15 febbraio – 29 marzo 2022 (online) Leggi il programma (concluso)
Quando un discepolo dei nobili discerne ciò che è salutare e la radice di ciò che è salutare, discerne ciò che non è salutare e la radice di ciò che non è salutare, in quella misura è qualcuno che ha una retta visione, che ha corretto il proprio punto di vista, che ha una fondata fiducia nel Dhamma e ha avuto accesso al vero Dhamma (Sammādiṭṭhisutta, Majjhima Nikāya 9)
Testi citati e appunti dal seminario
SalaMN41 Le dieci condotte salutari e non salutari (definizioni)
Sikkhā Sutta (AN 4:99) I quattro tipi di praticante
Retta parola (citazioni, vedi anche MN41) Abhaya Sutta MN 58 (Criteri per un linguaggio etico)
Aṅguttara Nikāya 10.1 (A che scopo?) vedi anche Cetana sutta (con note)
APPUNTIsammajiva citazioni e link su retti mezzi di sussistenza
rifugi-e-precetti versione theravada
APPUNTI22 marzo link ai sutta citati
https://letiziabaglioni.com/2021/03/31/il-suonatore-di-conchiglia/
A questo link: Saṅkhadhamasutta (SN 42.8) trad. it. e Anguttara Nikāya 3.100 (trad. it. e commento nel video)
Scarica gli audio delle sessioni da QUI
Ho appena visto una trasmissione Rai dedicata alla violenza domestica sulle donne che ha rievocato la figura dell’avvocatessa Tina Lagostena Bassi, nota a molti della mia generazione.
Ho ritrovato una clip da un processo del 1979 che condivido con voi. Una delle mille voci con cui si esprime la forza che nasce dalla verità, dalla solidarietà e dall’amore.
“Non ci interessa la condanna … chiediamo giustizia … sono cose diverse”.
A conclusione di questo prezioso seminario su Sila mi torna in mente la mia motivazione di partenza: “Sostenere la pratica” (mi pare di avere scritto così sul questionario).
Le esposizioni di Letizia, le sue proposte di lettura e ascolto, gli interventi e la pratica mi consentono di rinnovare quella iniziale motivazione avendola più chiara nel cuore.
Nella mia esperienza noto che ciò che mette in moto il circolo virtuoso tra la pratica e il buon agire nella vita quotidiana è la gioia.
Sperimentare sul cuscino quella sensazione piacevole che sorge dal trovare la mente momentaneamente, libera da avidità, odio, illusione. Dare attenzione a quella “soluzione di continuità”. C’ è gioia in quello spazio e darsi il permesso di rallegrarsene rafforza la gioia stessa.
Sorge un inedito piacere che “non ci sia danno per me” che coltivato genera un augurio di bene sempre più ampio, impersonale. Questo contatto con il bene diviene una guida nell’agire.
Avere cura della propria condotta con un cuore-mente non inquisitorio che mette in conto tutto: la buona volontà, l’instabilità, il rimorso, il perdono, l’equanimità.
Ognuno è erede e proprietario delle proprie azioni e intenzioni, in ogni momento. fino all’ultimo. Non c’è colpa, c’è libertà.
Tutto questo sostiene l’intenzione di sedere “mettendo da parte desiderio e scontento nei confronti del mondo”. Il citta con la coscienza a posto e comunque non malevolo e punitivo, è più tranquillo, appagato, si scopre contento del momento presente.
Grazie di cuore.
“Avere cura della propria condotta con un cuore-mente non inquisitorio che mette in conto tutto: la buona volontà, l’instabilità, il rimorso, il perdono, l’equanimità”
Grazie Santa, queste belle parole riassumono molto bene, per me, il sapore e la direzione di sila.
Esplorando la scheda presente nel link cui rimandavi ” Il suonatore di conchiglia” ho letto: “E cos’è la cessazione (nirodha) del kamma? La cessazione del kamma
dipende dalla cessazione del contatto (phassa).
Ora mi chiedo, come può cessare il contatto? Lo avevo inteso come l’incontro tra gli organi di senso ed il loro oggetto (occhio con forme visibili, ecc)
Che la sensazione e la percezione possano cessare – poiché lasciate andare/non raccolte avendo compreso quanto siano mal interpretazioni, reazioni condizionate, – lo posso capire.
Ma la cessazione del contatto, come può esistere?
