• Home
  • Blog e Privacy
  • Letizia
  • Calendario
  • Video
  • Links
  • Audio
  • Focusing
  • Dāna

Il blog di Letizia Baglioni

Archivi tag: ottuplice sentiero

Innocenza o saggezza?

26 domenica Apr 2020

Posted by Letizia Baglioni in Sutta

≈ Lascia un commento

Tag

Etica buddhista, motivazione e intenzione, ottuplice sentiero, retta intenzione, retto sforzo, samma vayama

fiori-di-tiglio_NG1Traduco di seguito il  Samaṇamaṇḍikāputta Sutta, Majjhima Nikāya 78. In questo discorso il Buddha chiarisce a un suo discepolo, il carpentiere Pancakaṅga, in cosa consiste la realizzazione spirituale secondo il suo insegnamento, mettendola a confronto con un percorso di semplice innocenza morale proposto da un asceta di un’altra scuola filosofica. Il punto centrale è che un discepolo del Buddha comprende e realizza direttamente cosa sono il bene e il male come stati della mente e della volontà, da cosa sorgono, come cessano e come si pratica per la loro cessazione. Quando il processo è visto in termini di cause e condizioni che possono cambiare e cessare, piuttosto che in termini di “io e mio”, l’identità costruita sugli schemi e le abitudini sane o malsane e sui loro effetti viene a cessare, e con essa ogni conflitto e ogni motivazione o desiderio di futura esistenza o di ‘nascere’ come questo o quello. Ecco perché, nel brano seguente, si parla di ‘cessazione’ anche delle intenzioni moralmente appropriate, nel momento in cui non vi è più bisogno di sostenerle con la volontà. Nelle note aggiungo rinvii ad altri testi o materiali pubblicati su questo blog che possono aiutare a chiarire o mettere in contesto i fattori del sentiero evidenziati in questo sutta. Il riferimento a un ‘monaco’ (bhikkhu) è da intendersi qui non come specifico, ma come indicativo di un/una praticante in addestramento.


Così ho udito. Una volta il Buddha risiedeva presso Sāvatthī nel Boschetto di Jeta, il monastero di Anāthapiṇḍika. A quel tempo, l’asceta itinerante Uggāhamāna figlio di Samaṇamuṇḍikā stava con circa trecento seguaci nel parco di Mallikā, il padiglione per i dibattiti circondato da alberi di ebano. Ordunque, il carpentiere Pañcakaṅga partì da Sāvatthī in tarda mattinata per incontrare il Buddha. Ma poi pensò: “Non è il momento di visitare il Buddha, perché è in ritiro. E non è il momento di visitare i suoi stimati monaci, perché anche loro sono in ritiro. E se andassi al parco di Mallikā a trovare l’asceta Uggāhamāna?” E così fece.

In quel momento Uggāhamāna sedeva con un folto gruppo di asceti che discutevano ad alta voce, facendo un gran chiasso. E parlavano di argomenti triviali come: re, banditi e ministri, eserciti, pericoli e battaglie, cibi, bevande, abiti, letti, fiori, ghirlande e profumi; parlavano di parenti, veicoli, villaggi, città e province, donne ed eroi, pettegolezzi in piazza e alla fontana; parlavano di defunti, del più e del meno, di terra e di mare, di esistenza e non esistenza. [1] Uggāhamāna vide da lontano il carpentiere Pancakaṅga e invitò tutti a fare silenzio, dicendo: “Zitti, non fate chiasso; quello che arriva è un discepolo del monaco Gotama, il carpentiere Pancakaṅga. E’ uno di quei laici vestiti di bianco, uno di quei seguaci del monaco Gotama che risiedono nella città di Sāvatthī. Questi signori amano la quiete, si addestrano alla quiete, lodano la quiete. Perciò, se vede che il nostro gruppo non fa chiasso potrebbe decidere di avvicinarsi”. A quelle parole, gli asceti fecero silenzio.

