FORUM 2020

Immagine1Letture dai Sutta: seminario online  13 gen – 24 feb

Questo è lo spazio di discussione riservato agli iscritti al seminario. Usate la sezione RISPONDI in fondo alla pagina per postare un commento.

La pagina verrà aggiornata settimanalmente con l’URL della VIDEOREGISTRAZIONE di ciascuna sessione. 

Vi ricordo che siete tenuti a NON CONDIVIDERE il link al Forum o alle videoconferenze con persone non iscritte al seminario o sui social media

Da questa pagina potrete scaricare la SCHEDA DEL SEMINARIO e gli altri TESTI e accedere ad altre risorse utili. In fondo alla pagina c’è un MODULO DI CONTATTO da usare solo per assistenza tecnica sull’accesso al webinar.

Links (per consultazione)

Schema Āgama/Nikāya

Glossario pali-inglese

Nyanatiloka’s Buddhist Dictionary

Dizionario dei nomi propri

Letture preliminari

  • Gombrich, R. What the Buddha Thought, Equinox 2. ed. 2013; trad. it. Il pensiero del Buddha, Adelphi 2012  (in particolare capp. 2-4 sul  contesto storico e filosofico degli insegnamenti del Buddha sul karma)
  • Anālayo, Rebirth and the West (il contesto storico-culturale dei fraintendimenti occidentali dei concetti di karma e rinascita nel buddhismo antico)

Altra bibliografia

Un manuale consigliato: Gunaratana, H. La felicità in otto passi, Astrolabio 2004 (in particolare pp. 28-83 sui primi due passi dell’ottuplice sentiero: retta visione e retta intenzione/motivazione. pp. 84-183  i tre fattori etici dell’ottuplice sentiero).

Utile vademecum per chiarire cosa il buddhismo antico NON insegna su karma e rinascita: Bhante Dhammika, Good Kamma! Bad Kamma! What Exactly is Kamma? 

DOCUMENTI

INFO E ISTRUZIONI TECNICHE

SCHEDA DEL SEMINARIO

TESTI

Titthāyatana Sutta AN 3 ITA

SamanamandikaSuttaMN78 ITA

Garantito MN 60- The Incontrovertible Teaching—Bhikkhu Bodhi

Nidāna ITA

AN 3.71 Channa ITA

SalaMN41 ITA

Dutiyabhava Sutta https://suttacentral.net/an3.77/en/sujato

MN136 Mahakammavibhanga S. ITA

SN 12.46- A Certain Brahmin—Bhikkhu Bodhi

SN 12.17- The Naked Ascetic Kassapa—Bhikkhu Bodhi

DITTHI-OPINIONI

SaleAN 3.100 Bodhi

SuonatorediconchigliaSN42.8

VIDEOREGISTRAZIONI 

vai alla pagina   VIDEO

52 risposte a “FORUM 2020”

  1. Vi segnalo una conversazione sul karma apparsa di recente sul forum internazionale Discuss & Discover dedicato ai testi del buddhismo originario e alle sue applicazioni contemporanee

    https://discourse.suttacentral.net/t/homeless-fellow-humans-having-a-bad-karma-issue/15202

    I senza tetto scontano un cattivo karma? Al di là dell’apparente assurdità della domanda, emerge dalla conversazione la presenza diffusa di una percezione dell’insegnamento sul karma come ‘fato’ o ‘espiazione’ – percezione che la conversazione a più voci dissipa inserendo utili richiami al reale insegnamento contenuto nei Discorsi (spesso ignorato dai buddhisti asiatici e occidentali, secolari o religiosi che siano) nonché spunti di riflessione personale, come il rapporto fra impegno sociale, compassione e comprensione del Dharma, e fra pratica per la liberazione, sofferenza e giustizia ecc.

    Per chi capisce l’inglese: uno dei post contiene un video con un discorso di Ajahn Brahmali sul tema, che si apre con un’utile premessa storico/testuale (l’autenticità degli Agama/Nikaya come espressione degli insegnamenti del Buddha storico) il resto riassume sostanzialmente i punti toccati nel nostro seminario e i comuni fraintendimenti del karma che Dhammika condensa nel suo libretto .

  2. Cari Partecipanti, copie delle videoregistrazioni delle sessioni di Letture dai Sutta sono state caricate su un canale YouTube (mille grazie alla generosa iniziativa di Elena!) dove potranno essere visionate a tempo indeterminato. Trovate i rispettivi link su questa pagina Forum.

    L’audio è molto buono e anche il testo è ben visibile (selezionate HD dalle impostazioni del lettore, cliccando sulla rotellina): il lieve appannamento e gli occasionali blocchi video si devono al fatto che sono copie effettuate dallo schermo di un dispositivo durante la riproduzione; ma sono più che validi per accompagnare la lettura dei testi!

    In fondo alla pagina trovate comunque i vecchi link alle registrazioni originali disponibili sulla piattaforma Adobe Connect, dove saranno accessibili ancora per qualche giorno dopo la scadenza del nostro abbonamento. Scegliete la ‘visualizzazione classica’ (attivando il plug-in Flash Adobe) per una riproduzione ottimale. Potete anche aprirli con un qualunque browser (immagino anche con tablet, ma non sono certa) ma l’effetto è meno buono.

    un caro saluto a tutte/i

  3. Cari Partecipanti, ho postato i due sutta letti stasera (testo annotato) e il link alla videoregistrazione della settima e ultima sessione di Letture dai Sutta.

    Il Forum resta a disposizione degli iscritti per commenti e domande e la consultazione del materiale.

    Nel frattempo, grazie a tutti per la partecipazione; buono studio e buona vita!

  4. patriziarani ha detto:

    Mentre al mattino sto andando al lavoro mi e’ sorto un pensiero” ma Kamma genera sempre dukka?” La risposta che mi sono data vorrei condividerla con voi perché non so se e’ corretta;”dipende”.
    Il Buddha ci dice che finche’ le azioni che compiamo -fisiche, mentali, verbali – sono generate dall’ignoranza ,appropriate e non appropriate che siano,sono fenomeni “volitivi” ossia generate dal desiderio di ottenere qualcosa. Queste azioni proprio perché “volitive” non permettono di uscire dal ciclo di nascita-invecchiamento-morte: esse sono fonte di un incessante ripetersi di dukka. Nell’origine-dipendente la volizione porta al sorgere della coscienza, che porta a sua volta al sorgere di fenomeni psico-fisici (nama-rupa), poi ai sei sensi (basi del contatto) ,al sorgere di sensazioni…..La sensazione piacevole stimola il desiderio, a volerne di piu’ e il successivo attaccamento che ne consegue porta a rimanere all’interno di un ciclo che assicura una nuova esistenza con nascita e morte. L’agire” volendo” mi verrebbe da dire e’ kamma fonte di dukka.
    La strada per uscire dal meccanismo non e’ pero’ il non-agire.
    Il Buddha ci da’ una ricetta: ci dice che tutti i fenomeni (volizioni comprese) sorgono, durano per un certo periodo e poi cessano .Ci dice anche che sorgono sulla base di specifiche condizioni e che cessano quando quelle condizioni cessano. Non sono monocausali ma generate da piu’ cause che si intrecciano fra di loro. Le situazioni, i fenomeni sono complessi ma c’e’una via di uscita. con l’ottuplice sentiero ci da’ istruzioni per modificare la” nostra” visione o percezione delL realta’, del “nostro” vissuto: poiché ogni cosa e’ soggetta a cambiare, a sorgere e poi a scomparire l”attaccarsi” (cosa per noi normale) e’ inevitabilmente fonte di dukka perché e’ inevitabilmente soggetta a una perdita o al cambiamento. la ricetta per la felicita’ diventa quindi il lasciar andare, non voler piu’ afferrare e tenere qualcosa a tutti i costi.
    Come prima cosa bisogna cercare di capire questo meccanismo:sperimentare per riconoscere che il desiderio(o l’avversione o il’gnoranza) e’ sempre alla base di ogni nostra azione e che a volte ci fa fare cose “insensate” per ottenere o respingere qualcosa. Bisogna essere onesti con gli altri ma soprattutto con sé stessi per prenderci la responsabilta’ delle nostre azioni fino in fondo (non e’ facile, sigh!).
    Concludo: l’azione “volitiva” che l’unica possibile per me adesso, genera comunque dukka perché mantiene nel ciclo nascita-morte. Tuttavia il preferire azioni “volitiive” appropriate,insieme al discernimento, aiuta ad orientare la mente , a lasciare impronte “salutari” utili nel percorso di cambiamento nella percezione della realta’ per poter progredire passo passo nel cammino. Si potrebbe cosi arrivare in un ipotetico futuro a produrre” kamma che non e’ né chiaro né scuro e porta a frutti né chiari né scuri” con la fine di dukka.