E’ una domanda profonda. Mi limito ad accennare ad alcuni concetti. Il contatto è descritto come un processo che implica tre fattori: la presenza dell’occhio e della forma (ad esempio) e la coscienza che sorge sulla base dei due. La coscienza visiva (“so di vedere”) è un evento momentaneo condizionato dai sankhara (tendenze, programmi, formazioni mentali) che tramite la brama e l’ignoranza operanti in background (cioè normalmente) genera l’esperienza di un soggetto e un oggetto (il sé e il mondo).
La presenza di un organo di senso e di forme visibili, in generale, non implica necessariamente ‘il vedere’, che è un’esperienza psicologica complessa e soggettiva (per quanto fugace), non è come la telecamera che registra immagini. Ma anche nel sonno o nella meditazione profonda il contatto cessa solo parzialmente (ad esempio non si vede o ode ma la coscienza può essere fissata su percezioni mentali)
Nei sutta, si parla dunque di ‘sorgere’ o emergere, non di esistenza di qualcosa di cui poi ‘io’ divento cosciente e che poi cambia o perisce.
L’esperienza diretta che tutti gli elementi dell’esperienza (quelli che emergono via via all’attenzione) cessano è definita come l’apertura dell’occhio del Dhamma.
La cessazione non è distruzione di qualcosa. L’esperienza della liberazione (come cessazione del contatto grazie alla cessazione della brama e dell’ignoranza) deve essere direttamente esperita (secondo la terza nobile verità). Dirò magari qualcosa stasera, in relazione al karma.
Salve, vorrei provare a dare un piccolo contributo a questo tema rimandando ad un audio di Letizia all’interno della sezione Percezione e discernimento dove si cita l’istruzione a Bahiya.
Cito dall’audio (spero di avere capito e trascritto bene).
Allora, Bahiya, dovrai esercitarti così:
Nel visto ci sia solo il visto.
Nell’udito ci sia solo ciò che è udito.
Nel sentito ci sia solo ciò che è sentito.
Nel concepito ci sia solo ciò che è concepito/conosciuto.
Quando sarà così tu non sarai né qui né lì, né per mezzo, attraverso questi due.
E allora, Bahiya, solo lì è a fine della sofferenza.
A mio parere questa istruzione è essenziale per approfondire “dove”, o meglio il “non dove” è necessario posizionarsi all’interno dei processi nei quali siamo immersi, avere un punto di vista aperto e disponibile al “lasciar andare”. SĪLA in questo senso è fondamentale per averne la forza.
Grazie
Buonasera a tutti.
Voglio condividere una riflessione collegata alle ultime cose dette la scorsa volta riguardo all’interessarsi delle reazioni altrui quando abbiamo uno scambio verbale.
Sono cresciuta con l’idea che interessarmi di come si sentono gli altri e cosa pensano sia una cosa buona, credo che in parte sia così.
Quello che però accade con questo interessamento è che prendo queste informazioni per misurare me stessa.
Alle volte quello che mi sembra emergere da questa misurazione non mi piace affatto, perché non rispecchia l’immagine che ho di me o che sto cercando di costruire. Da lì possono partire diversi processi: può sorgere il senso di colpa, l’astio, a una critica ricevuta possono seguire diverse contro critiche(anche se magari solo mentalmente), etc.
Mi sembra quindi che spesso interessarmi del giudizio altrui vada ben oltre l’interessamento verso l’altro, sfociando nella ricerca di conferme del mio senso di identità. Per questo quando qualcuno esprime un giudizio su di me o ha un atteggiamento nei miei confronti che non mi piace non riesco a restare tranquilla. Con questo non voglio intendere che bisogna restare passivi qualsiasi cosa ci venga detto o fatto, ma che spesso non ha alcuna utilità reagire, che semplicemente parte un automatismo, senza alcun controllo.
Certamente diciamo che la mente non è il sé, ma allo stesso tempo non penso siamo del tutto impotenti su questi automatismi che non decidiamo di avere a livello cosciente.
Care/i partecipanti, vi ricordo che martedì 29 la riunione sarà estesa fino alle 7.50 per dare più spazio alla discussione. Sarà utile preparare eventuali domande o commenti (o postarli sul Forum) così da renderli concisi e permettere ad altri di collegarvisi se vogliono.
L’ultimo argomento del seminario è in gran parte coperto da materiale già pubblicato sul blog. Per rendere più breve la parte della mia riflessione/presentazione sarà utile che abbiate già familiarità con alcuni testi e concetti di base. Quindi pubblicherò i link utili su questa pagina in anticipo rispetto alla sessione (e non dopo come al solito).