Pancakaṅga il carpentiere si avvicinò a Uggāhamāna e scambiò con lui i saluti. Terminati i cordiali convenevoli, si sedette da un canto. Poi Uggāhamāna si rivolse a Pancakaṅga il carpentiere, che era seduto da un canto, dicendo: “Io, carpentiere, sostengo che una persona dotata di quattro qualità è un asceta invincibile, esperto nel bene [kusalaṃ], eccellente nel bene, che ha conseguito la massima realizzazione. E quali quattro? Ecco, carpentiere: non compie azioni nocive col corpo, non dice parole nocive, non ha intenzioni nocive, non si mantiene con mezzi nocivi. Io sostengo che una persona dotata di queste quattro qualità è un asceta invincibile, esperto nel bene, eccellente nel bene, che ha conseguito la massima realizzazione”. Ma il falegname Pancakaṅga non approvò le parole di Uggāhamāna, né le disapprovò. Senza approvare o disapprovare, si alzò e se ne andò, pensando: “Me le farò spiegare dal Maestro”.

Così Pancakaṅga si recò dal Maestro. Gli si accostò, lo salutò rispettosamente e si sedette da un canto. Dopodiché, ripeté al Maestro la conversazione avuta con Uggāhamāna. Il Maestro rispose a Pancakaṅga: “Se fosse così, carpentiere, un bambinetto in fasce sarebbe un asceta invincibile esperto nel bene, eccellente nel bene, che ha conseguito la massima realizzazione. Perché un bambinetto in fasce non pensa neppure in termini di ‘corpo’: come potrebbe compiere azioni nocive col corpo, tranne tirare qualche calcetto? Un bambinetto in fasce non pensa neppure in termini di ‘parola’: come potrebbe dire parole nocive, tranne piangere un po’? Un bambinetto in fasce non pensa neppure in termini di ‘intenzione’: come potrebbe avere intenzioni nocive, tranne agitarsi un po’? Un bambinetto in fasce, carpentiere, non pensa neppure in termini di ‘mezzi di sussistenza’: come si manterrebbe con mezzi nocivi, tranne succhiare il latte? Dunque, stando alle parole di Uggāhamāna, un bambinetto in fasce è esperto nel bene, eccellente nel bene, un asceta invincibile che ha conseguito la massima realizzazione. Ma io, carpentiere, una persona che ha quattro qualità – cioè che non compie azioni nocive col corpo, non dice parole nocive, non ha intenzioni nocive, non si mantiene con mezzi nocivi – non la considero esperta nel bene o eccellente nel bene, un asceta invincibile che ha conseguito la massima realizzazione; dico che è sullo stesso piano di un bambinetto in fasce.

Io, carpentiere, dico che una persona dotata di dieci qualità è esperto nel bene, eccellente nel bene, un asceta invincibile che ha conseguito la massima realizzazione. Dico che vi sono cose che vanno comprese. E cioè: “Questi sono comportamenti non salutari”; “I comportamenti non salutari hanno origine qui”; “Qui cessano completamente i comportamenti non salutari”; “Chi pratica così, pratica per la cessazione dei comportamenti non salutari”. E inoltre: “Questi sono comportamenti salutari”; “I comportamenti salutari hanno origine qui”; “Qui cessano completamente i comportamenti salutari”; “Chi pratica così, pratica per la cessazione dei comportamenti salutari”. E inoltre: “Queste sono intenzioni (sankappa) non salutari”; “Le intenzioni non salutari hanno origine qui”; “Qui cessano completamente le intenzioni non salutari”; “Chi pratica così pratica per la cessazione delle intenzioni non salutari”. E inoltre: “Queste sono intenzioni salutari”; “Le intenzioni salutari hanno origine qui”; “Qui cessano completamente le intenzioni salutari”; “Chi pratica così pratica per la cessazione delle intenzioni salutari”.

E cosa sono, carpentiere, i comportamenti non salutari (akusalā sīlā)? Sono le azioni non salutari compiute con il corpo e la parola, e il mantenersi con mezzi scorretti. E dove hanno origine i comportamenti non salutari? Ho parlato anche della loro origine: e la risposta è che hanno origine nella mente. Quale mente? Perché la mente è multiforme, variegata e sempre diversa. La mente con avidità, odio e illusione (sarāgaṃ sadosaṃ samohaṃ): qui hanno origine i comportamenti non salutari. E dove cessano completamente i comportamenti non salutari? Anche della loro cessazione ho parlato. E cioè: un monaco abbandona un comportamento nocivo con il corpo, la parola e la mente, e adotta un buon comportamento con il corpo, la parola e la mente; non si mantiene con mezzi scorretti e adotta mezzi di sussistenza corretti. È qui che i comportamenti non salutari cessano completamente. [2]

