totalmente priva (idee, ad esempio). Appena mi accorgo, invece, di trovarmi nella possibilità di donare qualcosa che, in profondità, non sono sicura di poter produrre autonomamente (cibo, ad esempio), sento una resistenza. C’entra quindi la paura di rimanere sola e senza aiuto, che è un forte deterrente. Sicuramente, poi, il legame affettivo con la persona determina una maggiore disponibilità a donare. L’amore per l’altro è molto importante. In quel caso, allora, sento che la resistenza a donare si riduce, così come la paura di rimanere privata di qualcosa. E provo gioia intensa.
Grazie, Letizia per questo laboratorio. Per me, la sfera etica è importantissima, e riflettere sulle virtù mi procura gioia profonda.
A presto
roberta
mi pare che la meditazione sulla generosità proposta da Ajahn Sucitto (vedi post di Sebastiano) potrebbe essere utile. Come dicevamo già lunedì scorso, sentire l’effetto della generosità verso di se aiuta a sciogliere le resistenze e le ataviche paure di ‘restare senza’ ….