Il Laboratorio di studio e pratica del Dhamma gennaio-maggio 2021 è concluso.
Qui trovate i materiali su cui abbiamo lavorato nel primo e secondo ciclo: insieme alle meditazioni guidate e alle letture suggerite per la preparazione restano a disposizione come un possibile percorso integrato e graduale per chi vuole esplorare o continuare a esplorare questa pratica nel contesto degli insegnamenti del buddhismo antico su come coltivare la mente-cuore verso il risveglio.
Riferimenti testuali: Ānāpānasati Sutta MN 118 ; Saṃyutta Nikāya 54 ; Kāyagatāsati Sutta MN 119
Preparazione al primo ciclo: E’ opportuno familiarizzarsi con il testo di base (MN 118) e applicare nella seduta quotidiana per un certo periodo di tempo le istruzioni dal ritiro Anapanasati Tossignano agosto 2020 (in particolare quelle relative alla postura, ai passi preliminari e alle prime due ‘quartine’ di ānāpānasati (AUDIO 2, 5, 6, 8, 12).
Primo ciclo: “il respiro è il luogo dell’unione”
Felice sobrietà (Tossignano 2019)
Testi e appunti
Kāyagatāsati Sutta MN 119 trad. Sujato (Nota: per la prima quartina di AS fate riferimento alla traduzione italiana di MN 118 scaricabile da questa pagina. La trad. di Sujato reca respiro ‘pesante’ e ‘leggero’ , invece di ‘lungo’ e ‘breve’ , ma è una sua interpretazione che non trova, che io sappia, conferma in altre traduzioni del testo pali e del suo parallelo cinese (MA 81). Cfr trad. di Bhikkhu Nanamoli e Bhikkhu Bodhi in The Middle Length Discourses of the Buddha, Wisdom.
Cfr sezione sulle contemplazioni relative al corpo in SATIPAṬṬHĀNA SUTTA Majjhima Nikāya 10
Trad. it. similitudini su Mara e la presenza mentale del corpo contenute in MN119
MA81 Approfondimenti sul testo “Discorso sulla consapevolezza del corpo”
Parabola della quaglia e il falco SN 47 (L’habitat del meditante sono i 4 satipatthana)
Similitudine dell’uomo che corre MN 20 (Calmare l’attività della mente)
Similitudine del cuoco SN 47.8 (Registrare la risposta della mente rende fruttuosa la meditazione) VEDI trad. it nell’area dei Commenti
Sul setacciatore e l’orafo Aṅguttara Nikāya 3.101
Gli impedimenti sono sofferenza (Tossignano 2018)
I cinque impedimenti (Tossignano 2019)
Meditazione equilibrata (Nimitta Sutta AN 3:103 L’orafo, Aggi Sutta SN 46:53)
La facoltà del samadhi (Lab online 2020)
per il testo citato (Similitudine della Cittadella) https://suttacentral.net/an7.67/en/sujato
Sui 4 jhana https://letiziabaglioni.com/2017/04/27/i-quattro-jhana/
Secondo ciclo: “il respiro è il luogo dell’abbandono”
Preparazione: Il focus è l’esplorazione della quarta quartina di istruzioni sulla consapevolezza inspirando ed espirando. Il riferimento principale è il testo di base MN 118 in particolare la sezione dedicata alla quarta quartina e ai 7 fattori del risveglio. Le meditazioni proposte nel secondo ciclo presuppongono che i partecipanti abbiano lavorato e continuino a lavorare nella seduta quotidiana con le istruzioni preliminari e le prime tre quartine (vedi meditazioni guidate Anapanasati Tossignano agosto 2020 AUDIO 2, 5, 6, 8, 12, 14) altri suggerimenti per la meditazione https://letiziabaglioni.com/2021/01/08/lab-online-anapanasati/#comment-2459
Appunti e materiali:
I fattori del risveglio: introduzione
i 7 fattori del risveglio vivekanissita
Tossignano AUDIO n. 15 meditazione guidata I sette fattori del risveglio
La sezione sui fattori del risveglio del SATIPAṬṬHĀNA SUTTA Majjhima Nikāya 10 : contemplazione dei dhamma (cfr. la sezione sulla contemplazione dei cinque impedimenti: vale lo stesso principio cioè esplorare direttamente la condizionalità attraverso i gesti dell’alimentare (i fattori salutari) e l’affamare (i fattori non salutari).
La presunzione/finzione ‘sono’ mana
Il desiderio/aspirazione chanda
La citazione da Saṃyutta Nikāya 22.102 Aniccasaññā-sutta la trovi QUI
APPUNTI E MEDITAZIONE : CONTEMPLANDO L’IMPERMANENZA NEI CINQUE KHANDHA
Su sakkāya diṭṭhi e la retta visione liberante riguardo ai cinque khandha ascolta la 7. puntata del webinar
Sotto agli APPUNTI con istruzioni per la MEDITAZIONE ho ripubblicato su questa pagina un video di Letture dai Sutta che introduce alla meditazione sui cinque khandha e ne mette in luce il potere liberante.
E’ utile dedicare del tempo nella seduta o camminata formale all’esplorazione dei cinque khandha e delle 4 forme di sakkaya ditthi in modo analitico finché non risulta chiaro.
Dopo diventa più facile e intuitivo integrare questa comprensione nella consapevolezza inspirando ed espirando, in modo silenzioso e non analitico; e scoprire in che modo tramite la presenza mentale e l’investigazione è possibie NON aderire a nessuna forma di sakkaya ditthi o erronea visione circa l’identità.
Questo insegnamento coltiva chiarezza, intelligenza e agilità mentale, nonché la capacità di usare i concetti offerti dal Buddha con rigore e precisione applicandoli nell’esperienza concreta.
Così facendo, i 16 passi di anapanasati, nel tempo, arrivano a condensare tutte le qualità salutari che il nobile sentiero coltiva.
un caro saluto a tutte/i
Un caro saluto a Letizia e a tutti e ancora grazie per il laboratorio e per questo spazio che è ancora aperto.
Stamane nella pratica seduta è passata un’ambulanza. Il suono è forma, è apparso nella coscienza, dove poi è cessato.
La sensazione ha avuto una tonalità “sgradevole”, questa risonanza è apparsa nella coscienza, è impermanente.
La percezione è il riconoscere, dare un significato “è un’ambulanza”, strettamente collegata alle attivazioni della mente (cos’è successo? speriamo tutto bene…), il tutto impermanente, è sorto e cessato nella coscienza.
La coscienza (il chiaro conoscere, potremmo dire che è il secondo fattore del rsiveglio?) è lo sfondo su cui tutto appare ma non è “entità” in sé, è legata o dipendente dagli oggetti di conoscenza, per questo è anch’essa impermanente?
Allo stesso modo “noi”, costituiti dal costante cambiamento dei 5 chanda, non siamo l’entità conoscente, “padroni” della coscienza, ma un flusso di cause e condizioni, come il suono dell’ambulanza…
questa intuizione è molto liberante, non è la prima volta che la meditazione mi porta alla leggerezza di questo stato, ma vorrei conferma di aver inteso bene… grazie.
Sì, leggerezza e libertà sono associate al vedere chiaramente la dinamica dei 5 khandha nell’esperienza presente.
Solo un chiarimento sulla coscienza: di per sé è un fenomeno condizionato o plasmato dai sankhara, dalle attivazioni o inclinazioni mentali. Quindi il conoscere può essere ‘chiaro’ o ‘ confuso’, ‘benevolo’ o dotato di avversione ecc.
La presenza mentale, l’investigazione, l’energia e gli altri fattori del risveglio sono sankhara, programmi o schemi salutari che trasformano la coscienza nel momento in cui sono attivati.
