Questo è un breve ritiro a tema, adatto a chi ha già qualche esperienza nella pratica della meditazione di consapevolezza e un interesse per lo studio degli insegnamenti del buddhismo delle origini. Come sempre, chiediamo agli interessati di facilitare l’organizzazione perfezionando l’iscrizione quanto prima, e comunque entro il 25 gennaio.
L’accento è su come coltivare la presenza mentale nell’arco della giornata, e su come pacificare l’attività discorsiva nel processo che porta alla quiete e alla chiarezza della mente raccolta. Esploreremo in particolare le istruzioni contenute in due discorsi del Majjhima Nikāya (MN 20 e 21)
“Ci sono due condizioni che portano ad acquisire una corretta prospettiva: le parole di un altro, e un’attenzione accurata” AN 2.125-6
L’accento è sulla coltivazione della presenza mentale nell’arco di tutta la giornata, e su come si rafforza e raffina nella meditazione formale in sinergia con gli altri fattori salutari.
In particolare esploreremo il ruolo dell’attenzione approfondita o accurata rivolta alla nostra esperienza nel presente (yoniso manasikāra) come condizione per giungere a una ‘corretta prospettiva’ (sammā ditthi) sulla pratica dell’ottuplice sentiero e i suoi obiettivi.
In questo approccio samatha e vipassanā (quiete e comprensione) sono integrate e complementari fin dai primi passi della coltivazione mentale e applicate in modo organico tenendo presente gli insegnamenti del Buddha degli strati canonici più antichi (sutta).
E’ iniziato il secondo ciclo del Laboratorio Mestre – “LEZIONI DI SAMADHI” gli insegnamenti di Achaan Lee – che si terrà dal 6 mar. al 5 giu. 2017 INFO QUI
Nel secondo ciclo esploreremo la pratica di anapanasati (consapevolezza inspirando ed espirando) ispirandoci agli insegnamenti di Achaan Lee Dhammadharo (1906-1961) uno dei grandi maestri di meditazione tailandesi. Gli insegnamenti di Achaan Lee, originali e di primo acchito un po’ insoliti per noi occidentali, scaturiscono dalla pratica a contatto con la natura nella solitudine della foresta, ma anche da un preciso intento didattico: i suoi ‘manuali’ di meditazione si rivolgevano anche ai suoi numerosi allievi laici, e presentano gli stati progressivi di quiete (jhana) come l’esito della coltivazione organica di virtù, presenza mentale e discernimento, secondo una dinamica che caratterizza le istruzioni del Buddha nei Discorsi antichi. Bibliografia minima: Lessons in Samadhi http://www.accesstoinsight.org/lib/thai/lee/inmind.html
Su questa pagina, che aggiornerò periodicamente, troverete via via gli spunti di pratica, i testi e altri materiali relativi agli incontri del Laboratorio (cliccate sul link per scaricare documenti in formato pdf). Per le registrazioni bisogna visitare la pagina AUDIO
I partecipanti al Laboratorio possono lasciare domande e commenti qui cliccando in alto a destra su Lascia un Commento (o “Commenti” – se già ve ne fossero) ricordandosi di spuntare la casella “notificami nuovi commenti” e “notificami nuovi post” per restare aggiornati.
Quel che segue è una versione italiana (con qualche abbreviazione per facilitarne la lettura) del Paṃsudhovaka Sutta (Aṅguttara Nikāya 3.101) un discorso dove il Buddha illustra il processo della meditazione (adhicitta – lett.: la mente/coscienza superiore, o evoluta) paragonandolo al lavoro che è necessario compiere per estrarre e raffinare l’oro, liberandolo dai materiali ai quali si trova mescolato in natura. Come spesso accade nelle similitudini del Buddha tratte dal mondo dei mestieri, il realismo dei dettagli tecnici è funzionale alla comunicazione di un saper fare basato sull’esperienza.
Quindi mi è sembrato utile se non indispensabile affiancare al testo immagini che diano un’idea degli attrezzi e dei gesti di cui si parla e del contesto generale del lavoro (ai tempi del Buddha non esisteva Youtube, quindi ci accontentiamo di approssimazioni contemporanee). L’immaginazione, unita alla conoscenza diretta della vostra mente e all’esperienza della meditazione intensiva, farà il resto! Una cosa però sarà chiara a tutti: non è un lavoretto facile e ‘pulito’, richiede tanto applicazione, perseveranza, ripetizione, tempo, quanto sapienza e conoscenza della ‘materia’. Richiede le mani in pasta ed economia di movimenti, non il distacco del sapere in teoria o uno sperpero inconsulto di energie.
NEL VIDEO QUI SOTTO LA PARTE INTERESSANTE SUL LAVAGGIO COMINCIA AL MINUTO 7.27- spostate il cursore in avanti se non volete vederlo tutto!
Chiunque abbia provato a lasciar decantare i propri pensieri, a staccarsi da un ragionamento a vuoto, una fantasia allettante, un rancore, una preoccupazione, a sottrarsi al sottile dominio di un buon sentimento o all’ansia di ‘praticare’ e di ‘vedere’, sa di che cosa parlo. E chi pensa che samatha abbia a che fare con la ‘calma’ dia un’occhiata al documentario qui sotto: come produrre oro a 24K! Scherzi a parte, l’intensa attività e l’alta temperatura della fucina (l’oro fonde a 1064 gradi!) rendono bene il lavoro psichico non visibile (ma a volte avvertibile), lo stato fluido o caotico del sistema in trasformazione e l’energia sprigionata dal processo.