  5. Aggiunta sulla traduzione dei sutta. Chi non conosce l’inglese ma magari legge bene un’altra lingua oltre l’italiano, consideri che sul sito https://suttacentral.net/ può trovare (non sempre, ma spesso) altre versioni in lingue occidentali dei testi, anche se non si può garantire che siano sempre corrette o autorevoli: basta andare sul menu principale dei sutta (barra a sinistra), selezionare la raccolta o nikaya dove si trovano (es. SN sta per Samyutta Nikaya) e il numero o numeri sequenziali che lo individuano (es. 17). Il sistema presenta un riquadro che mostra una serie di dati, fra cui la presenza e il numero di traduzioni in lingue occidentali: cliccando sul link, si apre l’elenco, da cui si può scegliere. Quelle in tedesco sono generalmente di studiosi affidabili.

    All’inizio è un po’ laborioso e ci si perde fra le sigle e i link, ma per chi vuole familiarizzarsi con il mondo dei sutta vale la pena apprendere il sistema (senza contare che la pazienza, la perseveranza di fronte alle difficoltà, e l’interesse a conoscere il Dhamma sono esempi potenti di buon kamma!)

    Per decodificare le sigle, usate lo Schema Agama-Nikaya che ho messo sul Forum https://it.wikipedia.org/wiki/Agama_Nikaya

    Le traduzioni italiane che potreste trovare sul sito, invece, in generale sono poco attendibili, se non addirittura incomprensibili (perché rimaneggiate dall’inglese o da versioni italiane un po’ obsolete, senza tenere conto dell’originale pali).

  6. Cari Partecipanti, in attesa di “rivederci” lunedì 2 marzo, la conversazione prosegue sul FORUM (se volete) .
    Ho postato i pdf dei due nuovi sutta letti stasera sulla “via di mezzo”, e il link alla videoregistrazione della sessione sesta. Il Discorso sull’analisi estesa del kamma era già stato postato la volta precedente.
    Gli altri riferimenti e citazioni sono nella Scheda del seminario.

    Sulla pagina VIDEO https://letiziabaglioni.com/video/ trovate la scheda e il testo principale delle Letture dai Sutta 2019, che consiglio di rivedere relativamente ai cinque khandha e alle teorie sul sé e come superarle.

    Aggiungo un altro documento di citazioni DITTHI-OPINIONI (purtroppo in inglese, mia pigrizia!) sulla corretta prospettiva e a quali idee e domande fare e non fare attenzione.

    Buon tutto

  7. Elena ha detto:

    Condivido alcune riflessioni e vissuti generati dagli insegnamenti cui ci stiamo dedicando.

    Mi accorgo che in me la spinta a capire cercando di saturare è intensa, ma vedo anche che mi sento fiduciosa solo verso una concezione che, al contrario, sia ampia, che preveda che ci sia qualcosa al di là dell’esperienza che posso vivere e descrivere come essere umano in questo momento, che sia cioè previsto lo spazio per il mistero.
    E negli insegnamenti lo trovo proprio perché non sono saturi.
    Ho bisogno di una conoscenza che sia correlata all’esperienza, ma non in modo semplificato e riduttivo.
    Sono grata alla complessità che emerge negli insegnamenti, ma vado oltre. Mi pare che non si tratti solo di sospendere il giudizio sulla rinascita in attesa di capire in seguito, ma di considerare anche l’ipotesi che non si possa capire, almeno nel senso che generalmente diamo al termine. Penso anche che la conoscenza in seguito potrà assumere forme che adesso non posso immaginare (che è molto diverso dal dire che la scienza prima o poi arriverà a spiegare tutto), compresa la possibilità che con il proseguire del percorso queste stesse domande possano prendere un’altra forma o addirittura svanire.
    Trovo intanto fisiologico procedere osservando le resistenze che sorgono di fronte ad un Sutta, una prospettiva, una rappresentazione e lavorare su quelle. Questo mi permette a volte di vedere qualche aspetto cui sono affezionata e che fa da ostacolo e così allargare poco per volta il conosciuto.
    Per il momento intanto mi pare che questi insegnamenti aprano lo sguardo e permettano di leggere il processo della vita da un vertice diverso: non più l’individuo al centro, con la sua nascita e morte, ma una forza come la brama che genera il divenire di tutto ciò che diviene. E la “mia” vita individuale diventa uno spazio in cui la brama può essere riconosciuta, in cui si può lavorare.
    E le varie pratiche indicate come salutari, quelle etiche, gli stessi brahmavihara, hanno quella stessa caratteristica: di ammorbidire o far svanire i confini dell’individuo.

    A proposito del Sutta 135
    Mi pare che la difficoltà possa sorgere da una lettura secondo i criteri retributivi di premio o punizione. Supporre che qualcuno/qualcosa premi o punisca per le azioni di questa vita terrena infliggendo pene o elargendo premi in esistenze future, terrene o meno che siano, non è per me né credibile né utile.
    Se invece leggo il sutta come uno schema semplificato di alcuni nessi causali, lo trovo comprensibile ed istruttivo.
    E’ esperienza di tutti noi che assumere abitualmente certe attitudini generi conseguenze sullo stato psicologico e anche fisico della persona (effettivamente un’attitudine generalmente irosa con i suoi correlati non distende i lineamenti del volto e non permette al corpo di stare rilassato e muoversi armoniosamente), sul suo stato di salute (verificato persino dalla medicina occidentale, che prescrive di.. vivere senza tensioni) e sul campo relazionale (difficile che si generino rapporti collaborativi e fruttuosi attorno a chi è invidioso o perennemente adirato).

    Inoltre nascere con determinate condizioni non significa dover vivere tutta l’esistenza con quelle modalità. Non avere successo a causa dei tipi di relazioni che si tende ad instaurare può, questa è l’ipotesi, essere una condizione di partenza in una certa esistenza, ma si può proseguire in quell’attitudine oppure, per condizioni varie, questa si può modificare. E il kamma continua a lavorare, in questo caso con conseguenze diverse. Dunque quelle descritte non sono “condanne” o “garanzie”.

    Ancora un aspetto: il Sutta descrive attitudini e non singole azioni sporadiche. Dunque, come già indicava Dhammika nel suo scritto e come riprendeva Letizia nell’ultimo incontro, il kamma “pesante” è l’abitudine, che viene rafforzata ogni volta che ripetiamo quel movimento del cuore/mente e invece si sgretola man mano con il susseguirsi delle occasioni in cui ci muoviamo in modo diverso.

    Comunque la descrizione che fa di cause e conseguenze non è offerta come strumento per utilizzare l’insegnamento a rovescio: cioè non è un insegnamento che suggerisce di considerare ciò che soggettivamente o culturalmente in un certo periodo viene considerato “brutto” (o povero o di successo e così via) come conseguenza di un certo kamma. Qui si tratta di riflettere sulle proprie azioni. Come suggerisce Dhammika nello scritto suggerito da Letizia tra le letture preliminari, è già così difficile riconoscere le nostre intenzioni e lavorarle, che è meglio non occuparsi del kamma altrui.

    Noto che questi insegnamenti sembrano prendere le persone dove sono e a partire di lì indicare un altro modo di vedere le cose, più che essere insegnamenti definitivi su ciascun tema.
    Ancora grazie a Letizia che permette di studiare tutto ciò nell’insieme e nel contesto complessivo; è un’opportunità preziosa.