E’ importante capire questa distinzione. Di norma conosciamo sotto l’egida di ignoranza, brama, costruzioni identitarie e opinioni (gli asava). La coscienza non è pura, mostra un mondo e un sé relativi ai condizionamenti operanti al momento (gli studi cognitivi e psicosociali sulla percezione ce lo confermano)
Ma possiamo imparare a lasciar andare la brama e ridurre l’ignoranza, per cui non si vede più attraverso la posizione soggettiva dell’io e del mio. Anche per brevi momenti cambia la prospettiva.
Quando attiviamo la presenza mentale e l’investigazione (come descrivi nel tuo commento) la realtà appare diversa e la ‘sentiamo’ diversa, perciò anche le reazioni cambiano.
Spero che chiarisca un po’. La natura condizionata della coscienza è un punto che differenzia gli insegnamenti del buddhismo antico da altri approcci filosofici indiani, che presuppongono una coscienza pura, eterna e beata. Con il nibbana anche la coscienza cessa, non nel senso che si distrugge qualcosa, ma che il ‘fuoco’ si estingue e c’è pace.
Volevo solo condividere la gioia di aver potuto partecipare ai 2 Laboratori di Anapanasati.
Ringraziare il Sangha per i preziosi interventi e Letizia per i preziosissimi Audio di Tossignano 2020 . Buona serata a tutti
Carmen
Ho aggiornato la pagina con APPUNTI sui cinque khandha e contemplare l’impermanenza. Sono solo note per mettere a fuoco e ripassare le categorie che useremo nella meditazione sulla quarta quartina di anapanasati.
O potete usarle come spunti per meditazioni future.
A domenica!
PS Nel primo pdf ci sono errori di ortografia. L’ho corretto e ri-pubblicato
Grazie Letizia, e grazie ad Elena per la sua disponibilità.
Ho notato che nell’ultimo incontro le domande e le osservazioni si centravano spesso sul tema della gioia, potrebbe essere questo l’argomento dell’incontro di domenica prossIma? Si potrebbe prendere come base di riflessione il Sutta del cuoco. Ma se ci sono altre proposte, ben vengano.
Ciao a tutte/tutti, accolgo con gratitudine la proposta di Sandra di condividere. nell’incontro del 9, la nostra esperienza del Fattore “Gioia” nella pratica di Anapanasati e, perchè no, nella vita. Non ho altre proposte rispetto al Sutta del Cuoco che mi pare offra una metafora ricca di suggestioni
Ho aggiornato la pagina con appunti/promemoria su un paio di termini importanti cui si è accennato stasera. Più un link alla citazione sulla percezione dell’impermanenza. Il tutto integratelo nella vostra esperienza/comprensione di AS …
DOMENICA 9 MAGGIO: la sessione è confermata (stessa ora stesso link). Potete anche decidere di abbreviare l’incontro, se volete, a due ore. Suggerisco comunque una sessione iniziale (45 min) e finale (quanto volete) di meditazione silenziosa inframezzata da condivisione/letture dai sutta/discussione.
Consultate anche il materiale del primo ciclo del Lab online
Per suggerimenti, proposte, richieste e quant’altro: USATE L’AREA DEI COMMENTI per comunicare con il gruppo.
Salve, vorrei chiedere, come suggerito durante l’incontro, spiegazioni circa l’utilizzo del termine “impostazioni” relativo ai 4 satipaṭṭhānā utilizzato all’interno della traduzione del Ānāpānasati Sutta MN 118.
Grazie molte
Beatrice
Citazione da Analayo, Il cammino diretto, pag. 31-32
“satipaṭṭhāna” significa che sati “resta pronta”, nel senso di essere presente, che sati“assiste”, nel senso che si occupa della situazione presente. Satipaṭṭhāna si può quindi tradurre con “presenza della consapevolezza” o “seguire con presenza mentale”. I commentari, tuttavia, fanno derivare satipaṭṭhāna dalla parola “fondamento” o “causa” (paṭṭhāna), etimologia improbabile …”
Quindi l’espressione “4 fondamenti”, che è il modo più usuale di rendere l’espressione in italiano, è di derivazione commentariale e un pochino fuorviante perché sposta l’accento su ciò di cui la presenza mentale si occupa.
In realtà, le contemplazioni standard proposte dai sutta per sviluppare la presenza mentale sono semplicemente ” i 4 modi per stabilire sati” , cioè per farla sorgere e renderla presente.
Con questa accezione, alcuni rendono l’espressione in inglese con “four establishments of mindfulness”. Il mio “impostazioni” (nel senso di quattro modi di impostare sati) era un tentativo (forse mal riuscito) di renderlo in italiano.
A ogni modo, basta capire il senso; poi rendetelo come volete! Analayo per esempio lascia l’espressione in pali.
Buongiorno a tutti. Se desideriamo incontrarci per il Laboratorio di Anapanasati anche il 9 maggio, mi offro per gestire la sala Zoom. A presto. Elena
Salve a tuttI/e Ho aggiornato la pagina aggiungendo una sezione sul Lab online secondo ciclo (scorrete la pagina fino in fondo, i nuovi contenuti li troverete lì via via che li pubblico)
Se volete ricevere una notifica email quando aggiorno la pagina, o quando qualcuno posta un commento, inserite un commento (anche solo la parola PROVA) e prima di pubblicarlo barrate la casella “notificami nuovi commenti”.
Oppure tornate di quando in quando su questa pagina …
Grazie Letizia la pratica di Anapanasati agisce in profondità
Questo seminario mi è stato molto utile, fra le molte cose, a rendere più “concreta” la meditazione, che forse era a volte scollegata dall’esperire veramente ciò che si manifesta.
In particolare credo di avere compreso un concetto che prima non mi era chiaro nella sua applicazione e cioè cosa significa “avere un tema”.
Credo, ma chiedo se è corretto, di avere capito che si intende “quello che fai”, cioè l’intenzione di rivolgere l’attenzione su un determinato ambito e, seguendo istruzioni precise e direzionate, cercare di lavorarci. Con modestia e ardore.
In questo senso l’insieme di precisione, semplicità e profondità della pratica di Anapanasati traccia una linea che rinforza la fiducia ed è una base che aiuta a lasciare andare la presunzione.
Grazie ancora veramente per questa opportunità di approfondimento
Beatrice
“In questo senso l’insieme di precisione, semplicità e profondità della pratica di Anapanasati traccia una linea che rinforza la fiducia ed è una base che aiuta a lasciare andare la presunzione”.
Mi sembra un bel modo di dirlo, Beatrice.
Per me è stato è stato molto bello mantenere la continuità della pratica, tutti i giorni mi sono applicata alla seduta di meditazione, osservando la succesione degli eventi, perdendomi negli impedimenti, ritrovando l’inspirare e l’espirare e il contatto del cuscino focalizzando l’attenzione sul metodo, non dando troppa importanza a tutte le volte che ho perso la consapevolezza e neanche a tutte le volte che l’ho mantenuta più a lungo. A presto.
Grazie a tutti/e per la vostra partecipazione e il vostro impegno. Ho aggiornato la pagina con un audio (La facoltà del samadhi) e il link alla descrizione standard dei 4 jhana.
Non resta che augurarci buona pratica di anapanasati! Da qui all’inizio del secondo ciclo suggerisco di proseguire l’esplorazione sistematica delle prime 3 quartine di anapanasati, magari con l’ausilio delle meditazioni guidate da Tossignano 2020.
In particolare gli audio n. 12 e n.14, che includono una revisione della consapevolezza della mente, e dei cinque impedimenti.
Se occorre, o le istruzioni di anapanasati a quel punto diventano poco comprensibili o fattibili, sarà utile dedicare la seduta per un periodo (minimo una settimana, dieci giorni) alle contemplazioni satipatthana relative alla mente e ai cinque impedimenti.