E in che modo pratica chi pratica per la cessazione dei comportamenti non salutari? Ecco: suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di prevenire il sorgere di qualità dannose e non salutari non ancora sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di abbandonare le qualità dannose e non salutari che siano sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di far sorgere qualità salutari non ancora sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di mantenere, chiarificare, far crescere, arricchire, maturare e perfezionare le qualità salutari già sorte. Praticando così, pratica per la cessazione dei comportamenti non salutari. [3]

E cosa sono, carpentiere, i comportamenti salutari (kusalā sīlā)? Sono le azioni salutari compiute con il corpo e la parola e mantenersi con mezzi corretti. E dove hanno origine i comportamenti salutari? Ho parlato anche della loro origine: e bisogna rispondere che hanno origine nella mente. Quale mente? Perché la mente è multiforme, variegata e sempre diversa. La mente che è priva di avidità, odio e illusione (vītarāgaṃ vītadosaṃ vītamohaṃ): qui hanno origine i comportamenti salutari. E dove cessano completamente i comportamenti salutari? Anche della loro cessazione ho parlato. E cioè: un monaco è virtuoso, ma non si identifica con la virtù [no ca sīlamayo] e conosce per esperienza diretta la liberazione del cuore e la liberazione data dal discernimento dove i comportamenti salutari cessano senza lasciare traccia.

E in che modo pratica chi pratica per la cessazione dei comportamenti salutari? Ecco: suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di prevenire il sorgere di qualità dannose e non salutari non ancora sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di abbandonare le qualità dannose e non salutari che siano sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di far sorgere qualità salutari non ancora sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di mantenere, chiarificare, far crescere, arricchire, maturare e perfezionare le qualità salutari già sorte. Praticando così, pratica per la cessazione dei comportamenti salutari.

“E quali sono le intenzioni non salutari? Le intenzioni sensuali, ostili o aggressive. E dove hanno origine le intenzioni non salutari? Ho parlato anche della loro origine. E alla domanda si deve rispondere che sorgono dalla percezione. Ma quale percezione? Perché la percezione è molteplice, varia, diversificata. Le intenzioni non salutari  sorgono da percezioni connesse al piacere dei sensi, alla resistenza [o avversione] e all’aggressività. E dove cessano completamente le intenzioni non salutari? Ho parlato anche della loro cessazione. E’ il caso in cui un monaco, separato dagli stimoli sensoriali e separato dagli stati mentali non salutari, entra e permane nel primo livello di quiete meditativa [jhāna] che si associa all’applicazione iniziale e sostenuta: gioia e piacere nati dalla separazione. È qui che le intenzioni non salutari cessano completamente. E in che modo pratica uno che pratica per la cessazione delle intenzioni non salutari? Ecco: suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di prevenire il sorgere di qualità dannose e non salutari non ancora sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di abbandonare le qualità dannose e non salutari che siano sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di far sorgere qualità salutari non ancora sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di mantenere, chiarificare, far crescere, arricchire, maturare e perfezionare le qualità salutari già sorte. Praticando così, pratica per la cessazione delle intenzioni non salutari.

E quali sono le intenzioni salutari? La rinuncia, la benevolenza e la compassione. [4] E dove hanno origine le intenzioni salutari? Ho parlato anche della loro origine: e la risposta è che sorgono dalla percezione. Ma quale percezione? Perché la percezione è molteplice, varia, diversificata. Le intenzioni salutari emergono da percezioni connesse all’appagamento, alla non-avversione, alla non-violenza. E dove cessano completamente le intenzioni salutari? Ho parlato anche della loro cessazione. E’ il caso in cui un monaco, rilassando l’applicazione iniziale e sostenuta, entra e permane nel secondo livello di quiete meditativa che è privo di applicazione iniziale e sostenuta: una mente concentrata e internamente fiduciosa, gioia e piacere nati dall’unificazione. È qui che le intenzioni salutari cessano completamente. E in che modo pratica uno che pratica per la cessazione delle intenzioni salutari? Ecco: suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di prevenire il sorgere di qualità dannose e non salutari non ancora sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di abbandonare le qualità dannose e non salutari che siano sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di far sorgere qualità salutari non ancora sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di mantenere, chiarificare, far crescere, arricchire, maturare e perfezionare qualità salutari già sorte. Praticando così, pratica per la cessazione delle intenzioni salutari. [5]

[Segue l’esposizione dei 10 fattori del sentiero di cui è dotato un asekhā cioè qualcuno che ha completato l’addestramento – un arahant: sono gli 8 fattori standard del sentiero più la retta conoscenza e la retta liberazione.  Per il brano completo cfr trad. Sujato https://suttacentral.net/mn78/en/sujato ].