Poiché Letizia ha accennato al testo dei precetti così come li ha formulati Thich Nhat Hanh, vorrei condividere la mia esperienza in merito.
Cito dagli aappunti di Letizia
Presenza mentale e consapevolezza situazionale assistono nell’applicarsi a mettere in atto la risoluzione (ossia: prima si traccia la rotta, poi si monitora il percorso e lo si riaggiusta) e nell’evocare e sostenere le emozioni costruttive come supporto alla retta concentrazione.
Per quanto riguarda il rapporto sila-sati, è quanto ho imparato negli anni. Intanto sono stati chiamati non più precetti, ma Addestramenti alla consapevolezza, poi ognuno inizia con ‘consapevole della sofferenza causata da…’ e in questa prospettiva ho cercato di studiarli, approfondirli e praticarli insieme al gruppo di meditazione che frequento, dove vengono recitati una volta al mese, e mi ha sempre stupito come nei decenni (è una pratica che facciamo da circe 30 anni) ogni volta vengano suscitate riflessioni sempre nuove.
È vero che il testo degli Addestramenti è molto espanso come ha detto Letizia, quindi molto diverso dalla formulazione theravada. Anzi si è espanso negli anni, per cercare di renderlo sempre più aderente all’evolversi della società (per inciso Thich Nhat Hanh aveva proposto di modificare anche alcuni precetti del vinaya dei monaci, senza riuscirci).
Ma quell’incipit ‘Consapevole della sofferenza…’ aiuta a vedere come coltivando sati diventa più semplice allargare il campo dei comportamenti etici e praticare la seconda parte degli Addestramenti, andando oltre il minimo necessario per coltivare il sentiero dei nobili: la padronanza di sé nelle azioni fisiche e verbali motivata da autentiche emozioni morali, per intraprendere azioni positive.
A mo’ di esempio
Consapevole della sofferenza causata dalla distruzione della vita, mi impegno ..a imparare modi di proteggere la vita.. . inoltre coltiverò l’apertura, la non discriminazione e il non attaccamento alle opinioni per trasformare la violenza, il fanatismo e il dogmatismo in me stesso(a) e nel mondo.
Non sempre ho accettato il continuo espandersi del testo. Spesso ho recitato con gioia il testo scarno dei precetti nella formulazione theravada. Eppure ho sperimentato che quell’articolazione è un aiuto soprattutto per chi si è appena avvicinato a questa pratica, perché toglie quell’aspetto così vicino alla nostra cultura di comandamento religioso per calarci nelle situazioni quotidiane.
Salve a tutti! Volevo condividere una riflessione sulla gioia compartecipe.
Questo concetto mi era stato spiegato come essere felici per la felicità altrui, mi chiesi per cosa essere felici per gli altri, perché le persone possono anche provare felicità non salute: facendo uso di droghe, alcolici; ma anche in un rapporto sentimentale disfunzionale, ottenendo guadagno da attività non etiche etc.
Per molto tempo nella mia pratica non l’ho proprio presa in considerazione, ora mi rendo conto che il punto è proprio il concetto di salutare e non salutare a fare la differenza nel poter provare questo tipo di gioia, di poter gioire per la felicità di chi si muove con metta, karuna, mudita e magari upekkha.
Mi sembra che in una stessa azione possono esserci sia il salutare che il non salutare, che fino ad ora è stato più facile concentrarsi sul non salutare, quando invece posso dare più attenzione al salutare senza per questo ignorare il resto.
Trovo fruttuoso fare questo tipo di osservazione con chi mi sta vicino anche nelle piccoli gesti. Un momento di gentilezza, di compassione risuona potentemente se riesco a focalizzarlo.
Salve a tutti.
Scrivo per condividere una parte della mia pratica che sento rivestire sempre maggior rilievo.
Osservando le mie reazioni interiori cerco di capire l’origine della pulsione a parlare e agire. Spesso trovo la mente nebbiosa, difficile da osservare.
Ieri, più di altre volte, ho notato quanto spesso sia presente il bisogno di approvazione da parte degli altri dietro il bisogno di parlare/agire.
La pulsione a parlare/agire diventa ancora più forte in quei casi in cui mi sento male interpretata o mal giudicata.