Le istruzioni di base le trovate sulle meditazioni guidate del ven. Anālayo: Satipaṭṭhāna meditation: a practice guide AUDIO n. 5 e n. 6
http://agamaresearch.dila.edu.tw/bhikkhu-analayo-meditation-instructions
il volume della edizione in italiano è molto basso: se avete bisogno, una volta scaricati i due file che vi servono potete aumentare il volume con un programmino online
https://mp3cut.net/it/change-volume
Una mia meditazione guidata sui cinque impedimenti la trovate su questa pagina
https://letiziabaglioni.com/2020/05/07/viveka-il-ritiro-il-quotidiano/
Quando vi sarà familiare questo tipo di lavoro, potrete integrare questa consapevolezza nella pratica di anapanasati con più facilità.
Per la contemplazione della mente: non ho una meditazione guidata mia da suggerire, ma trovate le istruzioni satipatthana di base qui https://letiziabaglionidotcom.files.wordpress.com/2019/03/cittanupassana-satipae1b9ace1b9achc480na-sutta.pdf
https://letiziabaglioni.com/2019/03/06/ritiro-di-aprile-a-tossignano-bologna-3/
gli audio da questo ritiro sono un commento dettagliato alla contemplazione del citta
Se ho dimenticato qualcosa, o avete altre domande, postate un commento!
In prossimità del secondo ciclo del Lab online riceverete un reminder con le date e il tipo di preparazione consigliata.
Auguri e a presto!
AGGIUNTA: dato che nell’audio La facoltà del samadhi menziono gli 8 dhamma mondani (condizioni mondane) ecco un sutta che illustra l’argomento
https://suttacentral.net/an8.6/it/alfano (traduzione italiana)
notate però che ciò che viene tradotto con “doloroso” in realtà andrebbe meglio reso con “insoddisfacente”, non appagante, inaffidabile (dukkha). Altrimenti non si capisce perché il guadagno, ad esempio, dovrebbe essere “doloroso” (può essere piacevole, ma non dura e non sazia, inoltre se è afferrato come base per l’identità personale genera tensione e stress e dolore quando finisce o cambia)
Grazie
Buongiorno a tutti/e, questa settimana ho potuto sperimentare in modo molto intenso, sia durante la meditazione sul cuscino sia durante la giornata e le attività quotidiane (in quest’ultimo caso le condizioni sono, naturalmente, diverse), l’importanza di riconoscere la sofferenza.
A questo proposito il vocale postato da Letizia “Gli impedimenti sono sofferenza” mi è stato di grandissimo aiuto (credo di averlo ascoltato sei o sette volte) per modificare il mio sguardo, la prospettiva, che era solita focalizzarsi sul cogliere l’impedimento e categorizzarlo, senza prima essere passata per la presa di coscienza che “c’è sofferenza”, che ogni impedimento sorge da una sofferenza.
Ecco, questa diversa prospettiva ha, come dire, rilassato lo sguardo stesso, ha permesso una certa compassione, come l’uomo che corre e che si rende conto che può anche non farlo! Che può rallentare e magari anche sedersi a riposare! Che si può fare e che … c’è il tempo per farlo.
Questo processo dura pochissimo, anzi sembra quasi simultaneo tra l’accorgersi della sofferenza, una certa compassione, il rallentamento e l’emergere di un sorriso contemporaneamente a un sentimento gioioso e a “un certo tipo” di respiro. A quel punto il tempo si ferma, cioè non c’è più, non ha più importanza. E si può stare.
In questa dinamica ho interpretato “quel” sorriso e “quel” respiro come Nimitta, perché è sempre lo stesso che riconosco e il riconoscimento medesimo mi procura gioia, si autoalimentano, cioè (può essere così?).
Mi piacerebbe poter approfondire la qualità di Nimitta e il suo significato, il suo ruolo in Anapanasati.
Sempre grata a Letizia, alla sua guida sapiente, e a tutti/e
Roberta
“— “un certo tipo” di respiro. A quel punto il tempo si ferma, cioè non c’è più, non ha più importanza. E si può stare. In questa dinamica ho interpretato “quel” sorriso e “quel” respiro come Nimitta, perché è sempre lo stesso che riconosco e il riconoscimento medesimo mi procura gioia, si autoalimentano, cioè (può essere così?).”
Sì, è un buon esempio. Nota che emerge (come “da manuale”) nel crogiolo dell’orafo come un bagliore d’oro dal processo di “spurgazione” del materiale (associato a un elevato grado di intensità/calore e un grado variabile di turbolenza o lavorio, cui segue l’autentica ‘tranquillità’).
A questo punto entra in gioco l’ardore (ma ha un tocco delicato) nel restare con questa unica percezione/respiro più a lungo possibile senza afferrarla e senza tornare su aspetti fisici del respiro (stai di fatto contemplando la mente, non il corpo); darle fiducia, lasciare che la vigilanza continui a lasciar ‘spurgare’ o prevenire il ritorno degli impedimenti non appena si affacciano (a questo punto si tratta in genere di irrequietezza ,cioè un eccesso di zelo, o aspetti grossolani della gioia, o talvolta piccoli sensi di ansia e timore legati all’approfondirsi della quiete e del lasciar andare) e lasciare che il citta si unifichi da sé.
Non penso che occorra ‘approfondire’ il tema in senso teorico. Dirò qualcosa stasera, ma l’importante è quello che hai già scoperto da te.
Hai ragione, cara Letizia. Non serve approfondire, me ne rendo conto.
Purtroppo, mi è ancora difficile mettere a tacere l’avidità di conoscenza che ha caratterizzato tutta la mia vita.
Grazie della risposta.
Gli incontri di queste settimane mi hanno permesso di entrare in maggiore intimità con la pratica di Anapanasati. E poi comincio a orientarmi: non certo un cuoco esperto ma un apprendista.
Praticare al di fuori del cuscino, in particolare praticare la rinuncia, è a tratti difficile e certamente cruciale: smettere di cercare gratificazione sensoriale, ad esempio attraverso il cibo e l’intrattenimento usati per silenziare temporaneamente qualunque segnale di inquietudine e disagio, ha fatto emergere un dolore che aveva radici antiche. E appena sotto questo dolore, così intessuto alla mia storia personale, è emerso un dolore, un’insoddisfazione di fondo, direi esistenziale: c’è dolore, c’è insoddisfazione. Poter sentire questo è spiacevole ma ha il sapore del ritorno a casa dopo un lungo esilio, apre alla tenerezza, alla pace e permette di accedere a una maggiore intimità e integrità.
A volte, quando arrivo alla fine della seconda quartina, emerge un senso di vertigine, quasi di paura. Nulla di intenso, ma è come se gli argini non fossero ancora abbastanza solidi per la corrente che sale.
Sto scoprendo un senso di intimità con la vita sconosciuto fino adesso.
Grazie a Letizia, a tutte e tutti voi.
Dopo la prima settimana di esercizio su anapanasati, vissuta con sedute ” turbolente ” a causa degli impedimenti che sorgevano, si è generata un’apertura .
Gli impedimenti, brama, preoccupazione, irrequietezza hanno continuato ad essere presenti ma sedersi sul cuscino non è più come andare a sostenere un’ esame piuttosto come un’ ” avventura ” , sorretta dalla cura della postura, dall’inspirare e dall’ espirare e dalla curiosità di quello che emergerà nell’ intimità della seduta. Mi sento come protetta, comunque , qualsiasi cosa emerga . E quando è emersa una montagna di Dukkha sono rimasta lì ferma ad osservarla , meravigliata di sentirmi alleggerita solo per averla finalmente Riconosciuta .