Questo disse il Maestro. Soddisfatto, Pancakaṅga il carpentiere apprezzò le parole del Maestro.

NOTE

[1] Sulla ‘parola futile’ e le altre forme di parola retta e non retta vedi QUI Il documento contiene anche una tipica presentazione dei cinque precetti etici per i laici buddhisti.

[2] Per una esposizione delle 10 condotte morali e immorali vedi Majjhima Nikāya 41 Sāleyyaka Sutta trad. it.  Una tipica definizione dei modi scorretti di guadagnarsi da vivere per un praticante laico (indicativa, non certamente esaustiva) include cinque forme di commercio: armi, esseri umani, animali da macello, liquori, veleni (p. es AN 5.177;  vedi QUI  anche sui mezzi di sussistenza scorretti per un monaco mendicante.  Il concetto di “mezzi di sussistenza appropriati” ha ispirato direttamente o indirettamente il dibattito, gli studi e molte interessanti iniziative intorno all’etica del lavoro e dei modi di produzione nel mondo contemporaneo, e sull’importanza di questo fattore per il benessere dell’individuo, della società e dell’ambiente (a cominciare dall’ormai classico saggio di Schumacher Piccolo è bello ; vedi anche il sito https://www.rightlivelihoodaward.org/)

[3] Sul retto sforzo (sammā vayāma ) come fattore del sentiero, qui esposto secondo la classica formula quadruplice, vedi Laboratorio Mestre 2017-18  e relativi file AUDIO

[4] Sulle rette motivazioni o intenzioni (sammā saṅkappā) come fattore del sentiero e sui diversi modi di rendere il termine saṅkappā e le tre qualità mentali cui si fa riferimento vedi testi e documenti sulla pagina Ritiro-di-febbraio-a-Tossignano 2020 e relativi file AUDIO.  Ascolta anche:

https://letiziabaglionidotcom.files.wordpress.com/2020/04/domenica-4.mp3

 

[5] Sugli stati di quiete meditativa vedi QUI

 

 

 

 

 

 

Amici (2)

28 sabato Mar 2020

Posted by Letizia Baglioni in Sutta

≈ Lascia un commento

Tag

amicizia, kalyanamitta, ottuplice sentiero

Nel post precedente abbiamo considerato il vero amico o “amico sincero” (suhadamitta) come contrapposto al “falso amico” (DN 31) e le qualità che rendono preziosa, e degna di essere ricercata, la compagnia di qualcuno. L’amicizia in questo caso è vista, in generale, come una relazione personale, paritaria e di mutuo beneficio basata su bisogni e valori condivisi o condivisibili da molti, o quanto meno da persone riflessive e dotate di sensibilità etica.

In questo post traduco invece un discorso (Saṃyutta Nikāya 45.2) da cui emerge la connotazione specifica che l’espressione kalyāṇamitta riveste in riferimento alla coltivazione dell’ottuplice sentiero, e quindi per coloro che si riconoscono negli insegnamenti del Buddha e aspirano a metterli in pratica. Il Dhamma stesso è descritto come kalyāṇa, ossia bello, ammirevole, (1) nel senso di “qualcosa che rincuora, nutre, ritempra, che reca diletto all’animo” .(2) Occorre tener conto di queste diverse sfumature dell’aggettivo per comprendere appieno la natura della ‘buona amicizia’ di cui si parla qui. Scrive Bhikkhu Bodhi: “Come sostantivo indipendente kalyāṇamitta significa un buon amico, nel senso di un amico spirituale che offre consiglio, guida e incoraggiamento. Quando è usato in apposizione a bhikkhu, tuttavia […] l’intera espressione significa ‘un bhikkhu che ha un buon amico’”. (3)

Così come l’alba annuncia e precede il sorgere del sole, così per un bhikkhu la buona amicizia annuncia e precede il sorgere dei sette fattori del risveglio. Quando un bhikkhu ha un buon amico, è possibile che coltivi e sviluppi i sette fattori del risveglio. Saṃyutta Nikāya 46.8

