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Il blog di Letizia Baglioni

Archivi tag: giorno della memoria

I muri e il labirinto

27 domenica Gen 2019

Posted by Letizia Baglioni in Senza categoria

≈ 2 commenti

Tag

antisemitismo, giorno della memoria, sovranismo

L’antisemita ha paura di scoprire che il mondo è fatto male: perché allora bisognerebbe inventare, modificare, e l’uomo si ritroverebbe padrone dei propri destini, provvisto di una responsabilità angosciosa e infinita. Perciò localizza nell’ebreo tutto il male dell’universo. […] È un uomo che ha paura. Non degli ebrei, certamente: ma di se stesso, della sua coscienza, della sua libertà, dei suoi istinti, delle sue responsabilità, della solitudine, del cambiamento della società e del mondo […] È un codardo che non vuol confessarsi la sua viltà; un assassino che rimuove e censura la sua tendenza al delitto senza poterla frenare e che pertanto non osa uccidere altro che in effigie o nascosto dall’anonimato di una folla: uno scontento che non osa rivoltarsi per paura della sua rivolta. […]  Sceglie di non acquistare niente, di non meritare niente, ma che tutto gli sia dovuto per nascita – e non è nobile. Sceglie infine che il Bene sia bell’e fatto, fuori discussione, intoccabile: non osa guardarlo per timore d’essere indotto a contestarlo e a cercarne un altro. L’ebreo è qui solo un pretesto: altrove ci si servirà del negro, o del giallo. La sua esistenza permette semplicemente all’antisemita di soffocare sul nascere ogni angoscia persuadendosi che il suo posto è stato da sempre segnato nel mondo, che lo attende, e che egli ha, per tradizione, il diritto d’occuparlo. L’antisemitismo, in una parola, è la paura di fronte alla condizione umana.  (Jean-Paul Sartre, Réflexions sur la question iuive)

Al di là di quanto l’analisi sartriana riesca a gettar luce sulla ‘questione ebraica’ nelle sue ramificazioni storiche,  ho voluto condividere questo brano perché nel Giorno della Memoria quest’accorata denuncia del ’46 suona penosamente attuale. E anche perché tocca un punto sensibile in chi, per scelta o necessità, vive nel mondo con un cuore o uno sguardo autenticamente contemplativo. A tu per tu con quella “paura di fronte alla condizione umana” che evitata e rimossa genera mostri, ma abbracciata e compresa, senza alzare i muri del pregiudizio e delle emozioni preconfezionate, porta frutti di amore e intelligenza, coraggio e liberazione. Cosa ha da offrire un ‘meditante’, alla società, se non un cuore reso più umile, e meno nocivo, dall’incontro quotidiano e spassionato con ciò che tutti tendiamo a fuggire o respingere: se stesso, la sua coscienza, la sua libertà, i suoi istinti, le sue responsabilità, la solitudine, il cambiamento della società e del mondo?

A patto però di non fare dell’antisemita e dei suoi parenti e reincarnazioni (il razzista, sovranista, xenofobo, omofobo ….) una categoria antropologica, o un bersaglio di comodo per consolarsi della propria impotenza e sentirsi buoni a buon mercato. Così facendo (e lo si fa molto, di questi tempi) non si smaschera affatto l’illusione di fondo, non si accetta che “il mondo è fatto male” (e quindi: rimbocchiamoci le maniche, non aspettiamoci miracoli o gratificazioni,  smettiamo di dare colpe a destra e a manca, restiamo sani, facciamo il bene, non mettiamolo su un piedistallo, generiamo e promuoviamo dinamiche sociali virtuose, denunciando quelle violente e nocive, invece di contrapporci in schieramenti pregiudiziali). D’altra parte, l'”antisemita” sartriano si riaffaccia, in spirito se non alla lettera, nel ritratto dell’Italiano dell’ultimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, in particolare nel capitolo intitolato sinistramente  Le radici sociali di un sovranismo psichico: dopo il rancore, la cattiveria.  Il “sovranismo psichico” è qui definito come “una reazione pre-politica con profonde radici sociali … che talvolta assume i profili paranoici della caccia al capro espiatorio, quando la cattiveria ‒ dopo e oltre il rancore ‒ diventa la leva cinica di un presunto riscatto e si dispiega in una conflittualità latente, individualizzata, pulviscolare”. Paroloni, per dire quel disagio che tutti sentiamo direttamente o indirettamente e che ci induce a guardare con sospetto il nostro prossimo.