Due sono le figure implicate nella similitudine: il lavatore o setacciatore (paṃsudhovaka – da pamsu = terriccio, fango, sporcizia) che dà il nome al Discorso; e l’orafo, che subentra una volta che dal processo di filtraggio emerge l’oro grezzo. Nel primo stadio, preliminare, la purificazione mentale è associata all’immagine dell’acqua e del lavare; nel secondo al fuoco e al fondere, che modificano strutturalmente la materia prima. Infine, la mente “duttile, malleabile e splendente” è pronta al lavoro di investigazione che logora i legami e i condizionamenti profondi. Tipicamente, il sutta si conclude ‘in gloria’ con la liberazione dell’arhat, oltre a elencare benefici collaterali del perfezionamento di samatha.
Uno schema analogo del progressivo abbandono dei pensieri distraenti, culminante nella quiete energica e luminosa della mente unificata si trova nel famoso Discorso sui due tipi di pensiero (tradotto su questo blog) che include il passaggio standard sui quattro jhāna. La metafora della raffinazione dell’oro tramite fusione e separazione dai metalli ‘vili’ si ritrova anche in un altro discorso: AṅguttaraNikāya5.23 Upakkilesasutta Qui è esplicito il riferimento ai ‘cinque impedimenti’, qualità o schemi energetici e psicologici che ostruiscono la consapevolezza, offuscano il discernimento e vanno abbandonate insieme alla stimolazione sensoriale perché la mente possa accedere alla meditazione profonda. Potete leggere questa e altre similitudini per i cinque impedimenti cliccando QUI
Ci sono tre impurità grossolane dell’oro: sabbia sporca, pietrisco e ghiaia. Il setacciatore o il suo apprendista lo mette in un bacile e le lava via sciacquando e risciacquando. Una volta eliminate quelle, restano le impurità mediane: ghiaino e sabbia grossa. Il setacciatore le lava via sciaquando e risciaquando. Una volta eliminate quelle, restano le impurità sottili: sabbia fine e polveri nere. Il setacciatore le lava via sciacquando e risciaquando. Una volta fatto questo, resta solo la polvere d’oro. Allora l’orafo, o il suo apprendista, mette l’oro grezzo nel crogiolo e soffiando lo fonde eliminando le scorie. Finché non è stato fuso e separato dalle impurità, finché non è raffinato e privo di scorie, l’oro non è duttile, malleabile o splendente. E’ friabile e non si presta a essere lavorato. Ma arriva il momento in cui l’orafo ha fatto quel che doveva fare per liberarlo dalle impurità e l’oro – raffinato e privo di scorie – è duttile, malleabile e splendente. Non è friabile, e si presta a essere lavorato. Allora, qualunque ornamento l’orafo abbia in mente – una cintura, una collana, un paio di orecchini – l’oro servirà al suo scopo.
Allo stesso modo ci sono tre impurità grossolane del monaco che si dedica alla meditazione: azioni scorrette, parole scorrette, modi di pensare scorretti. Il monaco coscienzioso e intelligente se ne astiene e fa in modo di eliminarle. Una volta abbandonate queste, restano le impurità mediane: pensieri sensuali, pensieri ostili, pensieri violenti. Il monaco coscienzioso e intelligente se ne astiene e fa in modo di eliminarli. Una volta abbandonati questi, restano pensieri sulla famiglia, la patria, la reputazione. Il monaco se ne astiene e fa in modo di eliminarli.
Una volta abbandonati questi, restano solo pensieri connessi alla pratica. La sua concentrazione non è calma o raffinata, non ha raggiunto il perfetto riposo o la convergenza ed è tenuta insieme da un deliberato sforzo di volontà. Ma arriva il momento in cui la mente si stabilizza, si raccoglie e si unifica. La concentrazione è calma e raffinata, raggiunge il perfetto riposo e la convergenza e non è più tenuta insieme da uno sforzo di volontà. Allora, qualunque forma di conoscenza speciale desideri ottenere, potrà farne esperienza quando c’è l’occasione.
[Segue il passo standard sulle 6 abhiññā o “conoscenze speciali” che possono essere ottenute, per quanto non da tutti i praticanti, come esito del perfezionamento della meditazione di quiete(jhāna): poteri psichici; chiaroveggenza; comprensione della mente degli altri; ricordo delle vite precedenti; comprensione del kamma degli esseri; conoscenza dell’esaurimento delle fermentazioni (āsava) o liberazione]
Se vuole, esaurite le fermentazioni mentali, dimora in quella liberazione del cuore e liberazione data dal discernimento che è priva di fermentazioni, avendola conosciuta e realizzata nel presente. E ne può fare esperienza ogniqualvolta c’è l’occasione.
Una versione dell’intero sutta, in inglese, si può leggere QUI
Da quella pagina (cliccando sul menù in alto a sinistra) si può accedere al testo pāḷi e ad altre letture sull’argomento. Un saggio particolarmente dettagliato su questo Discorso è quello di Piya Tan
Nella sezione AUDIO di questo blog troverete un mio discorso tenuto durante un recente ritiro a Tossignano (Le cinque facoltà) e intitolato Purificare l’Oro.