Naturalmente, anche in questo caso il riferimento ai bhikkhu cioè ai monaci che hanno ricevuto la piena ordinazione (e in altri testi delle scuole antiche a bhikkhuni, cioè a monache) non esclude che l’insegnamento valga anche per i laici uomini e donne che praticano l’ottuplice sentiero in maniera dedicata. Anzi, il Buddha consiglia espressamente ai laici di coltivare la kalyāṇamittatā (nel brano seguente tratto dall’Aṅguttara Nikāya seguo Thanissaro Bhikkhu nella resa del termine):

E cosa si intende per amicizia ammirevole? C’è il caso in cui una persona laica abita in città o in un villaggio. E in quella città o villaggio vi sono capofamiglia, o i loro figli, che sono giovani o anziani ma comunque maturi nella condotta, che hanno sviluppato fiducia, etica, generosità e discernimento. Così li frequenta, conversa con loro, affronta con loro un argomento. Ed emula la loro stessa fiducia, etica, generosità e discernimento. (AN 8.54)

Per inquadrare il dialogo fra il Buddha e Ānanda messo in scena nel testo seguente è poi utile ricordare che una delle qualità del Dhamma sottolineate nei Discorsi è quella di rafforzare l’autonomia e scoraggiare il gregarismo (p. es.  AN 8.53 Riconoscere il Dhamma).  Dunque il valore della buona amicizia come ‘intera vita spirituale’ non sta nel dipendere da un gruppo o da un insegnante, ma nel fatto che la retta comprensione e gli altri fattori del sentiero emergono nel contesto di una relazione e di un incontro, in primo luogo con il Buddha.(4)

Così ho udito. In quel tempo il Maestro dimorava nella terra dei Sakya, dove c’è una città chiamata Nagaraka. Allora il venerabile Ānanda si accostò al Maestro. Dopo essersi accostato, lo salutò rispettosamente, si sedette da un canto e gli disse: “Signore, questa è la metà della vita spirituale: la buona amicizia, la buona compagnia, la buona associazione. “No Ānanda! La buona amicizia, la buona compagnia, la buona associazione è l’intera vita spirituale. Se un bhikkhu ha buoni amici, buoni compagni, buoni associati, è possibile che sviluppi e coltivi il nobile ottuplice sentiero.

“E in che modo, Ānanda, un bhikkhu che ha un buon amico, un buon compagno, un buon associato, sviluppa e coltiva il nobile ottuplice sentiero? Ānanda, un bhikkhu sviluppa la retta prospettiva che dipende dalla separazione [dalle qualità non salutari], dal distacco, dalla cessazione, e matura nel lasciar andare. Sviluppa la retta intenzione … retta parola … retti mezzi di sostentamento … retto sforzo … retta presenza mentale .. retta concentrazione che dipende dalla separazione, dal distacco, dalla cessazione, e matura nel lasciar andare. (5) È in questo modo, Ānanda, che un bhikkhu che ha un buon amico, un buon compagno, un buon associato, sviluppa e coltiva il nobile ottuplice sentiero.

E anche da questo, Ānanda, si può capire come l’intera vita spirituale sia buona amicizia, buona compagnia, buona associazione: facendo affidamento su di me come buon amico (kalyāṇamitta) gli esseri soggetti alla nascita sono affrancati dalla nascita, gli esseri soggetti alla vecchiaia sono affrancati dalla vecchiaia, gli esseri soggetti alla morte sono affrancati dalla morte; gli esseri soggetti a tristezza, lamento, dolore, angoscia e disperazione sono affrancati da tristezza, lamento, dolore, angoscia e disperazione. Anche per questo, Ānanda, si può capire come l’intera vita spirituale consista nella buona amicizia, nella buona compagnia, nella buona associazione.”

(1) Il Buddha insegna un Dhamma che è “bello all’inizio, bello nel mezzo e bello alla fine”  cfr. p. es. MN 41   Altrove si sottolinea che il Dhamma ha lo stesso gusto a qualunque livello (iniziale, intermedio o finale) come una goccia del mare ha il sapore di sale di tutto l’oceano.

(2) Achaan Sucitto, Kalyana: il sentiero graduale del Buddha, Astrolabio 2003, p. 59. Consiglio di leggere l’intero volumetto, ma in particolare il cap. 4 “Associarsi con il bello” come commento a questa qualità attribuita al Dhamma e all’amicizia spirituale.