  8. Cari Partecipanti, ho postato il link alla videoregistrazione della quinta sessione del seminario, e il pdf di MN 136 di cui abbiamo letto stasera la prima parte.

    Suggerisco di far precedere la (ri) lettura del testo dalla lettura della Scheda del Seminario per quanto riguarda i punti trattati rispetto alla dinamica complessa e non deterministica fra kamma e vipaka e il confronto con il “discorso breve sull’analisi del kamma” MN 135

    Sul concetto di “esistenza” o “mondo di esperienza”, in relazione in particolare ai frutti della virtù, consiglio poi di vedere la Scheda del Seminario Le fonti della gioia, al punto 4 (scaricabile dalla pagina VIDEO del blog)

  9. rani patrizia ha detto:

    Brevissima riflessione su cio’ che e’ bene per se’ , per l’altro , per se’ e per l’altro.
    Nel vivere quotidiano ‘ mi sembra che la tendenza prevalente sia quella o egoistica in cui si fa prevalere il “proprio” bene o il proprio “Io” su quello dell’altro oppure si finisce per rimanere vittime delle situazioni per senso di dovere, senso di colpa o rimorso.In entrambi i casi il vissuto (tralasciamo qui l’etica) e’ in genere non salutare e puo’ diventare fonte di una profonda insoddisfazione- consapevole o non -e di una una chiusura del cuore.
    Diventa utile in questi casi esercitare il discernimento prendendo le distanze e valutando di volta in volta cosa e’ il meglio che si puo’ fare rispettando tutte le parti in causa la’ dove e’ possibile.
    L’etica e la pratica del Dahmma sono una guida, la consapevolezza porta ad essere presenti ed ad avere chiarezza, a capire meglio i meccanismi della mente; la meditazione calma la reattività. Ma mi sembra importannte anche mettersi in ascolto per sentire se il cuore goisce oppure si chiude. Ricordo infine che il Buddha invita i praticanti a non rinunciare alla propria pratica nel cammino verso la liberzione qualunque sia la situazione vissuta in quel momento.

  10. Fai clic per accedere a chanda-il-desiderio.pdf

    Fai clic per accedere a manaconceit.pdf

    In attesa di riprendere le Letture e alcuni spunti dai vostri commenti, posto qui i link a due schede del webinar 2019 su i concetti di “desiderio” e “io sono” nei Discorsi antichi, in risposta ad alcuni punti toccati, rispettivamente, da Patrizia e Roberta.

    Direi che, nella prospettiva dei Discorsi, “agire senza desiderio e identificazione”, non è possibile (né consigliabile, senza operare scissioni o dissociazioni non utili a livello psicologico) a meno di non essere un arahant. L’ottuplice sentiero è visto come un processo organico di educazione e orientamento del desiderio verso obiettivi eticamente salutari e la coltivazione dei fattori del risveglio: in particolare di una ristrutturazione dei valori e della percezione (vipassana), e una coltivazione attiva del potenziale della mente cuore (samatha) sotto l’egida della retta visione, che rendono possibile l’abbandono delle tre forme di sete o brama (fra cui quella di divenire).

    Circa l’io come “problema”: il problema o il “vincolo” da superare per accedere al sentiero non è “l’io” ma le teorie o idee circa l’identità (sakkaya ditthi), basate sull’attribuire ai cinque khandha un sé o immaginare il proprio sé dentro o fuori dei cinque khandha. Questo è il compito primario e indispensabile, che sostituisce con la percezione dell’impermanenza e della condizionalità la percezione della compattezza e della permanenza (in colui/colei che si addestra)
    Invece, la costruzione dell’ “io sono” (vedi scheda) è un attività sottile che resta fino all’abbandono definitivo dell’ignoranza, ma si può osservare come sorge e cessa nella mente addestrata dotata di presenza mentale e discernimento.
    Nulla da superare, nessun problema, se non un modo di pensare e impostare i problemi che, secondo il Buddha, porta ad altri problemi e non alla libertà.

  11. patriziarani ha detto:

    Nel testo di Gombrich-“Il pensiero del Buddha”- si asserisce che ai tempi del Buddha la rinascita era data per scontata.Si credeva che al centro di ciascun essere umano ci fosse un’entita’ durevole che trasmigrava di vita in vita e che sarebbe durata eternamente. Alcuni credevano che la forma in cui si rinasce fosse influenzata dal comportamento avuto in precedenza.
    Il Buddha introduce per la prima volta una valenza etica dell’azione e fa dipendere l’azione dall’intenzione. Cio’ significa che il comportamento porta a buone o cattive rinascite sulla terra; le rinascite continuano finche’ c’e’ il desiderio di voler “essere”;
    li voler esistere in un determinato stato di esistenza “inferiore” porta a rimanere presi nel meccanismo. Per sfuggire al ciclo delle rinascite occorre agire non guidati dal desiderio, senza secondi fini o per qualche aspettativa, senza desiderio di appropriazione né identificazione.
    Anche se non si crede nelle rinascite- argomento ostico per chi e’ cresciuto in occidente- ci sono comunque buoni motivi per avere comportamenti adeguati ci dice il Buddha: c’e’ gia’ un ritorno in questa vita. Forse anche nelle prossime.
    Si potrebbe anche pensare a ri-nascita come a un modo diverso rispetto a quello ordinario di esperire la realta’,vederla con occhi nuovi seguendo un percorso che migliora la mente sotto il profilo etico e col tempo sotto quello intellettuale.

  12. Santa ha detto:

    Una prima riflessione riguarda l’invito di Letizia, a lavorare sulla capacità di percepire ciò che è bene per me, è bene per l’altro, è bene per me e per l’altro. Ho cercato di praticare avendo questo interrogativo nel cuore.
    Penso che la “tripartizione” di “ciò che è bene” venga ripetuta dal Buddha, in forma quasi rituale, allo scopo di attirare la nostra attenzione su un elemento fondamentale che è quello dell’interdipendenza. Ciò che è bene solo per me nasce, a mia esperienza, da un cuore inquinato da una o da tutte e tre le radici negative. Ciò che è bene solo per l’altro mi pare di riconoscere che si radichi soprattutto nell’illusione ( il sacrificio, il dover essere sono alcune delle sue forme che riconosco) ma forse anche nell’avversione verso me stessa.
    Per quanto riguarda il concetto di “rinascita”, l’introduzione, nell’ultima sessione, del concetto di “bhava” (desiderio di esistenza) mi ha fornito una chiave per accostarmi a questo concetto libera da precedenti pregiudizi e/o avidità di risposte. Mi pare di capire che la rinascita di cui parliamo è sostanzialmente un evento mentale quale è sostanzialmente il desiderio di esistenza. La mente avida, pervasa d’odio, illusa fa nascere l’idea di “io”, “me” ed è l’Io, così risorto, che genera comportamenti non salutari con il corpo, la parola, la mente e i mezzi di sussistenza. Evocare Sati ci aiuta ad abbandonare ciò che è nocivo. Ma, attenzione, l’Io può risorgere anche da una mente non avida, non avversiva, non illusa se essa, si identifica con il “suo” agire salutare. In questo caso è risorto il desiderio di esistenza!!!
    E’ proprio vero “tutto nasce nella mente” e lo riscopro ogni volta che mi fermo e mi chiedo “com’è il cuore in questo momento?”. C’è sempre una risposta e per quanto non sempre chiara rivela spesso un disagio, ovvero una eccitazione, rivela dukka; ma talvolta anche una sorta di quiete, di agio. E’ questa la campana della consapevolezza che mi fa dire “aspetta, cos’è questo? vediamo meglio!”. Cos’è qui dukka? Cos’è qui agio?