Ma cos’è che viene mal interpretato e mal giudicato? Lì ho potuto vedere il senso del sé, con tutti i colori con cui lo stavo dipingendo (gentile, educato, attento etc), che si sentiva privato di alcune delle proprie caratteristiche, che si sentiva sotto minaccia di essere cambiato, cancellato.
La brama di esistenza che si manifestava sotto forma di paura di non esistere.
Mi faccio domande del tipo: era o è proprio necessario parlare/agire? C’è una pulsione non salutare? C’è un senso del sé? Dietro cosa si nasconde questo senso del sé?
Quello che invece mi rimane proprio come dubbio è se si può pensare, parlare o agire davvero rettamente se dietro queste cose c’è il senso del sé. Al momento mi sembra di no.
Questa pratica mi reca molta calma e appagamento.
Il pensiero, la parola e l’azione possono essere motivati, ad esempio, da gratitudine, benevolenza e comprensione dellimpermanenza, cioè da non avidità, non avversione e non illusione. Ci accorgiamo che questo dona a noi e agli altri felicità, o comunque dirada la sofferenza. Lo sviluppo etico richiede questo, che è assolutamente fattibile e va apprezzato appieno.
I discorsi di Letizia in questo seminario mi hanno rimandato ad alcuni insegnamenti che sono per me riferimenti costanti e che, con gli anni, sono diventati punti sensibili nella vita quotidiana. Mi riferisco in particolare ad un discorso, ormai quasi “antico” (maggio 1999), dal titolo “Contemplare il kamma
http://digilander.libero.it/Ameco/sati993/letizia.htm
in cui Letizia – con alcuni semplici esempi di cose che capitano nella quotidianità quali fare l’elemosina ad un mendicante e discutere per un parcheggio – suggerisce come proprio la quotidianità possa essere una grande occasione di pratica. Esercitandosi così, si scopre poi che riconoscere un modo di fare o di sentire prima non visto e non “sentito” – come la “motivazione” con cui facciamo l’elemosina o lo stato d’animo dopo una discussione – aiuta ad avere una presenza più continua, accorgendosi di cosa si sta facendo, di cosa sta succedendo. Riconoscere ciò che si sta provando produce poi una gioia salutare che spinge a mantenere sempre più attiva questa presenza. Ben sapendo che tutto è molto più complesso, condizionato e intrecciato, ho pensato allora che “contemplare il kamma”, riflettere sul kamma e sulla responsabilità personale – che Letizia propone come “invito a onorare e a celebrare l’incredibile libertà che ci è data di plasmare il mondo della nostra esperienza” – possa essere inteso come un motore del processo di costruzione di Sila, di cui la gioia salutare che ne deriva è il carburante. Ma, come scrive Letizia negli appunti di questo seminario, anche Sila favorisce la felicità interiore nel circolo virtuoso dei fattori del sentiero. Comunque, trovo molto produttivo seguire con presenza, nelle infinite occasioni di pratica della quotidianità, l’intreccio tra Sila, il kamma e la gioia. Sarà un tema della seconda parte del seminario?
“Sarà un tema della seconda parte del seminario?”
Mah, Boris, direi che è un tema della seconda parte della vita (per me)
Innanzitutto, grazie moltissimo Letizia per questo seminario, che permette di chiarire punti cruciali e utili nella vita di ogni giorno, oltre che orientare la pratica meditativa.
Vorrei soffermarmi un momento sulla questione del LIMITE, che trovo ricorrente nelle tue trattazioni/istruzioni di questi anni (o almeno a me colpisce particolarmente …) e di cui hai detto martedì scorso.
Riconoscere il LIMITE, cioè che esiste il limite, ha rappresentato nel mio percorso meditativo una tappa molto importante; una dovrebbe averne compreso l’importanza già nell’adolescenza, si potrebbe dire, ma un conto è impararlo concettualmente e attraverso un’educazione o l’esperienza di vita e altro è stato per me sperimentarne il suo valore per liberare la mente, darle sollievo.
La ybris, quell’arroganza che i greci avevano bene indicato come tipica di chi non rispetta il volere degli dei, che in sostanza è, metaforicamente, il LIMITE posto all’umano, conduce alla rovina di sé e degli altri perché mantiene, credo di aver compreso, nell’illusione di poter essere, alla fine, onnipotenti. E allora, nell’illusione, ci si possono proporre obiettivi elevati, virtuosissimi, salvo poi rimanere delusi dalla propria incapacità nel raggiungerli e, magari, travolgere altri in questo sconforto. E così, si sta nella continua oscillazione tra il desiderio e lo scontento che caratterizza la vita comune.