La motivazione prevalente è diventata l’ abbandono di Dukkha ma, soprattutto, SENTIRE , SENTIRE, SENTIRE Dukkha . E ,sabato, durante la seduta, dopo un senso di unificazione emersa dal seguire un’ istruzione data da Letizia ( rilassare le mani, i piedi , sentirli contemporaneamente, la base, il ritmo del respiro, includere questi tre punti ) è emersa una sottile tensione, ecco di nuovo Dukkha, mi sono detta.
Ho voluto sentirlo, sentirlo ed era ancora il dukkha del dover essere, delle aspettative e di tutte le persone messe su un piedistallo.
Ho continuato a sentire tutto quello che emergeva e nonostante la tensione , in qualche modo, mi sentivo protetta da Sati . E da questo sentire ho aperto il cuore alla compassione verso me stessa riconnettendomi ai precetti . Il solo evocarli ( non nuocere a se stessi e agli altri, parole, azioni e pensiero retto, non essere avidi ) ha aiutato un po’ quelle persone sul piedistallo a ridimensionarsi .
La tensione non si è placata ma si è creato uno spazio in cui potevo riconoscermi e soprattutto uno spazio di fiducia .
Grazie, dal profondo del cuore, a Letizia per i suoi preziosi insegnamenti e a tutto il Sangha per le accurate condivisioni , altrettanto preziose .
Inoltre volevo aggiungere che , fuori dal cuscino, ho sperimentato un senso di agio, gioia , leggerezza o comunque una mente più chiara che riesce a scegliere con più facilità tra ciò che è salutare e ciò che non lo è .
Una piccola luce verso la seconda quartina di anapanasati.
Grazie ancora,
Carmen
Salve, vorrei porre una domanda riguardo il percorso che stiamo studiando e l’attenzione.
Dopo un po’ di tempo nella seduta, quando mi sembra di essere abbastanza stabile, succede ultimamente di trovarmi in una condizione dove la percezione del corpo-mente attraverso il respiro, i pensieri e le sensazioni sono tutte sullo stesso confuso piano.
Potrei definirlo uno stato di sofferenza-interesse-smarrimento.
A questa sensazione do soprattutto il nome di “sofferenza” perché è come se mi togliessero da sotto i piedi qualche cosa, lentamente e senza poter vedere i confini di ciò che sta accadendo.
Mi domando se questo è il momento in cui l’attenzione dovrebbe rivolgersi all’aspetto del benessere e agio che, nascosto da qualche parte, riesco in parte a percepire.
Il rischio che sento è come di una sorta di “stallo” in cui naturalmente i processi abituali sono i primi a gareggiare per riprendere la situazione in mano.
Grazie molte
Beatrice
“se questo è il momento in cui l’attenzione dovrebbe rivolgersi all’aspetto del benessere e agio che, nascosto da qualche parte, riesco in parte a percepire.”
Prova. Non ci sono nemici o rischi o fallimenti o successi in meditazione. Da come descrivi (ma non posso saperlo per certo da fuori) sembra ci sia un pizzico di tensione o dubbio che ti impedisce di rilassarti completamente con quello che provi; e il focus dell’attenzione può essere troppo rigido. Il sorriso di sati aiuta sempre.
Buongiorno Letizia,
ho una domanda… La scorsa settimana è capitato un evento sul lavoro abbastanza sconvolgente e inaspettato. Questa cosa esterna ha causato internamente una rivoluzione di pensieri, emozioni, sensazioni, che se non avessi avuto un po’ di presenza mentale per accorgermene e accoglierli e provare a guardarli, a metterli giù, a ricordare che il mio rifugio è nel processo del conoscere piuttosto che nel conosciuto, li avrei subiti in maniera ossessiva. Invece li ho guardati tornare e ritornare. Nelle sedute formali, mi sembrava che qualcuno (che poi sono “io”) avesse spostato la foresta lontanissima, perché la tranquillità della mente non c’era più.
Mi sono fatta sostenere dagli audio delle tue meditazioni guidate per avere una guida, un binario per accompagnare la mia mente irrequieta, ma anche sentendo il corpo e ricevendo il respiro, pur riuscendo a seguirlo, come nuvole arrivavano comunque i pensieri a presentarsi nel campo.
Ho accettato che fosse quella la condizione, poi mi sono ricordata delle tue parole, non so più in che occasione, in cui dicevi qualcosa del tipo “in questi casi occorre occuparsi di quei pensieri e di quelle emozioni”.
Potresti dirmi due parole su questo processo? è ciò che si intende per investigazione?
Io ho cercato di guardare il tutto senza il coinvolgimento che lega e invischia nei momenti in cui la presenza mentale è assente, ho abbracciato il mio dolore, la mia delusione, e ho provato spontaneamente compassione per me, comprensione per quella che mi sembra ignoranza delle persone coinvolte (ma questo poi, è un giudizio? come dicevamo ieri a proposito del risentimento “io ho ragione e tu hai torto”?)
Ti ringrazio in anticipo per la risposta.
Grazia
I due audio che ho postato su questa pagina relativi ai cinque impedimenti, e la similitudine del lavatore e dell’orafo, delineano già come impostare la consapevolezza dei cinque impedimenti, e non saprei cosa aggiungere al momento.
Questo è l’indispensabile passaggio per apprendere come purificare la mente dalla brama e ignoranza di fondo. Gli inquinanti, non gli eventi esterni, sono alla base delle nostre reazioni e della nostra sofferenza. E sono ciò che spinge quei pensieri, sentimenti ecc. che sembrano ‘interferire’ con la nostra meditazione. Occorre dunque riconoscere il movimento degli impedimenti nel momento presente (l’evento scatenante è un’idea del passato) e assumersene la responsabilità.
Allora la mente si calma perché è in contatto con la verità di ciò che sta facendo nel presente (avversione, illusione e attaccamento), e diventa più forte e silenziosa. Non bisogna dissociarsi e ‘stare a guardare’, ma comprendere con precisione di quale ‘malattia’ si tratta e comprendere cosa la tiene in piedi.
Ma invito gli altri partecipanti a dare su questo il contributo del loro pensiero, se vogliono.
Accolgo l’invito di Letizia e provo a dire la mia visto che di recente ho vissuto una situazione che mi ha portato ad ondate di risentimento nei confronti di persone “amiche” da cui non mi aspettavo determinati comportamenti. Premesso che gli audio di Letizia sui cinque impedimenti e le raccomandazioni descritte nei due sutta su cui abbiamo riflettuto domenica scorsa forniscono già tutte le risposte, alcune strategie per me sono state particolarmente efficaci: vedere l’azione e non il suo autore, chiedendomi contemporaneamente “cosa” mi faceva tanto soffrire di quel comportamento e il constatare, per l’ennesima volta, che la sofferenza derivava da un insieme di false rappresentazioni della realtà, di pretese e aspettative assolutamente illusorie. Importante era anche il ricordo delle buone qualità che comunque riconoscevo in quelle persone perché mi permetteva di non provare malevolenza nei loro confronti anche nel momento in cui la sofferenza era fortemente presente. Tutto questo ha smorzato il risentimento, e un po’ alla volta lo ha fatto scomparire. Per un certo periodo, è vero, si ripresentava, ma ogni volta toglievo un mattoncino al muro solido della sofferenza. Quello che mi pareva in ogni caso indispensabile, quando mi trovavo nella tempesta del rancore, era eliminare radicalmente il papanca per cui, appena divenivo consapevole delle elucubrazioni della mente, le stroncavo alla radice togliendo loro fiducia. Questo per me ha funzionato.
Grazie Letizia e grazie Sandra. Faccio tesoro di questa frase e della vostra esperienza.
“Occorre dunque riconoscere il movimento degli impedimenti nel momento presente (l’evento scatenante è un’idea del passato) e assumersene la responsabilità.”
Grazie Letizia per le indicazioni che mi hanno permesso di rileggere il discorso a cui ho fatto riferimento.