(3) The Connected Discourses of the Buddha: A Translation of the Saṃyutta Nikāya by Bhikkhu Bodhi, Wisdom Pub., 1999 – nota 6 p. 1890. Il solo testo della traduzione di SN 54.2 è disponibile anche online su  https://suttacentral.net/sn45.2/en/bodhi

(4) A questo proposito Achaan Sucitto commenta:  “Di solito ci si ferma lì pensando: ‘Dunque il Buddha conveniva che ciò che conta è avere buoni amici nella vita religiosa’. Cosa improbabile, specialmente trattandosi di Ananda a cui il Buddha rimprovera di quando in quando il troppo amore della compagnia”. op. cit. p. 59.

(5) Questa sequenza ricorre nei Discorsi in associazione con ‘nissitaṃ’ (= basato su, in dipendenza da) per indicare sia la direzione generale sia il modo di portare avanti la pratica, culminante nel lasciar andare. Vedi anche la sezione sui sette fattori del risveglio inclusa nel Discorso sulla consapevolezza inspirando ed espirando MN 18, e il già citato SN 46.12.  I termini chiave (viveka virāga nirodha vossagga) sono stati resi variamente, ma comunque indicano una mente pacificata a diversi gradi; un’inclinazione generale verso l’attenuarsi delle aspettative e della negatività nei confronti del mondo, nonché dell’illusione che vede la permanenza e solidifica l’esperienza; di qui la possibilità di non aggrapparsi ciecamente a oggetti, idee o identità. Vossagga è un ‘mollare la presa’ o ‘rilasciare’ che va dalla semplice generosità o condivisione, al rilassamento associato a una felice rinuncia; a un livello più alto è una mente incline all’ abbandono, che non si aggrappa al condizionato e sfocia nel nibbāna (la pace incondizionata).

Laboratorio Mestre 2017-18 (2)

05 lunedì Mar 2018

Posted by Letizia Baglioni in Pratica buddhista

≈ 17 commenti

Tag

Laboratorio Mestre, ottuplice sentiero, parami, virtù

E’ iniziato il SECONDO CICLO del Laboratorio di studio e pratica del Dhamma che si terrà a Venezia Mestre dal 5 MARZO al 28 MAGGIO  – Le 10 pāramī: traversare la corrente del quotidiano  INFO

Negli undici incontri esploreremo attivamente le 10 virtù o ‘perfezioni’ che secondo la tradizione hanno donato al  futuro Buddha  la forza, la fiducia e la chiarezza per intraprendere con successo il cammino del risveglio: Generosità  — Dāna, Moralità — Sīla, Rinuncia  — Nekkhamma, Discernimento/Saggezza – Paññā, Energia —Viriya, Pazienza  — Khanti, Onestà  — Sacca, Determinazione — Adhiṭṭhāna, Gentilezza  — Mettā, Equanimità  — Upekkhā

thumbs_broussonetia-papyrifera-3Pur essendo un insegnamento più tardo, collegato ai racconti  edificanti sulle vite precedenti di Gotama (Jātaka) il valore attribuito a queste qualità spirituali nel sostenere il cammino contemplativo e generare effetti positivi per se stessi e per gli altri è già implicito nei Discorsi antichi.   

Questa pagina verrà aggiornata con gli APPUNTI relativi al seminario. Riflessioni e materiali supplementari nei COMMENTI. Le registrazioni degli incontri verranno rese via via disponibili alla pagina AUDIO

LETTURE

Achaan Sucitto Kalyana: il sentiero graduale del Buddha, Astrolabio, Roma 2003.

Achaan Sucitto Parami – Ways to Cross Lifes Floods

Utile aver lavorato con i temi e gli spunti di pratica del Laboratorio Mestre primo ciclo

APPUNTI

  1. SĪLA – Moralità. Sulla funzione dei cinque precetti  ; Citazioni dai Sutta (in particolare sul linguaggio – vedi anche: SACCA – Onestà)  Commenti
  2. NEKKHAMMA – Lasciar andare Appunti
  3. Dasa Pāramī  (canto) AUDIO  TESTO
  4. KHANTI – Pazienza  Citazioni
  5. SACCA – Onestà Appunti    Vedi anche il documento su Retta parola – Sammavaca
  6. METTĀ – Benevolenza  Appunti
  7. UPEKKHĀ – Equanimità Appunti

 

 

Laboratorio Mestre 2017-18 (1)

10 martedì Ott 2017

Posted by Letizia Baglioni in Pratica buddhista

≈ Lascia un commento

Tag

Laboratorio Mestre, ottuplice sentiero, retto sforzo, samma vayama, viriya

E’ iniziato il PRIMO CICLO del Laboratorio di studio e pratica del Dhamma che si terrà a Mestre dal 9 OTTOBRE al 27 NOVEMBRE  INFO  Sammā vāyāma – Il retto sforzo  nell’ottuplice sentiero 

Negli otto incontri metteremo a fuoco il tema dei “quattro sforzi appropriati”  (prevenire & abbandonare le qualità non salutari; suscitare & sostenere le qualità salutari) nella meditazione e nella vita quotidiana. Esploreremo inoltre la funzione dell’energia come fattore del risveglio (viriya) nel processo organico di sviluppo mentale e liberazione delineato dal Buddha. 