“Rimanere coi piedi per terra”, stare nella realtà è aver compreso e accettato il LIMITE che è potenza, hai detto, perché libera dall’illusione, così ho compreso. Il LIMITE, quindi, come ‘memento’ di tutto il non sapere e il non essere che permette, appunto, il sollievo dall’avidità del divenire e libera la mente dall’affanno illusorio di dover inseguire qualcosa.
Nell’MBSR di Kabat-Zinn per la riduzione dello stress si suggerisce, come atteggiamento fondamentale di vita, di “rimanere sempre un po’ al di sotto del proprio limite percepito”; davvero un’indicazione controcorrente, se pensiamo alla società odierna e ai suoi “valori” (disvalori?)!
Credo che il LIMITE si sposi bene con la SOBRIETÁ, con il rispetto di una misura, così importanti oggi per contribuire, come abitanti consapevoli, a non maltrattare ulteriormente il nostro pianeta.
Ecco, è una riflessione che desideravo condividere perché ho trovato questo tema estremamente utile per orientare la mia pratica quotidiana, la rafforza soprattutto. Grazie Letizia, grazie davvero.
Avviso tutti i partecipanti che l’incontro di martedì 8 marzo si aprirà con un’ occasione di scambio e discussione in diretta, prima di procedere con la seconda parte del seminario.
La modalità (piccoli gruppi, plenaria o entrambi) dipenderà anche dal numero dei presenti.
Prendete nota che chiuderemo eccezionalmente alle 7.45. la parte dedicata alla discussione non verrà registrata
Sarà utile nella settimana precedente rivedere i testi e i temi toccati fin qui per mettere a fuoco domande e riflessioni da portare alla sessione.
Come sempre, chi non può partecipare di persona potrà usare l’area dei commenti per condividere (verranno integrati nella discussione)
Salve, ringrazio moltissimo per questo seminario.
Sīla rappresenta per me sempre di più la base che mi dà le “fondamenta” per affrontare le vicende della vita di relazione.
Spesso infatti, per momenti più o meno lunghi, regnano turbini di sensazioni/reazioni che restringono la mente e di fronte ai quali sono incapace di spostare l’attenzione da un particolare ritaglio dell’esperienza.
Tacere e valutare bene quello che è da dirsi diventa quindi fondamentale poiché costituisce un appoggio e una guida sicura per far passare il turbine e rendere il cuore più calmo.
Tacere fa soffrire perché una grande forza ti trascina ma se lo metti in atto dopo senti una grande pace.
Piano piano poi la sofferenza diventa un po’ meno coinvolgente e la capacità di spostare l’attenzione si rinforza fino, a volte, ad avere la chiarezza e la forza di dire solo qualche cosa di necessario e positivo.
Ho aggiornato la pagina con l’audio di martedì scorso e link o estratti da sutta sulla retta parola che ho citato. Ho aggiunto l’Abhaya Sutta del MN non citato martedì come complemento (sul tema: non è sempre il momento delle parole dolci, e c’è il momento per verità ‘scomode’ o sgradevoli da ascoltare)
Resto in attesa fiduciosa dei vostri pensieri e questioni nell’area dei commenti (non necessariamente rivolti a me)
Sono arrivato tardi per l’iscrizione … grazie quindi per la pubblicazione dell’audio dei seminari!!
“È l’azione salutare che fa buona la persona e non viceversa”. Questa affermazione è stata per me illuminante. La Mi ha anche rinnovato la consapevolezza che è benefico essere aiutata a ritornare su insegnamenti già ascoltati che però nel tempo hanno perso di nitidezza e forza.
Sono stato molto allietato e rinfrancato dall’incontro di ieri: è stato un po’ come portare nuova linfa vitale e profondità di significato e di pratica a un elemento fondamentale che era entrato un po’ nella sfera dell’abitudine.
Ho aggiornato la pagina con i testi citati ieri sera e il link alla cartella dove via via troverete i file audio.
Ciao a tutti oggi non sono riuscita a collegarmi. Vi conoscerò martedì prossimo
Grazie Letizia per questa opportunità
Grazie Letizia
Ciao a tutti a questa sera
Buongiorno a tutti e a tutte. Ci vediamo martedì pomeriggio.