Mi dispiace di non essere in grado di offrirne una traduzione che renda merito all’efficacia ed alla bellezza delle metafore presenti. Nei suggerimenti da seguire per lasciar andare il risentimento per i diversi comportamenti trovo parole che evocano, in me, i passaggi che sto sperimentando mentre mi esercito nella pratica di anapanasati in base alle tue indicazioni.
E’ chiaro che questo ha a che vedere con l’interpretazione che faccio della lettura e, per questo, credo che la scelta di domenica vada fatta alla luce delle indicazioni di Letizia.
Se Iaia avesse voglia di tradurre il discorso sul lasciar andare il risentimento sarebbe molto bello leggerlo in una versione italiana diversa da quella disponibile in rete.
Con gratitudine
A domani
Molto volentieri Marisa, a piu’ tardi
A Sandra e Maria Silvia:
vi riferite ai due sutta su Lasciare andare il risentimento, vero? Il secondo e’ particolarmente bello. Pensate che avrebbe senso tradurlo domani? In alternativa ci sono i sutta SN54, su Anapanasati.
Fatemi sapere.
Si, io mi riferivo a quei due sutta, e concordo sul fatto che il secondo è molto bello, potrebbe essere sufficiente ragionare su quello perché offre molti spunti. Il primo però mi sembra la base di partenza su cui il secondo si innesta.
Grazie Letizia per le indicazioni che mi hanno permesso di rileggere il discorso a cui ho fatto riferimento.
Mi dispiace, di non essere in grado di offrirne una traduzione che renda merito all’efficacia ed alla bellezza delle metafore presenti. Nei suggerimenti da seguire per lasciar andare il risentimento per i diversi comportamenti trovo parole che evocano, in me, i passaggi che sto sperimentando mentre mi esercito nella pratica di anapanasati in base alle tue indicazioni.
Per quanto riguarda la lettura di domenica preferisco seguire le indicazioni di Letizia.
A domani .
Rispondo a Maria Silvia:
pensavo ai due sutta dell’Anguttara Nikaya citati da Letizia nella risposta a Marisa. Qualcuno dovrebbe tradurli però, anche sul momento.
Grazie a tutte/i e grazie Letizia per i commenti, i chiarimenti ed i materiali di approfondimento. Nella ricerca infruttuosa del sutta sul lasciar andare il risentimento ho incontrato il tuo post del 1 giugno 2020. L’introduzione al ”discorso sulla percezione dell’impermanenza” contiene una preziosissima sintesi delle azioni e delle modalità appropriate per liberare citta, offre, inoltre, tutte le indicazioni e gli audio per recuperare/approfondire gli insegnamenti e le riflessioni sui cinque khandha che sono stati, nel mio percorso, fondamentali per un ribaltamento della prospettiva e la decostruzione delle percezioni. Questo mi ha dato la possibilità di fare l’esperienza di momenti di concentrazione che sostengono la mia fiducia e la motivazione della pratica e mi permettono di incontrare, se e quando sorgono, stati e schemi mentali non salutari.
Con metta
“Nella ricerca infruttuosa del sutta sul lasciar andare il risentimento”
sono due, entrambi linkati alla pagina
https://letiziabaglioni.com/2019/09/14/ritiro-autunnale-a-tossignano-bologna/
Per quanto riguarda la percezione dell’impermanenza, certamente è sempre d’aiuto; consiglierei di lasciare questo approfondimento per il secondo ciclo (quarta quartina di anapanasati)
Potrebbe essere questo il tema dell’incontro di domenica? ( lasciar andare il risentimento intendo)
Mi sembra un buon tema, un impedimento insidioso. Hai in mente un sutta a cui appoggiarci?
Ho postato un altro audio “Meditazione equilibrata” e un documento con le citazioni dai sutta menzionati (fra cui un altro luogo dell’ AN relativo alla similitudine dell’orafo).
Il valore pratico di questa istruzione può essere apprezzato soprattutto per le fasi delinate nella terza quartina di AS (verso l’unificazione e liberazione del citta).
Quando il citta è libero dai 5 impedimenti (almeno in forma grossolana) e c’è un certo grado di tranquillità, occorre mantenere in equilibrio il processo perché si autosostenga anche per lunghi periodi: lasciar approfondire la quiete senza perdere energia e chiarezza. Questa sottile forma di vigilanza garantisce la stabilità della presenza mentale quando le percezioni legate al respiro fisico o alla tonalità affettiva della gioia sfumano sullo sfondo.
Ho postato due audio dedicati ai cinque impedimenti (con elementi di investigazione) che include un riferimento al secondo satipatthana (contemplazione delle sensazioni).
E il link al sutta sul purificare l’oro. Nota: in quel post traduco il termine pali asava con “fermentazioni” (seguendo Thanissaro Bhikkhu); la traduzione più frequente (e quella che adotto anch’io adesso per lo più) è “influssi”. Sono i condizionamenti profondi di cui il citta si libera ai vari gradi del risveglio: ignoranza, brama sensoriale, brama di esistenza (o divenire). Talvolta se ne aggiunge un quarto (attaccamento alle opinioni)
Questo nel caso in cui troviate utile soffermarvi su questi aspetti ai fini dello sviluppo del vostro anapanasati (verso la corretta tranquillità).
Buona serata e a presto!
Ho corretto e integrato il mio commento precedente
Durante la settimana, nella pratica sulla seconda quartina di Anapanasati, ho potuto osservare che il riconoscimento della presenza del corpo, quando si attiva qualche impedimento, come una preoccupazione o un pensiero di avversione, mi aiuta tantissimo perché mi permette, in un certo senso, di “riportarmi a terra” e non identificarmi con quello stato mentale, non seguirlo, ma anzi di sorridere e, semplicemente, di cogliere il fatto che non è salutare. Ho inoltre trovato la storia del cuoco (ringrazio Iaia per la traduzione!) molto utile perché l’attenzione che questo pone nell’osservare il suo re per imparare a cucinargli piatti graditi mi suscita di per sé una grande gioia, cioè, mi ha fatto dire “allora posso prendermi cura! È una cosa buona!” e così mi sento come un’alleata di me stessa, mi “autorizzo” a prendermi cura del corpo e del citta, “E come posso farlo?”, beh, selezionando elementi salutari, pensieri salutari, ad esempio; questa condizione mi rende più facile abbandonare ciò che non è salutare, non mi devo impegnare troppo nel farlo perché avviene spontaneamente. Ho notato, infine, che la gioia che sorge facilita anche la relazione con l’altro, cioè non influenza solo il rapporto con me stessa, ma … si espande, se posso utilizzare questo termine, si allarga.
Anapanasati si sta rivelando una scoperta, una meravigliosa opportunità non tanto di nuova conoscenza, bensì di applicazione di conoscenze già acquisite nel corso dei ritiri e dei vari laboratori di Letizia frequentati in questi anni; quel che intendo dire è che non credo avrei potuto apprezzarne i benefici senza aver prima “preparato il terreno”. Almeno, questo è il mio caso.
Buonanotte e sempre grazie a Letizia e a tutti/e per i commenti e gli scambi che amplificano l’esperienza e spesso chiarificano.
Roberta Bravin
Marisa Marotta
Il suggerimento di Letizia sull’apprezzare la motivazione e perseveranza nella pratica mi ha permesso di orientare sati in uno stato mentale dove sensazioni e percezioni si riducono al minimo e, grazie alla stabilità della presenza, vengono prontamente riconosciute suscitando gioia ed energia. Ho notato che questa è una delle condizioni che annienta la reattività e, contemplando citta la scopro libera dagli impedimenti anche se solo temporaneamente. La gioia può diventare eccitazione ma, per fortuna, c’è “Quel cuoco saggio, esperto e abile che coglie il segnale di quel che il suo padrone preferisce” E’ un cuoco interessato e dedito al suo lavoro e questo gli permette di riconoscere i segnali.