  13. Roberta Bravin ha detto:

    Buongiorno a tutti/e,
    la questione posta da Andrea è anche per me importantissima e mi ha lasciato per tutta la settimana un po’ confusa.
    Riflettendo sul tema sviluppato da Letizia lunedì e cercando di individuare un filo conduttore che mi facesse un po’ di chiarezza, ho cercato di approfondire il significato del termine BHAVA, che, come Letizia ha sottolineato, è fondamentale. Nel dizionario pali-inglese la definizione è questa:
    BHAVA: Becoming. States of being that develop first in the mind and can then be experienced as internal worlds and/or as worlds on an external level. There are three levels of becoming: on the sensual level, the level of form, and the level of formlessness.
    Divenire. Stati dell’essere che si sviluppano per primi nella mente e possono quindi essere vissuti come mondi interni e / o come mondi a livello esterno. Esistono tre livelli di divenire: a livello sensuale, a livello di forma e a livello di mancanza di forma.

    In altre fonti ho continuato a trovare “divenire, esistenza, continuità”

    Mi ha colpito molto la focalizzazione sul DIVENIRE, sul fatto che l’esistenza è DIVENIRE e quindi, in quanto divenire, è sottoposta alla dimensione dello spazio e del tempo. Quanto segue è il tentativo di esporre ciò che credo di aver compreso.
    É il desiderio di esistenza, la “brama” di esistenza che fa sorgere il mondo, un mondo. Il desiderio di esistenza è un desiderio potentissimo, che salvaguarda la Vita stessa, ma è anche quello che ci lega, appunto, al divenire. Il kamma, così mi pare di aver capito, ci mantiene nel divenire poiché favorisce la nascita (non la determina poiché, ci dice il Buddha, ci sono anche altre variabili che intervengono e questa mi sembra un’affermazione importantissima e saggissima) in un certo piano di esistenza; naturalmente, questo accade finché noi manteniamo il desiderio di esistenza. Questo desiderio, che può manifestarsi anche come forte brama, è strettamente legato all’Io, all’identità individuale e al suo mantenimento. Non si tratta del mantenimento di un Io definito, ma dell’identità individuale che assume caratteristiche diverse in base al tipo di legame che si ha con un certo tipo di esistenza. Non è un io preciso che si “incarna” di volta in volta, ma si costituisce un certo Io in base al tipo di “mondo” dove si dirige la nostra brama di esistenza. Il “problema”, quindi, chiamiamolo così, è l’Io; per questo, credo, il Buddha pone l’accento sul superamento dell’Io, poiché solo in tal modo si estinguerebbe anche la brama.
    Mi piace rappresentare questo passaggio come una porta, dove spazio e tempo che ci permettono di esistere, ma, allo stesso tempo, ci “imprigionano” nell’esistenza, siano “superati”, oltrepassati. Si tratterebbe di sperimentare la non-esistenza nell’esistenza (il suicidio e l’inazione sarebbero, ovviamente, inutili e sciocchi poiché non risolverebbero un bel niente) che non può che procurare profonda pace.
    Un bel paradosso! Si capisce perché ciò possa avvenire solo nel presente, nel qui e ora, poiché solo “oltrepassando” lo Spazio e il Tempo, il divenire cioè, si può sperimentare il paradosso. Mi pare di capire che questa sia la condizione dell’Arahant, che ha estinto la sua brama di esistenza e quindi anche il kamma, ma continua a vivere, non è morto.
    Ritorna, allora, SATI come strumento e condizione fondamentale di tutto il percorso, poiché ci permette di “ricordare” il Sentiero stesso e di guidarci nel percorrerlo. Per me è davvero come un faro.
    Beh, la coerenza che trovo in questa Via mi stupisce ogni volta di più e, come ha scritto Elizabeth una settimana fa, mi nutre profondamente nella fiducia e nell’energia.
    Per favore, Letizia, ti prego di correggere se sono uscita dal seminato …

  14. Sandra ha detto:

    Rispondo volentieri alla richiesta di Letizia perché mi sono posta anch’io da tempo le stesse domande che ora pone Andrea. E sono passata attraverso due fasi.
    In un primo tempo, agli inizi della pratica, ha operato una sospensione di giudizio, non mi sentivo di prendere una posizione definita, in attesa di una maggior comprensione del pensiero del Buddha.
    In una secondo momento però è subentrata una accettazione fiduciosa, non acritica però. Mi spiego: stavo verificando che quello che insegnava il Buddha nell’ambito meditativo e sullo sviluppo spirituale era realmente sperimentabile, quindi perché non avrei dovuto fidarmi di quanto il Buddha insegnava sui temi di kamma e rinascita? La mia comprensione su questi temi era ed è ancora limitata, ma intuisco che ci sono molte tessere da sistemare nel grande mosaico che costituisce l’insegnamento del Buddha, nei cui confronti nutro sempre più ammirazione e fiducia.
    Detto questo, mi sembra che Analayo risponda esaurientemente alla prima domanda di Andrea riguardo al ruolo dell’idea di rinascita negli insegnamenti antichi. Riporto una parte del suo testo “Rebirth and the West” da me tradotta: “Sebbene né affermare né rifiutare la rinascita possa essere un punto di vista iniziale ragionevole per un buddhista occidentale che segua l’ottuplice sentiero, rimane sicuramente necessario che egli comprenda la rinascita.
    La dottrina della rinascita è una parte integrale degli insegnamenti del buddhismo originario. I quattro livelli di risveglio sono descritti in termini di effetti sulle future rinascite. Lo stesso risveglio del Buddha richiese tre alte conoscenze, due delle quali sono una testimonianza diretta delle sue precedenti rinascite e di altri esseri deceduti e rinati.
    Per comprendere, e per non parlare di insegnare, il Dharma, è indispensabile essere informati sulle idee basilari e sui ragionamenti sottostanti la dottrina della rinascita. Ciò non richiede fede ma solo comprensione. “
    Questo seminario mi sta realmente aiutando a comprendere che l’idea di “rinascita” stratificata nelle mie conoscenze era quella tipica della reincarnazione di stampo induista, ma il pensiero del Buddha è assolutamente rivoluzionario anche per le idee del tempo. E di conseguenza mi sembra di capire che concepire la rinascita in un piano di esistenza fisico reale corrispondente ad un determinato mondo, sia un’idea più vicina al concetto di reincarnazione induista. Penso invece che i piani di esistenza di cui parla il Buddha siano riferiti a puri stati di coscienza: non occorre essere veri animali per vivere da animale, né essere veri angeli per vivere in modo angelico.
    A questo punto però ho anch’io una domanda da porre: che rapporto c’è tra bhava e vinnana?

  15. Andrea ha detto:

    Cara Letizia, cari tutti,
    questa volta ho una domanda perché temo di essere un po’ confuso sulla questione rinascite, piani di esistenza, etc.
    Da un lato capisco che il Buddha, parlando a persone che non sono suoi seguaci e che non hanno fede precisa, suggerisce di accettare come ipotesi di lavoro l’idea che vi sia un altro mondo dopo la morte. E mi sembra di capire che nei testi si dia quasi per scontata la rinascita (vedi il passo del MN 41 – se un laico che osserva una condotta morale e giusta formulasse l’aspirazione: “Oh, se alla dissoluzione del corpo, dopo morto, potessi riapparire in compagnia di aristocratici di grande ricchezza!”, è possibile che ciò avvenga . Perché? Perché osserva una condotta morale e giusta -)

    D’altra parte mi sembra di capire che il termine bhava non debba essere interpretato unicamente come rinascita; che, nei testi antichi, per chi segue gli insegnamenti del Buddha l’aspirazione non sia quella di ottenere buone rinascite o di uscire dalla ruota delle esistenze ma di accedere qui e ora alla liberazione del cuore; che la questione centrale sia quella della messa in crisi dell’identità, non l’evadere con la propria identità dal ciclo di rinascite.

    Alla fine però non mi è chiaro che ruolo abbia l’idea di rinascita negli insegnamenti antichi: ha un ruolo importante negli insegnamenti del Buddha secondo i testi antichi o è solo un’idea presente nella cultura dell’epoca che il Buddha suggerisce di accettare come ipotesi di lavoro a chi non segue il suo insegnamento, perché comunque aiuta a indirizzare verso comportamenti salutari?
    I diversi piani di esistenza sono intesi come esistenze individuali reali diverse dalla esistenza in forma umana ( cioè esistono gli spiriti affamati, gli Dei,….) o sono descrizioni dei mondi diversi che sorgono all’esperienza ?
    Scusate se ho un po’ semplificato e banalizzato, ma sento di non aver compreso chiaramente.