Non che l’antisemitismo vero, nella sua letterale bruttezza, sia estinto o resti in vigore solo come metafora:  per restare a casa nostra, l’Osservatorio del CDEC documenta per l’anno appena trascorso 181 casi di aggressioni, prevaricazioni o manifestazioni di intolleranza contro persone, simboli o luoghi in quanto ebrei o legati all’identità ebraica, molti perpetrati sul web, ma non solo, con un netto crescendo rispetto agli anni precedenti.  Ma la mappa dell’intolleranza e del pregiudizio si estende oggi come allora anche ad altri soggetti:  chiunque perché più povero, più debole, scomodo o semplicemente diverso può divenire un bersaglio. La coscienza dell’inclusione e della ricchezza nella diversità cresce, e di pari passo cresce la reazione.  Oggi decine di barriere dividono popoli e paesi. Sono state innalzate per ostacolare flussi migratori, per creare confini o per difenderli. In gran parte sono successive al 1989 (anno della caduta del Muro di Berlino).

Che dire, che fare? Bollare un intero popolo, un intero Paese, prendersela coi governi, con la crisi economica, con un gruppo o tipologia di persone sartrianamente in fuga dall’angoscia esistenziale?  Prendere ispirazione dalla Storia e dalle storie per trovare le risposte e i percorsi possibili è uno dei valori che io sento legati al Giorno della Memoria.

Un percorso che ho trovato esemplare e su cui è stato bello per me riflettere in questi giorni è quello raccontato nel film  Il labirinto del silenzio (2014), disponibile ancora per poco su RaiPlay (per vederlo bisogna registrarsi gratuitamente al sito http://raiplay.it/). Il film si ispira alle inchieste del giudice Fritz Bauer che portarono nel 1963 al processo di Francoforte (o Secondo Processo di Auschwitz) contro 22 imputati per crimini commessi fra il 1940 e il 1945 nel campo di concentramento. Nel 1958 in Germania nessuno vuole sapere la verità e nessuno riesce a dirla, mentre l’establishment cerca di coprire personaggi influenti compromessi col nazismo. Il protagonista è un giovane procuratore, collaboratore di Bauer, che rischia di smarrirsi nel labirinto del silenzio e dell’angoscia ma si ritrova, dando voce alle vittime e scoprendo che il male è molto più vicino di quanto ognuno fosse pronto a credere, ma può essere vinto dall’amore e dalla forza della verità.

Passato e presente

27 sabato Gen 2018

Posted by Letizia Baglioni in Senza categoria

≈ 3 commenti

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giorno della memoria

Il Giorno della Memoria è celebrato ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.

C’è un vistoso paradosso quest’anno dietro il giorno della memoria: la data corre un pesante rischio di assuefazione e di ritualizzazione retorica proprio mentre i disvalori che si proponeva di combattere trovano nel nostro discorso pubblico uno spazio che non avevano mai avuto.

Marino Sinibaldi, Il dovere della memoria nel 2018, leggi l’articolo su Internazionale

Credo sia essenziale, per la salute nostra e della società di domani, da un lato riconoscere l’unicità della shoah e mantenerne nitida la percezione nel tessuto della nostra coscienza storica, politica e morale di italiani ed europei. Dall’altro,  generare connessioni significative fra passato e presente che ci aiutino a riconoscere e denunciare i disvalori come tali, e a cogliere per tempo i segni di dinamiche sociali,  modalità di pensiero, slogan e orientamenti politici che fanno rientrare dalla finestra ciò che speravamo di aver messo alla porta.  Questo duplice intento mi sembra ben espresso dallo schietto antifascismo del nostro Presidente Mattarella  e dalla recente nomina di Liliana Segre come senatrice a vita.