Quando l’attenzione è rivolta alla gioia il desiderio viene canalizzato verso il bene e gli impedimenti neanche sorgono. Come nella metafora dell’uomo che, consapevole delle proprie azioni, scopre di poter scegliere, più e più volte in base al mutare delle condizioni, di abbandonare i movimenti fino a fermarsi contemplando cittasankara, posso sviluppare una certa intimità che mi permette di riconoscere e scegliere le condizioni perché sorga il raccoglimento.
Riflettendo sulla pratica di questa settimana alla luce della metafora del Cuoco, mi sono chiesta quale sia la condizione che rende un meditante simile ad un cuoco che “coglie il segnale di quel che il suo padrone preferisce”. Credo sia la retta intenzione di ricercare il proprio bene, il bene dell’altro, il bene proprio e dell’altro. Allora, come quel cuoco, il meditante si mantiene vigile a cogliere “il segnale della propria mente”.
Una mattina mi sono seduta sull’onda di una sensazione spiacevole a cui non ho dato importanza. C’era una certa “fretta” di iniziare e, nonostante la dichiarata intenzione di “mettere da parte il villaggio”, non c’era pace, il cuore e la mente erano “presi”.
Quella retta intenzione di fondo ha attivato il discernimento benevolo (che c’è? che fretta hai?); ha suscitato il retto sforzo di prendere posizione e investigare. Quello che “non volevo” ha potuto essere ascoltato con equanimità (c’è dukka; quale passione per qualcosa che è “solo” una sensazione/percezione). C’era la fiducia di poter dire: “so come stanno le cose”. Gli impedimenti combinati di avversione e preoccupazione, riconosciuti, si sono come sfumati sullo sfondo. E’ cresciuta la fiducia e l’energia per continuare ad investigare e allietare il citta con il riconoscimento che non erano presenti né torpore, né avidità, né dubbio. Sollievo e gioia.
Allora sati, notando il sorgere e cessare, notando l’acquietarsi e/o l’assenza degli impedimenti e la presenza di alcuni fattori del risveglio, lieta, è tornata, con ardore e diligenza, al respiro. Era lì, ora era possibile per la mente restare tranquilla, in silenzio.
Sulla seconda quartina, mi pare che rispetto alla prima “non ci sia nulla da fare”: proprio come l’uomo che corre a un certo punto si ferma: la presenza mentale è stabilita, ben ancorata al corpo (utilissimo leggere gli esempi di cui ricordo solo il vaso pieno di acqua che è più resistente rispetto al vaso vuoto…da allora mi accomodo nel “corpo pieno di corpo”, o pienamente nel corpo), il respiro è ormai un compagno di viaggio stabile e non resta altro che gustare ciò che accade, come guardando un film. MI ha aiutato parecchio, aprendomi la porta alla gioia non mondana del mettere giù qualsiasi cosa si presenti, quando Letizia ha detto “non è necessario che le condizioni siano perfette” per provare gioia e l’agio del distacco. E’ proprio così: questo mi ha aiutato a togliere l’aspettativa e a dirmi “è così come è, e va bene così”, ciò che fa la differenza è non prender rifugio nelle condizioni incostanti, ma nel conoscere… Realizzare questo mi ha portato alla GIOIA più volte anche durante la vita, ogni volta che mi sono rifugiata nel conoscere piuttosto che nel “conosciuto”. Un gran sollievo, ancora una volta il potere della consapevolezza!
Degli impedimenti che ho incontrato in questa settimana, posso dire che mi pare che il più subdolo sia proprio il dubbio: gli altri sono molto evidenti, il torpore soprattutto “spegne” ogni chiarezza, mentre il dubbio si mimetizza con la tranquillità della mente e da molto lontano ti chiede “chissà se è proprio questa la tranquillità?” Includerlo come un’ennesima attivazione mi pare l’unica soluzione che ho trovato, insieme a un sorriso.
Devo concludere dicendo che questa quartina mi ha dato una certa capacità di auto osservazione e una grande opportunità di disidentificazione, quasi una sorta di umorismo…
Se c’è qualche interesse per incontrarci dom. 21, offro di occuparmi della sala Zoom
Grazie Elizabeth, allora confermo la sessione di domenica 21 dalle 16 alle 18 per chi vorrà partecipare. Lo annuncio anche all’incontro di domani così tutti sono avvisati.
Grazie Elisabeth! Io ci sarò! 🙂
Grazie a Letizia per i suoi insegnamenti e a Iaia per la traduzione della similitudine del cuoco .
L’attenzione che il cuoco presta nei confronti del re è un ‘ attenzione non rivolta al raggiungimento di risultati personali ma un’ attenzione rivolta all’ascolto dell’altro per renderlo contento .
Nella settimana scorsa ,dopo tanta brama e irrequietezza ,l’apertura alla Benevolenza e Generosità ( apertura del cuore ) ha pacificato il citta imprigionato .
Grazie Iaia per la tua traduzione che ci permette di “gustare” la metafora dei due cuochi. Uno sprovveduto, inesperto e maldestro, l’altro saggio esperto e abile.E’ una chiara guida che ci indica l’importanza di cogliere i segnali della mente e di esercitarsi nel riconoscere e posare gli inquinanti e sostenere e coltivare le sette facoltà spirituali. Posare ciò che è nocivo e coltivare ciò che è salutare.
IL CUOCO (SN 47.8)
“Monaci, supponiamo che un cuoco sprovveduto, inesperto e maldestro presenti a un re o a un ministro del re vari generi di curry: acidi, amari, piccanti, dolci, saporiti, delicati, salati, insipidi.
Quel cuoco sprovveduto, inesperto e maldestro non coglie il segnale di quel che il suo padrone preferisce: ‘Oggi questo curry e’ piaciuto al mio padrone, ne ha preso un bel po’, lo ha lodato; oppure, il curry piccante e’ piaciuto oggi al mio padrone, ne ha preso un bel po’, lo ha lodato; …o il curry acido…. o il curry piccante….’
“Quel cuoco sprovveduto, inesperto e maldestro non riceve in dono vesti, denaro o premi aggiuntivi. Per quale ragione? Perche’ quel cuoco sprovveduto, inesperto e maldestro non coglie il segnale di quel che il suo padrone preferisce.
“Nello stesso modo, monaci, un monaco sprovveduto, inesperto e maldestro dimora contemplando il corpo nel corpo, ardente, chiaramente cosciente, consapevole, avendo abbandonato desiderio e scontento nei confronti del mondo.
“Mentre dimora contemplando il corpo nel corpo, la sua mente non diviene concentrata, gli influssi nocivi non vengono abbandonati, egli non coglie quel segnale. Dimora contemplando le sensazioni nelle sensazioni… la mente nella mente… i fenomeni nei fenomeni, ardente, chiaramente cosciente, consapevole, avendo abbandonato desiderio e scontento nei confronti del mondo. Mentre dimora contemplando i fenomeni nei fenomeni, la sua mente non diviene concentrata, gli influssi nocivi non vengono abbandonati, egli non coglie quel segnale.
“Quel monaco sprovveduto, inesperto e maldestro non ottiene dimore piacevoli in questa stessa vita, non raggiunge presenza mentale e chiara comprensione. Per quale ragione? Perche’, monaci, quel monaco sprovveduto, inesperto e maldestro non coglie il segnale della sua stessa mente.
“Supponiamo, monaci, che un cuoco saggio, esperto e abile presenti a un re o a un ministro del re vari generi di curry: acidi, amari, piccanti, dolci, saporiti, delicati, salati, insipidi.
Quel cuoco saggio, esperto e abile coglie il segnale di quel che il suo padrone preferisce: ‘Oggi questo curry e’ piaciuto al mio padrone… oppure, ha lodato quello delicato.’