    • Grazie Andrea, credo tu abbia espresso chiaramente due punti sui quali i Sutta, che non sono un trattato filosofico sistematico, ci lasciano perplessi e richiedono da parte nostra uno di quei famosi spostamenti di prospettiva per poterci ‘parlare’ e (per quanto sembri assurdo a prima vista) anche ‘ascoltare’ . Lunedì riprendiamo il discorso ma nel frattempo sarei lieta di sapere cone altri intendono le questioni poste da Andrea.

      • giorgionitti ha detto:

        RIPORTO QUI IL COMMENTO CHE HO POSTATO IN UN PUNTO SBAGLIATO DEL BLOG

        Secondo me non è possibile dare una risposta certa alle questioni poste da Andrea. Ci separano ben più di due millenni dalla cultura in cui è sorto, è maturato, e si evoluto il buddismo. Che personalmente non ascriverei all’insegnamento di un solo uomo, Gotama, ma anche alla ricerca spirituale originatasi dal seme da lui piantato, condotta dai suoi discepoli attraverso i secoli, i paesi e le diverse culture in cui si è radicato il buddismo (similmente a quanto accaduto per il cristianesimo). Per quanto mi riguarda tendo a prendere l’insegnamento dei sutta proprio con lo spirito con cui il Buddha si rivolge ai laici di Sālā: le accetto come ipotesi di lavoro da sperimentare nelle innumerevoli ‘rinascite’ della mia mente durante questa vita, senza pormi la questione se i cicli e piani di esistenza superiori o inferiori abbiano una realtà intrinseca (anche se ci sono alcune intriganti analogie tra concetti buddisti quali l’impermanenza e il vuoto quantistico; la mente che si dilata con l’estinguersi del dialogo interiore e i condensati di Bose-Einstein…)

  16. Cari Partecipanti, ho postato il link alla registrazione della quarta sessione di Letture dai Sutta, più il testo in italiano di MN 41. La traduzione del breve Nidana Sutta letto stasera è contenuta nel pdf Nidana già pubblicato. Per AN 3.77 (e il sutta che lo precede di contenuto quasi identico sulla definizione di bhava) do il link alle versioni disponibili su suttacentral.net (si possono selezionare dal menu)

    • https://www.dhammatalks.org/suttas/AN/AN3_66.html Al minuto 0:25:15 ho avuto un vuoto di memoria (capita alla mia età con i nomi, perfino dei parenti..) quindi ecco qui il link a una traduzione inglese del molto citato Kalama Sutta (i Kalama sono un clan della città di Kesaputta, in Kosala; come i cittadini di Sala, sembrano aver presente gli inconvenienti di avidità, odio e illusione e i benefici delle contrapposte motivazioni)

    • giorgionitti ha detto:

      Secondo me non è possibile dare una risposta certa alle questioni poste da Andrea. Ci separano ben più di due millenni dalla cultura in cui è sorto, è maturato, e si evoluto il buddismo. Che personalmente non ascriverei all’insegnamento di un solo uomo, Gotama, ma anche alla ricerca spirituale originatasi dal seme da lui piantato, condotta dai suoi discepoli attraverso i secoli, i paesi e le diverse culture in cui si è radicato il buddismo (similmente a quanto accaduto per il cristianesimo). Per quanto mi riguarda tendo a prendere l’insegnamento dei sutta proprio con lo spirito con cui il Buddha si rivolge ai laici di Sālā: le accetto come ipotesi di lavoro da sperimentare nelle innumerevoli ‘rinascite’ della mia mente durante questa vita, senza pormi la questione se i cicli e piani di esistenza superiori o inferiori abbiano una realtà intrinseca (anche se ci sono alcune intriganti analogie tra concetti buddisti quali l’impermanenza e il vuoto quantistico; la consapevolezza che si dilata con l’estinguersi del dialogo interiore e i condensati di Bose-Einstein…)

  17. Elizabeth ha detto:

    Gli incontri e le letture di queste settimane mi hanno portato ad un’apertura che capisco era fondamentale se davvero aspiro di progredire sul cammino.
    Da bambina ho dovuto frequentare scuole cattoliche, direi bigotte, e crescevo conscio del fatto che non credevo in Dio ma che stavo facendo finta per piacere ałle insegnanti. Poi da adolescente, dopo un trasloco in una città priva di un liceo cattolico, ho ‘rotto’ con andare in chiesa con la famiglia ecc.
    Agli inizi della pratica ero molto attratta dal non dover credere ciecamente ma dal invito di provare e vedere – e ho visto molto cose che mi hanno convinto di proseguire. Ma ho praticato scegliendo. Ignoravo gli insegnamenti sul kamma perché credevo erroneamente che implicavano la necessità di credere nella rinascita. Pensavo che in fondo bastava vivere con etica.
    L’articolo di Analayo ‘Rebirth and the West’ e le letture dai Sutta che ci ha proposta Letizia mi hanno fatto capire meglio. Mi viene da dire che il mio cuore si è aperto al Buddha. La fiducia non è più selettiva. Adesso capisco la retta visione come ‘precursore dell’alba’ – vedo più chiaramente.

  18. Andrea ha detto:

    Questa settimana è stata una settimana di acquisti, fatti e ipotizzati, così ho avuto modo di osservare da vicino come il desiderio generi proliferazione, frammentazione e restringimento del campo di esperienza
    Vi racconto la situazione, di per sé banale: si è rotta la lavatrice e ho dovuto acquistarne una nuova. Contemporaneamente stavo pensando di acquistare una scheda audio per registrarmi quando suono.
    Così mi sono messo a navigare fra volantini, specifiche, video di recensioni di prodotti, negozi; mi sono accorto che il desiderio di fare un buon acquisto e la paura di farne uno sbagliato mi portano a moltiplicare le ricerche, a un proliferare di pensieri e preoccupazioni (“e se prendessi un modello che ha anche questa funzione?,” ….) a uno stato di agitazione proporzionale all’investimento sull’oggetto, quindi ovviamente maggiore per la scheda audio che non per la lavatrice. Così mi sono ritrovato a faticare un po’ ad addormentarmi perché continuavo a pensare all’oggetto desiderato; durante la giornata mi sentivo diviso perché non avrei voluto essere dov’ero ma avrei voluto occuparmi del giocattolo mentale che mi ero costruito; mi sono scoperto molto meno aperto al resto dell’esperienza. Tutto ciò poi senza neppure aver acquistato la scheda (la lavatrice si!). Una vera fabbrica di kamma e dukkha, insomma!

    Mi accorgo invece che posare questo desiderio consente di ritrovare uno spazio silenzioso, vivo e integro, permette di rispondere con azioni più congruenti alla situazione, allarga lo sguardo, porta aria fresca, leggerezza.
    Buona serata

  19. Cari Partecipanti, ho pubblicato su questa pagina il link alla terza sessione del seminario. E i pdf dei due nuovi sutta letti stasera. La citazione dall’AN (similitudine dei semi) è sulla Scheda del Seminario.

    • Giorgio Nitti ha detto:

      Grazie Letizia per aver postato immediatamente il link alla 3a sessione. Lunedì mi è andato in crash il PC dopo 20 minuti e mi ci sono volute 2 ore per ripristinarlo.

      Nel seguire la parte del seminario che avevo perso, mi sono accorto di avere bisogno di capire meglio il rapporto tra le 4 azioni descritte nel Kukkuravadikasutta, esposte nella 2a sessione, e le 3 fonti, temperanza, benevolenza e chiarezza, produttive di attività positiva di cui si parla nel Pathimanadanasutta: se l’attività (kamma) nata da queste porta di per sé alla fine dell’attività, allora non ci sarebbe bisogno di quella speciale motivazione ad abbandonare le altre forme di azione per arrivare alla pace; basterebbe sviluppare le motivazioni positive e abbandonare quelle negative: mi sembra che ci sia qualcosa che mi sfugge.