Questa pagina verrà aggiornata periodicamente con gli APPUNTI E I TESTI relativi al seminario. Le registrazioni degli incontri verranno rese via via disponibili alla pagina AUDIO

LETTURE PRELIMINARI : H. Gunaratana, La felicità in otto passi, Astrolabio, Roma 2004  – cap. 6 “Lo sforzo appropriato”; “Fattori dell’illuminazione” (vedi indice analitico).   2) Achaan Sucitto, Kalyana: il sentiero graduale del Buddha, Astrolabio, Roma 2003.

  1. APPUNTI
  2. APPUNTI
  3. APPUNTI
  4. URAGA SUTTA (Sutta Nipata 1-17; trad. it. C. Cicuzza, La rivelazione del Buddha, vol. 1, Mondadori 2001)  vedi anche trad. Nyanaponika Thera

 

Iscriviti

  • RSS - Articoli
  • RSS - Commenti

Inserisci il tuo indirizzo e-mail per ricevere notifica dei nuovi articoli.

Categorie

  • Aggiornamenti
  • Pratica buddhista
  • Senza categoria
  • Sutta

Archivi

  • febbraio 2021
  • gennaio 2021
  • dicembre 2020
  • ottobre 2020
  • settembre 2020
  • agosto 2020
  • luglio 2020
  • giugno 2020
  • maggio 2020
  • aprile 2020
  • marzo 2020
  • gennaio 2020
  • dicembre 2019
  • novembre 2019
  • ottobre 2019
  • settembre 2019
  • agosto 2019
  • luglio 2019
  • aprile 2019
  • marzo 2019
  • febbraio 2019
  • gennaio 2019
  • dicembre 2018
  • novembre 2018
  • ottobre 2018
  • settembre 2018
  • agosto 2018
  • luglio 2018
  • giugno 2018
  • maggio 2018
  • marzo 2018
  • febbraio 2018
  • gennaio 2018
  • dicembre 2017
  • novembre 2017
  • ottobre 2017
  • settembre 2017
  • giugno 2017
  • maggio 2017
  • aprile 2017
  • marzo 2017
  • febbraio 2017
  • novembre 2016
  • ottobre 2016
  • settembre 2016
  • agosto 2016
  • luglio 2016
  • giugno 2016
  • aprile 2016
  • marzo 2016
  • dicembre 2015
  • novembre 2015
  • settembre 2015
  • agosto 2015
  • maggio 2015
  • marzo 2015
  • febbraio 2015
  • gennaio 2015
  • dicembre 2014
  • novembre 2014
  • ottobre 2014

Tag

Ajahn Chah Ajahn Sumedho amicizia anapanasati anupubbikatha appamana Attadanda Sutta Beethoven Bhante Sujato Bhikkhu Analayo Bodhi College brahmavihara Buddhismo delle origini calendario ritiri cambiamento climatico canti in pali Carlo Rovelli cetana sutta cinque impedimenti condizionalità consapevolezza dei pensieri consapevolezza del corpo consapevolezza del presente consapevolezza del respiro contingenza dhammata dukkha esperienza estrema destra Etica buddhista facoltà spirituali Focusing giorno della memoria Gotami historically informed performances indriya karma karma e rinascita khandha Laboratorio Mestre Mara meditazione di consapevolezza meditazione e impegno sociale metafora metta motivazione e intenzione Nava Sutta orafo ottuplice sentiero pamsudhovaka sutta parami percezione purificazione della mente quattro nobili verità realtà aumentata retta concentrazione retta intenzione retta parola retto sforzo samadhi samatha samma vayama sappurisa sati satipatthana satipatthana sutta setacciatore Sutta Tradizione tailandese della foresta vedana violenza vipassana virtù viveka volontà

Blog su WordPress.com.

Annulla

 
Caricamento commenti...
Commento
    ×