Come pausa estiva concedo a questo blog un piccolo detour dal Canone pali (e simili) per condividere una cosa che avevo scritto dieci anni fa, all’indomani dell’entrata in vigore della legge 94 del 2 luglio 2009 che introduce in Italia il reato di immigrazione clandestina  Non scrivo poesie, e nel caso non le conservo (e se le conservo non le leggo a nessuno); ma questa piccola ballata (con melodia da abbinare a piacere, canticchiando stonati) l’ho ritrovata “per caso” fra vecchi file all’indomani dell’approvazione del Decreto sicurezza bis  quindi si vede che voleva essere ascoltata.

Per me, parla l’io/tu plurimo (non corale) variabile e decentrato che incontro quando medito, o quando sto per la strada o siedo sui treni o nei locali in vigile   consapevolezza in mezzo ai miei simili; a volte, nella mente restano fotogrammi, occhiate scambiate, sensazioni, fantasie, stralci di conversazione; a volte, mentre il tutto scivola verso il silenzio, un pezzetto si appiccica sulla carta (o viene intonato ad alta voce, o col gesto). Voi traetene quel che vi pare (o non vi pare). E scrivetene altre, magari da lasciare davanti al parlamento, al comune, in ufficio, a scuola, o dove volete (sì, le istituzioni con la minuscola, perché è così che le vivo oggi, e vivo il mio paese, l’italia. Spero di tornare alla corretta ortografia quanto prima, o meglio ancora, che ne inventeremo una nuova per ora impensata).

Tu portavi una corona

di rosario intorno al collo

io una catena di pensieri interrotta

e una fame che non puoi comperare

Tu parli una lingua di troppo

la mia è troppo asciutta

ci vorrebbe del vino

la mia è troppo amara

com’è amaro il destino

Da dove vieni?

E dove vai?

Da dove vieni?

E dove vai?

Ti lascio il mio vestito bianco

anche il PC –  quello nero e cromato

(quello rosso e un po’ imbalsamato

l’hanno da tempo rottamato)

Ti lascio i miei Monet

col fieno dorato che fruscia al vento

in dieci in un appartamento

un palmo di terra su cui riposare

Sali sul mio cammello

che ondeggia come il mare

voglio portarti lontano

dove non ci possano trovare

cantami una canzone

non farmi addormentare

ti lascio all’angolo del tuo primo sogno

prima di ripartire

Tu avevi un velo nero

il volto piccolo un po’ affannato

io gli occhi grandi e un giornale spiegazzato

dalle cazzate di un giornalista venduto

Io ho un coltello affilato

tu i denti bianchi che fanno paura

io ho un violino intonato

tu hai ancora voglia di avventura

Da dove vieni?

E dove vai?

Da dove vieni?

E dove vai?

E  i morti invocano

un paese sicuro

senza pudore e senza cordoglio

c’è puzza d’imbroglio

c’è aria di botte:

vuoi essere uno di loro?

Sali sul mio cammello

che ondeggia come il mare

voglio portarti lontano

dove non ci possano trovare

cantami una canzone

non farmi addormentare

ti lascio all’angolo del tuo primo sogno

prima di ripartire.

Tu portavi una corona

di rosario intorno al collo

io una catena di pensieri interrotta

e una fame che non puoi comperare

sì, una fame che non puoi comperare.

MIGRANTI (canzone italiana) luglio 2009