Vi segnalo qui una puntata della trasmissione Passato e Presente, su Rai Storia  (occorre registrarsi gratuitamente al sito RAI per vederla) Nell’estate del 1939 le norme antiebraiche sono ormai entrate nell’ordinamento giuridico di molti paesi europei, oltre la Germania: l’Ungheria, la Romania, la Slovacchia, la Polonia, l’Italia, l’Austria annessa al Terzo Reich. Per centinaia di migliaia di ebrei l’unica via di salvezza, malgrado le incognite e le difficoltà di un trasferimento all’estero, è abbandonare il proprio paese d’origine.infuga

Il conduttore Paolo Mieli e gli storici suoi ospiti, coadiuvati da belle immagini di repertorio,  raccontano le storie di chi tentò di emigrare o di mettere in salvo altri ebrei in fuga dalle persecuzioni razziali. Sono storie che hanno echi profondi nel nostro presente. Sono Gustav Schroeder, capitano del Transatlantico St. Louis, che riesce a salvare i 937 passeggeri, per la maggior parte ebrei, respinti dagli Stati Uniti e dal Canada; l’allenatore di calcio Arpad Weisz, ungherese, che trova riparo in Italia ma poi, costretto a trasferirsi in Olanda dopo la promulgazione delle leggi razziali, viene deportato ad Auschwitz; Oskar Tanzer, ebreo tedesco che si stabilisce in Italia e che, dopo il varo delle norme antisemite, sarà aiutato a mettersi in salvo da Don Primo Mazzolari; Paul Grninger, capo della polizia del cantone svizzero di San Gallo, che dopo la chiusura delle frontiere aiuta oltre tremila ebrei ad oltrepassare il confine, un “dovere umano”, come lo definisce egli stesso, che gli causerà la perdita del lavoro e lo ridurrà in povertà.

I nomi, i volti, le circostanze precise e puntuali. Mi fa piacere condividerli qui, perché rivivano nel nostro cuore e nei nostri pensieri e ci insegnino qualcosa su noi stessi e il nostro presente.

 

 

Aggiornamenti

25 domenica Gen 2015

Posted by Letizia Baglioni in Aggiornamenti

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Bhante Sujato, Bhikkhu Analayo, Buddhismo delle origini, Etica buddhista, giorno della memoria, karma e rinascita, retta parola

Di quando in quando scriverò un post miscellaneo come questo per rispondere a qualche richiesta di informazione, per segnalare contenuti interessanti, o iniziative in corso che riguardano i lettori di questo blog …  

P1050075INNANZITUTTO: a seguito del Ritiro urbano di Torino conclusosi la settimana scorsa si è aperta, timidamente, una conversazione sui temi del Linguaggio etico (Sammā vāca o retta parola, in termini tecnici buddhisti) alla quale siete invitati a partecipare se avete domande, riflessioni o esperienze circa questo aspetto dell’ottuplice sentiero del Buddha, o per segnalare contenuti e idee interessanti sui temi connessi dell’etica del linguaggio e della comunicazione. E, naturalmente, anche se avete partecipato al ritiro e volete condividere qualche pensiero in merito.

È APPENA INIZIATO il laboratorio a Venezia Mestre sullo stesso argomento, quindi potete ascoltare gli audio dei seminari, scaricare i testi e seguire o iniziare la discussione sia qui che qui. Ricordate che per ricevere avviso di un commento (o risposta se avete postato un commento o domanda) dovete iscrivervi al blog o abbonarvi a un singolo articolo tramite i feed (a sinistra) e barrare le caselle ‘Notifica’  quando inserite un commento…