“Quel cuoco saggio, esperto e abile riceve in dono vesti, denaro e premi aggiuntivi. Per quale ragione? Perche’ quel cuoco saggio, esperto e abile coglie il segnale di quel che il suo padrone preferisce.
“Nello stesso modo, monaci, un monaco saggio, esperto e abile dimora contemplando il corpo nel corpo, ardente, chiaramente cosciente, consapevole, avendo abbandonato desiderio e scontento nei confronti del mondo. Mentre dimora contemplando il corpo nel corpo, la sua mente diviene concentrata, gli influssi nocivi vengono abbandonati, egli coglie quel segnale. Dimora contemplando le sensazioni nelle sensazioni… la mente nella mente… i fenomeni nei fenomeni, ardente, chiaramente cosciente, consapevole, avendo abbandonato desiderio e scontento nei confronti del mondo. Mentre dimora contemplando i fenomeni nei fenomeni, la sua mente diviene concentrata, gli influssi nocivi vengono abbandonati, egli coglie quel segnale.
“Quel monaco saggio, esperto e abile ottiene dimore piacevoli in questa stessa vita, presenza mentale e chiara comprensione. Per quale ragione? Perche’, monaci, quel monaco saggio, esperto e abile coglie il segnale della sua stessa mente.”
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Grazie Iaia per questa traduzione, anch’io trovo molto bello e utile questo sutta. Apprezzo sempre di più il modo estremamente efficace e immediato con cui il Buddha ci ha trasmesso i suoi insegnamenti, rifacendosi ad esempi pratici della vita quotidiana che rendono chiaro ed evidente il significato.
Nei prossimi giorni tradurro’ la Similitudine del cuoco.
Ho trovato molto utile ieri l’invito contenuto in questo sutta a individuare il segno di cio’ che per ognuno di noi puo’ indurre il citta a trovare pace e liberazione nel processo di anapanasati, indipendentemente dalle condizioni presenti. Sento che per me questo “segno” e’ nell’apertura del cuore che incoraggia a lasciare andare l’impulso a controllare, a desiderare, a prefigurare un esito o un approdo.
Grazie Letizia e grazie a tutte/tutti per la pratica di ieri.
COMUNICAZIONE: Ho dimenticato di dire che domenica 21 febbraio non è segnata nel calendario del Lab online perché io sarò assente.
Però, se c’è qualcuno di voi che ha un minimo di esperienza come host di Zoom o comunque si orienta con i controlli della sala virtuale, la riunione si potrebbe tenere ugualmente, stessa ora, stesso link, stesso anapanasati ….
Come abbiamo già sperimentato nel Laboratorio 2020, può essere di sostegno anche incontrarsi per una meditazione silenziosa e per la condivisione sulla pratica; magari questo offre la possibilità anche ai più “timidi”, o che non amano scrivere, di essere ascoltati e mettere a fuoco scoperte, difficoltà o domande rispetto ai temi del Laboratorio.
Se poi qualcuno ha piacere, potrebbe leggere o tradurre all’impronta un brano dai sutta menzionati (anche a richiesta, utilizzate l’area dei commenti per proposte). Ma di questo se ne può parlare domenica prossima, sempre se ci fosse un volontario o una volontaria che si occupa della sala Zoom.
Se qualcuno è disponibile, ed è ragionevolmente certo/a di poter arrivare almeno 10 minuti prima alla riunione del 21, perfavore risponda a questo messaggio entro venerdì 12, così tutti sono informati.
Per il resto ci aggiorniamo alla riunione di domenica prossima.
Se c’è qualche interesse per incontrarci domenica 21, offro di occuparmi della sala Zoom dom.21.
Ho postato sulla pagina i link ai 3 sutta citati stasera. Purtroppo sono in inglese, se qualcuno vuole tradurre un estratto (o i punti salienti) è benvenuto/a.
Per quanto riguarda il discorso sul pacificare i pensieri (MN 20), la similitudine dell’uomo che cammina veloce ecc è il metodo quarto dei cinque metodi suggeriti nel testo. E’ quello più pertinente alla seconda quartina di anapanasati perché sottolinea la ‘propriocezione’ e la regolazione dell’energia della mente.
Il link al capitolo del Samyutta Nikaya dedicato ad anapanasati è in cima alla pagina sotto Riferimenti testuali
La pratica di questa settimana, con la guida della prima quartina di Anapanasati, è stata un esercizio di semplificazione e di umiltà.
La consapevolezza del respiro incarnato, praticata con ardore e diligenza, ha “ridotto” il corpo a qualcosa di denso e insieme leggero, radicato in basso e ascendente verso l’alto. C’è un movimento interno che dilata e restringe e sfuma la soglia tra interno ed esterno. In questo luogo d unificazione e dii pace sorge una gioia tranquilla.
Se emerge un pensiero Sati, vigile, mette in campo energia e discernimento per lasciar andare e la mente si riunifica.
In questa settimana di pratica ho realizzato quanto sia importante l’etica quotidiana per una serenità di base nell’andare nella foresta o in un alloggio vuoto… è nella vita quotidiana che prepariamo le condizioni favorevoli al citta viveka quando ci sediamo…
Il corpo nella contemplazione della postura seduta è stato fondamentale per ” mettere giù” le cose della mente, per stabilire sati e a un certo punto accorgermi di inspirare e espirare. In alcune sedute della settimana sono rimasta tutto il tempo in questa fase, in un continuo metter giù l’impedimento dell’irrequietezza.
Nelle sedute più libere dagli impedimenti, dopo questo primo passaggio c’è stata la fase che, per riprendere la metafora più volte usata da Letizia sulla macchina fotografica, io chiamo di ZOOM sul respiro, in cui lo osservo da vicino e lo seguo dall’inizio alla fine…
la mia domanda riguarda questa fase: se comincio a dirmi “è lungo” o è “breve” ho notato che c’è uno sforzo dovuto alla comparazione tra un inspiro e l’altro, o tra espiro e inspiro… Questo sforzo mi tiene “incollata” al respiro ma (non so se riesco a spiegarmi), in un modo ancora “cognitivo”, mentre riesco a mollare questa presa se semplicemente lo seguo dall’inizio alla fine, come una danza che non è pensata, al ritmo delle inversioni di tendenza (le pause), e questo modo di seguirlo (che mi chiedo appunto se sia corretto) a un certo punto mi porta, senza che sia io a decidere, a passare al successivo step. Cioè un processo naturale che dallo ZOOM sul respiro apre la fase GRANDANGOLO in cui tutto il corpo respira, quasi senza un io e quasi senza un corpo, si fa tutto silenzioso e anche il respiro diventa leggerissimo, ma soprattutto la mente si riposa in un silenzio molto ristoratore.
Il punto sollevato qui è utile, credo, un po’ per tutti.
Certo Grazia, c’è un conoscere silenzioso che naturalmente è ristoratore. Nella terza quartina il focus della consapevolezza è proprio la mente silenziosa e luminosa (sempre inspirando ed espirando) fare piena esperienza del citta dopo che le sue attività si sono calmate
Le prime due istruzioni di anapanasati coltivano la chiarezza della percezione. Riconoscere l’inspiro dall’espiro, il lungo dal breve. L’etichetta verbale serve solo per connettere l’attenzione (in pali si definisce vitakka) finché la presenza mentale è ben stabilita.
Quello che definisci “quasi senza un corpo” indica che la percezione del corpo è cambiata. Diventa più leggera e si “calma” (quarto passo di anapanasati); naturalmente il passo precedente è l’emergere di “tutto il corpo che respira”.
Se la presenza mentale e i suoi “alleati e parenti” prevalgono sugli impedimenti, la progressione è abbastanza naturale (non serve dubitare! o fissarsi sulle sensazioni e percezioni).