  20. rani patrizia ha detto:

    Anch’io sono rimasta colpita dal modello “perfetto” che il Buddha ci’ invita a verificare nell’esperienza quotidiana. Mi ha anche colpito che il modello del” bambinetto in Fasce” che fa riferimento a qualita’ in un certo qual modo invidiabili per un adulto e’ di fatto incompleto e diventa se mai un punto di partenza per andare ben oltre. Il Buddha ci invita a fare attenzione alle nostre azioni, fisiche , verbali e di pensiero perché molte azioni (quelle non salutari) hanno radice nel desiderio, avversione o illusione; agisco,parlo penso perché voglio qualcosa o non voglio quella determinata cosa oppure perché sono questo o non voglio esserequello o perché ho semplicemente una visione distorta legata all ‘”io sono cosi”,o alla appropriazione….
    L’azione che nasce da queste radici non e’ salutare, non puo’ portare a gioia duratura ne’ aiuta nel percorso. Salutare e’ cio’ che nasce dalla non approprizione, da un dare senza secondi fini o intenti. Il desiderio esiste . Ma se tutto cio’ che esperiamo e traduciamo poi in azioni,pensieri e parole nasce nella mente (multiforme e variegata perché ogni volta muta ed assume la forma di quel preciso momento) allora essere consapevoli di cio’ che nasce nella mente, farne un’esperienza diretta e consapevole, capirne le cause permette poi di poter capire cio’ che e’ salutare e cio’ che non lo e’: permette quindi applicare il discernimento ossia decidere cosa e ‘ il meglio da fare in quella precisa situazione.Tutto cio’ richiede perseveranza e risolutezza perché il cammino non e’ facile,ed e’pieno di continue ricadute. Utile ricordarsii pero’ che e’ graduale.

  21. Sandra ha detto:

    Anche a me Il discorso di Letizia nella seconda sessione, ha dato parecchi spunti di riflessione nel corso della settimana. Un primo impatto e stato quello di ammirazione per il “modello scientifico” (come anche Giorgio lo aveva definito nella chat) di apprendimento e conoscenza, che percorre tutto l’insegnamento del Buddha.
    Sento il tema della condizionalità estremamente interessante: un fenomeno è sempre retto da una molteplicità di cause e condizioni, ma non tutte sono rivelanti al fine di creare kamma ( si potrebbe usare il termine tratto dal linguaggio matematico che ci sono “condizioni necessarie e sufficienti”?). Questo implica che nel modo reattivo di procedere dei cinque Khandha c’è un punto della catena in cui si inserisce una possibilità di scelta, una libertà, data dal discernimento. E’ questa possibilità di scelta che è in grado di deviare il percorso originato dalle tre radici avidità/avversione/illusione ed è questo che crea Kamma. Per l’autodeterminazione Sati è ovviamente fondamentale, come sottolineava Roberta in un precedente post, ma la retta conoscenza (di ciò che è salutare e di ciò che non lo è) è imprescindibile perché il discernimento si sviluppa grazie ad essa. Il Samanamandikappa Sutta lo spiega bene: le intenzioni che provengono dalle tre radici non sono salutari, se se ne vede l’origine e se ne sperimentano gli effetti nel citta, sperimentiamo la cessazione. Mi sembra che l’esempio pratico fatto da Marisa vada in questa direzione.
    Forse c’è un parallelo con il concetto di libero arbitrio nella dottrina cristiana, ma non conosco bene l’argomento che comunque esula dai nostri discorsi.

    • “condizioni necessarie e sufficienti”

      l’analisi delle varie forme di nesso causale, con relativa definizione, è tipica dell’Abhidhamma, non dei sutta, che hanno uno scopo eminentemente pratico e soteriologico, non classificatorio. (Proverò a spiegare in modo semplice quello che serve a noi).

      Nei sutta troviamo come paradigma principale (ma non esclusivo) quello denominato, in pali, “idapaccayata”, che si può rendere con “condizionalità specifica”:
      dato A può esserci B; se A si modifica o cessa, B si modifica e cessa. Non afferma che dove c’è A c’è necessariamente B; o che A sia la condizione sufficiente per l’esserci di B.

      Per quel che capisco, una condizione “necessaria e sufficiente”, in matematica e in logica, esprime un nesso molto ‘forte’, di equivalenza, fra presupposto e proprietà, o fra ipotesi e tesi. Quindi non credo si applichi qui.

      Inoltre, A (in quanto “origine” o nidana, in pali) può essere rappresentato da più fattori alla pari, ad esempio: il contatto presuppone l’organo di senso, il rispettivo oggetto, e la coscienza che sorge in dipendenza dai due. Nessuno dei tre è pensabile da solo, e nessuno è condizione indipendente (a sua volta, la coscienza dipende dai sankhara, che sono condizionati dall’ignoranza). Tuttavia, l’investigazione secondo i nessi causali è l’arte di capire, a seconda del compito o l’ambito di applicazione, quali condizioni tenere presenti o sulle quali operare. Soprattutto, al Buddha interessa la cessazione e il cambiamento, non la descrizione di un fenomeno fine a se stesso o la dimostrazione di una ipotesi.

      Es: Cosa tiene in piedi, qui e ora, questo impedimento alla concentrazione? La risposta non può risalire ad Adamo ed Eva, o enucleare una condizione unica, accidentale, idiosincratica, periferica. La risposta chiamerà in causa l’attenzione, la percezione e l’intenzione come fattori chiave o condizioni ‘sensibili’ (cioè elementi che possono essere modificati qui e ora).

      Nel caso del kamma, le 3 radici salutari e le 3 non salutari sono indicate come origine e condizione necessaria (ma non sufficiente) perché ci sia kamma salutare o non salutare (o misto). Ecco perché calpestare una formica accidentalmente, in mancanza di una intenzione di avversione, illusione o avidità (leggi: mio comfort, e al diavolo le formiche) non è kamma, anche se purtroppo la formica muore lo stesso. Come pure, la presenza della tendenza latente all’avversione nella mia mente (non essendo un arahant o un anagami) non determina che ucciderò le formiche. Tuttavia, se la tendenza latente è sradicata, tutta una serie di azioni (kamma) non saranno possibili o pensabili.

      L’autodeterminazione c’è comunque, anche in mancanza di sati: ma sati per definizione è uno stato che lascia andare la brama e l’avversione, quindi di per sé è incompatibile con azioni nocive. Non bisogna confondere sati con il semplice essere coscienti. Lo scopo di coltivare sati non è poter scegliere (lo facciamo già) ma gettare i presupposti degli altri fattori del risveglio e modificare radicalmente il modus operandi della mente, sottraendola alla rete karmica (ciclo continuo di azione e reazione, cause ed effetti). Non la libertà di scegliere, ma la libertà da dukkha (anche la volontà è dukkha, hai mai notato?)

  22. Andrea ha detto:

    Care e cari,
    questa settimana ho provato a immedesimarmi nei due punti di vista etici proposti da Uggāhamāna e dal Buddha: il primo mi sembra decisamente ragionevole, immediatamente condivisibile, però lo sento statico, sterile, un po’ tautologico: per essere virtuosi bisogna…essere virtuosi.

    Il modello etico proposto da Uggāhamāna mi sembra focalizzato sul risultato: questo risveglia in me una attitudine al giudizio che non è produttiva; quando mi giudico colpevole parte il lavorio del senso di colpa che mi impiglia in un arrovellamento doloroso e inutile. Quando mi assolvo parte il lavorio dell’orgoglio che mi impantana in uno stagno di immobilità.

    Un domanda: il richiamo ironico del Buddha al bimbetto in fasce mi sembra suggerire anche che il mondo del bimbetto, pur se innocente, è molto limitato, tutto chiuso nella soddisfazione dei propri bisogni e in qualche reazione automatica (i calcetti, l’agitarsi un po’). E’ possibile ci sia anche questa sfumatura? Assumendo il punto di vista di Uggāhamāna mi sembra che emerga un mondo un po’ così: piccolo, ristretto.