IN TEMA dI ETICA BUDDHISTA ma espandendo l’ambito teorico-dottrinale della riflessione, segnalo a chi legge l’inglese un ciclo di conferenze su karma e rinascita nel buddhismo delle origini  tenuto in Australia da Bhante Sujato e Ajahn Brahmali ma seguibile online http://discourse.suttacentral.net/t/course-outline-and-reading-buddhist-library/67/1 Il primo workshop in particolare (Myth Busting) è dedicato ad affrontare e sfatare alcuni miti e fraintendimenti su questi controversi insegnamenti del Buddha, che si sono evoluti (o involuti?) in varie direzioni talvolta in contrasto con il pensiero elaborato all’interno della primitiva comunità di Gotama. E questo vale anche per la scuola theravada, a volte erroneamente confusa con il buddhismo delle origini tout-court. Se avete poco tempo per leggere vi consiglio fra l’abbondante materiale messo generosamente a disposizione l’intervista al filologo R. Gombrich e il testo di Bhante Dhammika http://www.bhantedhammika.net/what-exactly-is-kamma che espone chiaramente (cosa rara) come e perché certe idee e atteggiamenti culturali diffusi nelle tradizioni e società buddhiste non siano da accettare acriticamente come “parola del Buddha”. Indifferenza al male, acquiescenza al potere e all’autorità, fatalismo, superstizione, immobilismo sociale, razionalizzazione di impulsi autodistruttivi o di vendetta, sono solo alcuni degli esiti della semplificazione di concetti complessi. Quindi preziosa è la selezione bibliografica di sutta sul kamma contenuta nel profilo del corso, con il link alla traduzione integrale dei discorsi in inglese. Per il concetto di Early Buddhism e le pubblicazioni di Sujato rimando al sito http://santifm.org/santipada/  Prometto un post sull’argomento, in un futuro non troppo lontano! 

021220

Bhante Sujato

Come sempre, a mio avviso l’utilità dello studio testuale e del dibattito (se seguite la discussione su SuttaCentral troverete commenti di tutti i tipi, buona scuola per l’equanimità!) non sta nel cercare rifugio in opinioni più o meno moderniste o tradizionaliste, ma nell’aiutarci a riflettere su quali opinioni animano la nostra pratica e il nostro modo di vivere, e rivedere o ampliare il raggio della nostra comprensione, invece di aderire passivamente a ciò che una certa tradizione o maestro propongono.  Comunque, sappiatemi dire….

INFINE… Per chi fosse sconcertato dal collegamento necessario fra il concetto di kamma e la rinascita nel senso di vite altre su cui insiste il corso australiano, e desiderasse un approccio più “qui e ora” agli insegnamenti del Buddha sul kamma consiglio vivamente il classico Good, Evil and Beyond di P. A. Payutto che si può scaricare qui  nonché il molto moderno e psicologicamente orientato Kamma and the end of kamma di Ajahn Sucitto qui  Il rapporto fra etica e liberazione è importante per un’appropriata comprensione della pratica del Dhamma, perché come diceva Ajahn Chah, la consapevolezza e la comprensione ci consentono di non essere né al di sotto, né al di sopra del bene e del male…

SI AVVICINA il Giorno della memoria, 27 gennaio e vi segnalo la programmazione dal sito di radio3 in particolare il Progetto Treno della Memoria 2015 che porterà 600 ragazzi delle scuole toscane, insieme a studenti universitari, sopravvissuti dei campi di sterminio nazisti, insegnanti, giornalisti, storici, ad Auschwitz-Birkenau per realizzare una serie di video documentari e soprattutto incontrare e ascoltare testimonianze sulla Shoah. Oggi riconosciamo che la capacità o l’incapacità di ogni singolo individuo di pensare e scegliere eticamente e liberamente ha determinato il corso della storia, ha pesato drammaticamente, inesorabilmente, sulle vite di milioni di persone. Ma allora, quanti sentivano che la propria indifferenza, o l’acquiescenza alle emozioni collettive dominanti, facessero una sostanziale, e fatale, differenza? Pochi. 1422040016749Memoria_quattroNon eravamo pronti allora, e rischiamo di non esserlo oggi. Se siamo scivolati nella negligenza o crediamo di essere più intelligenti o fortunati dei nostri padri e nonni, ripensiamoci. Idealmente, salgo su quel treno guardando e ascoltando attraverso gli occhi e il cuore di quei ragazzi, ci salgo con quanto ho compreso del Dhamma, della pratica, del mio umile sforzo quotidiano, vedo cosa ne resta, cosa regge. E quel che perde senso, quello che non può stare su quel treno, lo lascio a terra.

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