A volte però lo scenario della mente è tutt’altro. Dunque non dimentichiamo quel “si esercita” (in pali: sikkhati) nelle istruzioni del sutta. Ciò significa che siamo pronti a esercitare un grado di sforzo e gentile e saggia deliberazione per vincere l’inerzia della mente dovuta agli inquinanti, e prendere ciascun passo come un addestramento.
L’aver seguito i suggerimenti di “preparazione” al Laboratorio, mi ha permesso di apprezzare il primo incontro su Anapanasati, la sua importanza e comprenderne la sua struttura.
Molto profonda ed emozionante per me, la similitudine tra le parole scritte da Papa Francesco e quanto detto dal Budda, nella registrazione postata “Felice sobrietà”.
Sono consapevole che il Blog di Letizia, con i suoi testi e registrazioni é una fonte di acqua fresca, offerta a chi ne vuole. Spero di rimanerne consapevole.
Grazie, Alessandro
Anch’io mi sono posta domande sul nimitta.
Nell’ambito della prima quartina di anapanasati, il passaggio da “respiro/lungo breve” a “respiro sentendo tutto il corpo” ad un certo momento mi porta a passare dalla percezione di “sto respirando nel corpo” alla percezione di “un corpo che respira”. Non è il “mio” corpo, è un’esperienza di un corpo abitato da un respiro in cui è assente la volontarietà. Questo mi dà il segnale (nimitta?) che si sta facendo strada il lasciar andare. Contemporaneamente infatti sorge una piacevole sensazione di leggerezza e di agio.
A proposito del lasciar andare poi, la pratica di questi giorni mi ha fatto riflettere sul fatto che inizialmente la motivazione principale per cui praticavo anapanasati era il desiderio di incontrare la pace e la tranquillità. Ma ora la pratica è rafforzata dalla percezione dell’impermanenza, dal fatto che tutto sorge e cessa e dunque niente vale la pena di essere trattenuto. La pace e la tranquillità ora sono una conseguenza di questa percezione.
Cerco di descrivere alcuni aspetti sperimentati nella seduta in questi giorni. Tralascio i preliminari e la preparazione che pure sono fondamentali. Quando tutto il corpo è rilassato, ecco il senso di radicamento (base e verticalità): il corpo è un intero e spontaneamente arriva il respiro, non devo andare a cercarlo. E sento come un’impercettibile oscillazione orizzontale che va dal corpo al respiro e viceversa (tipo figura/sfondo?). Poi mi accorgo che posso portare il respiro nel corpo lasciando andare l’oscillazione. Per non cadere nelle fantasticherie dove vado a parare normalmente quando ho raggiunto uno stato di agio, ricordo il compito che mi sono proposto e questo dà origine a un’altra oscillazione, questa volta la avverto verticale, dal corpo/respiro alla mente e viceversa. Allora ricordo l’ardore/diligenza di cui ho bisogno (ma devo dire che sati, sampajanna e atapi non sono così ben distinte) e li sperimento come un tocco molto lieve che mi fa rimanere centrato nell’esercizio. E il flusso di energia che avverto più forte negli avambracci e nel dorso delle mani (un nimitta?) lentamente si espande in tutto il corpo.
antonio p
Un punto credo utile anche per gli altri:
“Allora ricordo l’ardore/diligenza di cui ho bisogno (ma devo dire che sati, sampajanna e atapi non sono così ben distinte) e li sperimento come un tocco molto lieve che mi fa rimanere centrato nell’esercizio.”
Sì, quando sono in equilibrio i 3 fattori funzionano in sinergia e si riconosce dall’effetto che fa… quel ‘mi ricordo’ è appunto la funzione di sati, la capacità di registrare gli effetti del processo e sentire com’è la mente (es. “lieve”) è dovuto a sampajanna, l’ardore o energia o diligenza è il fatto di rimanere in carreggiata e continuare a lasciar andare desideri e scontento e prevenire o abbandonare gli impedimenti se sorgono (invece di arenarsi in compiacimenti o scoraggiamenti circa “come sta andando” e simili)
Su ‘nimitta’ torneremo. Per ora basti dire che si riferisce non tanto al corpo, all’energia o al respiro in sé, ma alla condizione della mente, è un ‘segno’ o percezione che mi ‘significa’ qualcosa.
Per esempio, se pratichi metta, da cosa senti o capisci che la mente ha benevolenza piuttosto che indifferenza o altro? Ecco … per ciascuno è diverso ma il punto è che si riconosce da ‘qualcosa’.
La seduta di stamattina era caratterizzato del trovarmi più volte sporta in avanti nella postura, accompagnato dal rammarico che non stava andando bene come le sedute di domenica pomeriggio e lunedì.
Oggi pomeriggio quindi l’ascolta della “Felice Sobrietà” è stata molto opportuno per farmi capire che il ‘rammarico’ di stamattina era l’aversione, camuffata da quello che mi dicevo era un sano desiderio di progredire sul sentiero, mentre lo sporgermi in avanti era la brama per ‘cosa viene dopo?’ Imparare che la rinuncia fa parte della retta motivazione (la conoscevo come parami) è stato un aiuto. Durante la seduta più tardi, quando mi accorgevo che la mente stava per andare appresso un pensiero, dicevo alla mia citta, ‘sii contenta di stare qui, non hai bisogno di altro’ e ho assaporato la dolcezza della pace in quel momento.
Scrivo per un dubbio che, partendo da alcune difficoltà relative alla pratica di ānāpānasati, forse riguarda la necessità di coltivare meglio gli strumenti per una “retta visione” e degli strumenti da adottare.
Mi spiego: quando per cercare di istituire la presenza mentale rivolgo la mia attenzione a qualche cosa di specifico (il respiro o una sensazione, ad esempio) ho a volte la sensazione che la mia mente non sia in una condizione di apertura ma costretta in un limite.
Quando percepisco questa “chiusura” ho, credo, sviluppato l’istinto di lasciare andare ma rilasciando perdo anche il riferimento a quell’oggetto specifico.
Al rilassamento frutto di lasciare andare segue rapido un senso di smarrimento e non mi è chiaro cosa devo fare.
Grazie molte
Beatrice
Ciao Beatrice, non sono sicurissima di aver capito la domanda, ma la riprendiamo la prossima volta dal vivo, va bene?
Nel frattempo …. prova semplicemente a sentirti seduta qui, aperta all’esperienza del presente, a quello che provi, a come sta la mente; una consapevolezza rilassata e ricettiva piuttosto ampia, radicata nel contatto con la terra … e includi i movimenti della mente, con molta gentilezza … anche se ti perdi, ti ritrovi comunque no?
nella prima meditazione di ieri mi sono resa conto di avere l’impedimento dell’irrequietezza: pensieri che tornavano, posavo ma tornavano..nella meditazione successiva prima di iniziare mi sono chiesta “mi interessano veramente quei pensieri? Ne ho bisogno?” la risposta, con gioia è stata “no, non ne ho bisogno”, li ho “mollati”..sono riuscita ad entrare un pò di più nel corpo e seguire il respiro..
Ho postato un audio: un’introduzione ad anapanasati dal punto di vista del “piacere e gioia della rinuncia” (felice sobrietà).
Inoltre: link e appunti sul testo letto stasera Majjhima Nikaya 119 (discorso sulla consapevolezza del corpo)
Ricordo a tutte/i: prima di pubblicare il vostro commento barrate la casella “Notificami nuovi commenti” per avere una notifica email quando aggiorno la pagina o qualcuno posta un commento.
Grazie delle PROVE! Ora possiamo cominciare a scrivere qualcosa … 🙂
Anapanasati è una pratica molto efficace che facilita la concentrazione e allontana la dispersione dei pensieri.
Molto di aiuto per me la condivisione del sangha . Sono contenta di aver iniziato questo laboratorio con Letizia