    Il punto di vista del Buddha invece inizialmente mi spiazza un po’, sento che non colgo tutto ciò che il Buddha dice: percepisco però una proposta dinamica, ariosa, un percorso che si approfondisce.
    In particolare mi sembra che il richiamo a sati, a conoscere in presa diretta, apra a un percorso che si può approfondire e raffinare progressivamente. Man mano che sati si stabilisce e si radica, mi accorgo di azioni, intenzioni, della loro origine etc.., che invece prima non vedevo nemmeno.
    Il modello proposto dal Buddha mi sembra incentrato sul processo: assumendo questo punto di vista, risveglio una attitudine benevola molto più proficua e dinamica.

    Questa settimana mi è anche capitato di sperimentare la frammentazione: in qualche occasione ho fatto le azioni che andavano fatte, percependo alla radice una intenzione chiara e scura insieme: ovviamente i risultati che ne sono seguiti sono stati chiari e scuri.
    In questi casi non mi è facile rimanere consapevole, ma è stato prezioso assaporare la diversa qualità del citta con avidità e senza avidità.

  23. Roberta Bravin ha detto:

    Cara Letizia e cari tutti,
    gli spunti di riflessione e di pratica che sta offrendo questo corso, e in particolare il discorso trattato nell’ultimo incontro, sono tantissimi, per cui mi è quasi difficile scegliere quale condividere. Penso di concentrarmi, quindi, su quanto mi ha maggiormente colpito durante la pratica, mentre cercavo di riflettere sui temi proposti da Letizia per questa settimana. Si tratta della risposta che il Buddha dà al carpentiere quando questi gli chiede un’opinione sulla risposta ricevuta da Uggāhamāna.
    Credo che limitarsi a considerare i comportamenti come il segnale di una raggiunta “massima realizzazione”, come propone Uggāhamāna sia fuorviante e riduttivo; il bambino in fasce, ricorda il Buddha, non è consapevole di ciò che fa e non sceglie la sua condotta, l’innocenza non è cioè garanzia di “realizzazione”. Nel caso in cui si ritenga sufficiente in un adulto, che si suppone consapevole delle proprie azioni, solo adottare comportamenti eticamente corretti come quelli che indica Uggāhamāna per manifestare la propria realizzazione, si avallerebbe la possibilità di auto-imporsi con la volontà (magari attivata da avidità o illusione ecc.) certi modi di agire.
    Il Buddha, invece, con grande saggezza, pone l’attenzione sul valore della ‘radice’ del comportamento: la mente-cuore che ci spinge all’azione. Credo che un comportamento eticamente corretto MA non supportato da un’INTENZIONE altrettanto etica, sorga da una VOLONTÁ razionale, voluta cioè, e quindi procuri inevitabilmente FRAMMENTAZIONE nel soggetto. È, invece, importante prestare attenzione, coltivare la RADICE, poiché solo se l’intenzione (conscia o inconscia) è coerente con l’azione non vi è frammentazione nel soggetto e quindi DUKKHA si dissolve. Il Buddha offre, come scrive Marisa e Letizia ci ha tante volte ricordato, un sentiero graduale, non una ricetta veloce ma temporanea e fallace. Il Sentiero è inevitabilmente lunghissimo, proprio perché si propone di intervenire sulla radice di Dukkha.
    Quando si sperimenta questa UNIONE tra intenzione e azione (che non è facilmente descrivibile a parole), la gioia è molto intensa come lo è il senso di ‘compiutezza’ che si prova.

  24. Marisa ha detto:

    La riflessione e le domande che condivido sono, in parte relative al primo incontro e nascono dalla sensazione che la dimensione teorica abbia preso il sopravvento e suscitato, in me, confusione ed una certa avidità di capire. Nell’intenzione di capire se la pratica è sufficientemente in accordo con quanto ho letto e ascoltato provo a descrivere, sinteticamente, un’esperienza.
    Ieri, al risveglio, riconoscendo una certa svogliatezza c’è stata una reazione iniziale di avversione (ciò che non va fatto?), ma ho scelto di seguire il processo (ciò che va fatto?) ed è emersa la sensazione e, procedendo nell’esperienza, è apparsa la percezione presente che ha svelato qual’era il senso che sosteneva la rappresentazione. La svogliatezza, a quel punto, era dissolta ed erano già presenti alcuni dei sette fattori.
    La scelta di abbandonare l’avversione iniziale -utilizzando il pensiero per seguire il processo- può essere considerata etica? Se avessi seguito l’impulso di avversione iniziale –inconsciamente volto ad eliminare la svogliatezza- avrei agito in modo da produrre vipāka negativo? Nell’avversione c’è intenzione malevola (consapevole/inconsapevole) e questo la rende kamma? La conseguenza della mia scelta, nell’immediato, è stata gioia e tranquillità ed aumento del raccoglimento questo può essere considerato kamma a breve termine e può aiutare a riconoscere la qualità dell’intenzione?
    Rispetto all’argomento discusso nel Samaṇamaṇḍikāputta Sutta la differenza tra le due posizioni mi sembra legata al fatto che il neonato non sceglie ma agisce in conformità con la sua condizione di neonato. L’asserzione che sia “esperto nel bene, eccellente nel bene, un asceta invincibile che ha conseguito la massima realizzazione” ignora la causalità, esclude l’elemento intenzione e non considera la retta comprensione. Il modello proposto dal Buddha indica, invece un percorso attraverso le quattro nobili verità e l’esercizio dei sette fattori del risveglio. E’ un percorso a cui si accede dopo un addestramento graduale, scelto e praticato con fiducia e consapevolezza che non ferma il tempo ma segue il flusso dell’esperienza con costante presenza mentale

  25. Cari Partecipanti, ho postato sul Forum il link alla videoregistrazione della seconda sessione- Ho anche postato il pdf dei due sutta letti stasera. Le altre citazioni le trovate nella SCHEDA DEL SEMINARIO. Nel pdf dell’Appanaka Sutta (Garantito) ho evidenziato in giallo i brani pertinenti al nostro tema.

  26. Roberta Bravin ha detto:

    Cara Letizia e cari tutti,
    durante questa settimana ho cercato di riflettere sulla domanda posta da Letizia: le tre dottrine indicate nel Tittāyathana Sutta sono riconoscibili anche in altre epoche? Sicuramente sì, credo facciano parte della natura umana i comportamenti/credenze indicati, di ogni luogo ed epoca. Mi pare che in questo discorso si ponga l’attenzione proprio su quella tendenza, così comune e frequente ancora oggi, a identificare le cause delle proprie esperienze “fuori di sè”, a non assumersene la responsabilità, come è già stato detto. Credo poi che in questo discorso, indirettamente, si intenda anche portare l’attenzione sul valore della PRESENZA MENTALE, che evidentemente non c’è e non può esserci se noi attribuiamo le cause delle nostre esperienze alle azioni passate, alla divinità o al caso. La Presenza mentale è, appunto, Presenza e, in quanto tale, ci colloca in ogni esperienza “come se fosse la prima volta”. Diciamo che le visioni citate sono incompatibili con SATI. Almeno, così ho osservato.
    Mi sorge anche una domanda: le azioni “nocive” che nascono da intenzioni “non salutari” sono definite tali perché procurano dolore in generale, al soggetto o agli altri, oppure perché non rispondono a precisi valori etici? Sappiamo che, a volte, un’azione può procurare dolore quando viene compiuta ma, in seguito, magari si rivela utile e appropriata. Non è così facile riconoscerle!

    Grazie mille!
    Roberta

  27. patriziarani ha detto:

    Commento sul testo letto sul kamma .
    il Buddha dice che siamo cio’ che facciamo. In cio’ non c’e’ identificazione ma e’ semplicemente un dato di fatto che porta ad avere una responsabilita’ diretta di tutto cio’ che facciamo buono o non buono che sia. Non c’e’ distinzione fra kamma fisico, verbale o di pensiero. Le azioni che compiamo con il corpo ma anche le parole che diciamo o pensiamo nascono dalla nostra volonta’, in altre parole da una scelta,consapevole o non, di “agire” legata a delle intenzioni (consapevoli o non)buone o cattive, salutari o non salutari. kamma e quindi e’ un’azione dettata dalla volonta’ e caratterizzata da una precisa intenzione.Ogni azione dettata dalla volizione da’ dei risultati e dei frutti, dice il Buddha.Questi risultati dipendono dalla qualita’ etica dell’intenzione che e’ alla base dell’azione. A parita’ di azione il risultato sara’ buono se l’intenzione e’ buona (ossia legata alla generosita’ alla compassione alla gentilezza) mentre sara’ non buono se l’intenzione e’ non buona ossia legata al desiderio, attaccamento, odio ,o ignoranza.
    Tutto e’ pero’ complicato dal fatto che le azioni come tutte le cose hanno un’inizio, uno svolgimento e una fine ;sono mutevoli e impermanenti e cio’ puo’ essere fonte di sollievo o di sofferenza.
    Inoltre sono causate e condizionate da fattori interni ed da fattori esterni, a loro volta mutevoli .Quando le condizioni interne ed esterne sono propizie il kamma matura e produce il proprio frutto.
    Cosa fare allora? Spesso agiamo con reattivita’ senza reale consapevolezza. Possiamo cercare di addestrare la mente, capire come funziona, calmare la mente per smorzare la reattivita’, darci delle regole morali ed aprire il cuore ricordandoci che nulla e’ duraturo, privo di dukka e sotto un completo controllo.

  28. Santa ha detto:

    Più che un commento mi sorgono delle domande.
    Quando il Titthayatana sutta dice che i tre assunti settari hanno come conseguenza l’inazione, intende dire che le azioni compiute ( uccidere, rubare, mentire etc…, ma anche le eventuali buone azioni) se non sono responsabilmente scelte sono non-azione?
    Insomma, se manca “l’impegno e l’entusiasmo nel fare cià che va fatto e nel non fare ciò che non va fatto” c’è azione, ma non è Kamma?
    Kamma è solo l’intenzione/azione etica?
    Grazie di cuore

    • Le azioni nocive elencate sono kamma, nato secondo il Buddha da intenzioni non salutari. In più, i tre assunti settari sono considerati un caso di ‘erronea visione’ e quindi un caso di kamma nocivo di tipo mentale (come vedremo meglio lunedì) appunto perché disconoscono o travisano, in diversa misura, la relazione fra causa ed effetto, e non annettono la giusta importanza all’elemento volizionale, allo sforzo e alla scelta. In altri termini, secondo il Buddha questi asceti non si assumono la responsabilità delle loro azioni, in particolare del kamma nocivo che possono compiere.

      ‘Inazione’, come dicevo lunedì scorso, qui non significa ‘non fare nulla’, ma qualcosa di molto simile al nostro ‘fatalismo’. Il Buddha rivendica il valore del desiderio e dell’orientamento dell’intenzione nel cammino spirituale, sia per quanto riguarda l’infelicità e la felicità qui e ora, sia per gli effetti a lungo termine dal punto di vista della rinascita e della liberazione. Viceversa, pensare che le esperienze siano determinate interamente dagli effetti delle azioni passate o da fattori estrinseci, sui quali non si ha controllo, porta all’inazione (cioè all’incuria) .

  29. deanna ha detto:

    Dove porta la via lastricata di buone intenzioni? secondo Letizia in Paradiso. Secondo Karl Marx (così dice Google) all’inferno.
    Mi viene in mente che le buoni intenzioni, se restano tali, se non sono seguite dall’azione, portano all’inferno. se sono seguite dall’azione in paradiso. senonché l’azione che segue la buona intenzione non sempre ha un risultato positivo e mi ritrovo all’inferno ad arrovellarmi sul perché non sono stata capita ecc. ecc. Insomma , se le cattive intenzioni mi sembrano chiare, quelle buone sono più sfumate, più problematiche.

  30. La registrazione della prima sessione del webinar è ora di nuovo accessibile tramite il link sul Forum. Mi scuso per il disguido tecnico iniziale.

  31. Cari Partecipanti, benvenuti a Letture dai Sutta.

    A beneficio di chi segue il seminario “in differita”, di seguito copio e incollo parte delle domande e commenti inoltrati dai partecipanti durante la prima sessione, a integrazione della porzione di chat che si può leggere accanto al video.

    La Scheda del Seminario e il testo letto questa sera si possono scaricare dalla pagina Forum.


    patriziarani: il punto centrale mi sembra sia il concetto di responsabilità delle azione e il fatto della cura ossia la consapevolezza di cio’ che si fa
    Roberta Bravin:Mi pare di capire che Il Buddha qui pone un forte accento sul valore etico dell’azione, sulla scelta tra un’azione corretta e una scorretta
    Marisa:un altro elemento è quello dell’etica
    Giorgio:la prima delle dottrine confutate, non ha uqlacosa a che vedere con quel che dice la psicanalisi? In fondo alcuni comportamenti possono derivare da come siamo stati educati., di cui non siamo direttamente responsabili
    Santa:mi sembra fondamentale il discernimento nel riconoscere ciò che va fatto e ciò che non va fatto. e’ da qui cche si genera l’impegno, la cura e la responsabilità
    Giorgio T:Ma la stessa azione può avere “effetti” diversi.
    Un cacciatore bantù si procura da mangiare, probabilmente con poche alternative vegetariane.
    Un cacciatore italiano no …
    danilo:Possono esserci due azioni e quindi due intenzioni in conflitto? Ad esempio, sorge una persistente avversione ma si cerca di contrastarla con la generazione di benevolenza, pur senza un effetto immediato.
    Marisa:ma l’effetto non è già nell’intenzione di scegliere la benevolenza?

    Santa:in effetti mi capita di pensare che le azioni precedenti possano influenzare l’intenzione presente, così come a volte sembra che sia ilcaso a fare il gioco
    Roberta Bravin:Vovelo dire che mi colpisce molto questa prospettiva che il Buddha ci offre di porci sempre, in un certo senso, dal punto di vista del soggetto. Spesso, molte persone, e anche a noi capita, attribuiamo la responsabilità delle nostre azioni al di fuori di noi.
    Marisa:credo che le più diffuse nella nostra cultura siano la seconda e la terza. La prima richiede già il riconoscimento della propria responsabilità nella qualità della vita e nelle esperienze che viviamo.
    patriziarani:ma le influenze latenti quanto influenzano il nostro agire e le intenzioni del nostro agire?
    Marisa:Il tema della colpa forse emerge perchè l’attenzione è orientata solo ai problemi/difficoltà e non anche alle situazioni positive.

  32. Andrea ha detto:

    Grazie

  33. Sebastiano ha detto:

    Grazie Letizia, a presto

  34. Giorgio Nitti ha detto:

    Grazie Letizia per l’opportunità di questo webinar. Sarà un bel modo per iniziare il 2020

  35. Elizabeth ha detto:

    Cari saluti a tutte (vedo che siamo senza gli amici maschi per il momento). Grazie per tutto il lavoro già fatto Letizia. A presto ….

  36. eleonora ha detto:

    grazie per la possibilità di questo webnair

  37. Emanuela C. ha detto:

    Bentornati a tutti quanti. Sono felice di ripetere l’esperienza anche quest’anno. Grazie Letizia

  38. Marisa ha detto:

    Iniziare l’anno con questa nuova opportunità è un buon inizio. Grazie, a presto

  39. Roberta Bravin ha detto:

    Che bello! Mi dà molta gioia riprendere il filo del Dhamma su questo argomento spinosissimo e così banalizzato negli ultimi decenni. Grazie Letizia per questa nuova opportunità di Conoscenza. Un saluto a tutti e… a presto

  40. Presente anche io! Grazie dell’opportunità!

  41. Sandra ha detto:

    Cara Letizia, la data di inizio si avvicina. E’ bello sapere che su questo forum troveremo amici vecchi e nuovi, vicini e lontani, tutti uniti dal desiderio di studiare il Dhamma. Un abbraccio a tutti.

  42. patrizia righettini ha detto:

    Sono felice di poter partecipare a questo seminario

  43. Laura ha detto:

    Grazie per questa nuova bella opportunità