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Il blog di Letizia Baglioni

Archivi tag: motivazione e intenzione

La mente amichevole: insegnamenti dai Discorsi del buddhismo antico

18 giovedì Feb 2021

Posted by Letizia Baglioni in Percorsi tematici, Pratica buddhista

≈ Commenti disabilitati su La mente amichevole: insegnamenti dai Discorsi del buddhismo antico

Tag

benevolenza, brahmavihara, metta, motivazione e intenzione, retta intenzione

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Meditazioni, letture e riflessioni sulla qualità della benevolenza (mettā) nell’ottuplice sentiero. Guidati dal “Discorso sulla benevolenza” (Sutta Nipata 1.8) esploreremo il ruolo della mettā nella meditazione e le sue espressioni etiche e sociali  INFO E PROGRAMMA

Il ritiro online è concluso. Su questa pagina i materiali di studio e pratica

Introduzione 

Retta intenzione retto sforzo nell’ottuplice sentiero

https://letiziabaglionidotcom.files.wordpress.com/2021/02/mente-amichevole-come-relazione.mp3

Metta come relazione (d&r, discorso, parabola degli acrobati: Sedaka Sutta, SN 47.19)

https://letiziabaglionidotcom.files.wordpress.com/2020/05/02-med.-guidata-consapevolezza-del-corpo.mp3

Meditazione guidata: consapevolezza del corpo

https://letiziabaglionidotcom.files.wordpress.com/2021/09/med.-guid.-metta.mp3

Meditazione guidata: benevolenza o amichevole gentilezza  (pratica preliminare)

VEDI ANCHE gli audio dal ritiro ‘Mente amichevole’ Tossignano 2018

Altri materiali utili

La tromba di conchiglia 

Metta Sutta canto in pali (e foto di Ajahn Chah con la gazzella) 

Discorso del Buddha sulla benevolenza (mia trad. it.  del Metta Sutta Sn 1.8)

METTĀ nei discorsi antichi

Citazioni dai sutta

Amici

Innocenza o saggezza?

26 domenica Apr 2020

Posted by Letizia Baglioni in Sutta

≈ Commenti disabilitati su Innocenza o saggezza?

Tag

Etica buddhista, motivazione e intenzione, ottuplice sentiero, retta intenzione, retto sforzo, samma vayama

fiori-di-tiglio_NG1Traduco di seguito il  Samaṇamaṇḍikāputta Sutta, Majjhima Nikāya 78. In questo discorso il Buddha chiarisce a un suo discepolo, il carpentiere Pancakaṅga, in cosa consiste la realizzazione spirituale secondo il suo insegnamento, mettendola a confronto con un percorso di semplice innocenza morale proposto da un asceta di un’altra scuola filosofica. Il punto centrale è che un discepolo del Buddha comprende e realizza direttamente cosa sono il bene e il male come stati della mente e della volontà, da cosa sorgono, come cessano e come si pratica per la loro cessazione. Quando il processo è visto in termini di cause e condizioni che possono cambiare e cessare, piuttosto che in termini di “io e mio”, l’identità costruita sugli schemi e le abitudini sane o malsane e sui loro effetti viene a cessare, e con essa ogni conflitto e ogni motivazione o desiderio di futura esistenza o di ‘nascere’ come questo o quello. Ecco perché, nel brano seguente, si parla di ‘cessazione’ anche delle intenzioni moralmente appropriate, nel momento in cui non vi è più bisogno di sostenerle con la volontà. Nelle note aggiungo rinvii ad altri testi o materiali pubblicati su questo blog che possono aiutare a chiarire o mettere in contesto i fattori del sentiero evidenziati in questo sutta. Il riferimento a un ‘monaco’ (bhikkhu) è da intendersi qui non come specifico, ma come indicativo di un/una praticante in addestramento.


Così ho udito. Una volta il Buddha risiedeva presso Sāvatthī nel Boschetto di Jeta, il monastero di Anāthapiṇḍika. A quel tempo, l’asceta itinerante Uggāhamāna figlio di Samaṇamuṇḍikā stava con circa trecento seguaci nel parco di Mallikā, il padiglione per i dibattiti circondato da alberi di ebano. Ordunque, il carpentiere Pañcakaṅga partì da Sāvatthī in tarda mattinata per incontrare il Buddha. Ma poi pensò: “Non è il momento di visitare il Buddha, perché è in ritiro. E non è il momento di visitare i suoi stimati monaci, perché anche loro sono in ritiro. E se andassi al parco di Mallikā a trovare l’asceta Uggāhamāna?” E così fece.

In quel momento Uggāhamāna sedeva con un folto gruppo di asceti che discutevano ad alta voce, facendo un gran chiasso. E parlavano di argomenti triviali come: re, banditi e ministri, eserciti, pericoli e battaglie, cibi, bevande, abiti, letti, fiori, ghirlande e profumi; parlavano di parenti, veicoli, villaggi, città e province, donne ed eroi, pettegolezzi in piazza e alla fontana; parlavano di defunti, del più e del meno, di terra e di mare, di esistenza e non esistenza. [1] Uggāhamāna vide da lontano il carpentiere Pancakaṅga e invitò tutti a fare silenzio, dicendo: “Zitti, non fate chiasso; quello che arriva è un discepolo del monaco Gotama, il carpentiere Pancakaṅga. E’ uno di quei laici vestiti di bianco, uno di quei seguaci del monaco Gotama che risiedono nella città di Sāvatthī. Questi signori amano la quiete, si addestrano alla quiete, lodano la quiete. Perciò, se vede che il nostro gruppo non fa chiasso potrebbe decidere di avvicinarsi”. A quelle parole, gli asceti fecero silenzio.

Pancakaṅga il carpentiere si avvicinò a Uggāhamāna e scambiò con lui i saluti. Terminati i cordiali convenevoli, si sedette da un canto. Poi Uggāhamāna si rivolse a Pancakaṅga il carpentiere, che era seduto da un canto, dicendo: “Io, carpentiere, sostengo che una persona dotata di quattro qualità è un asceta invincibile, esperto nel bene [kusalaṃ], eccellente nel bene, che ha conseguito la massima realizzazione. E quali quattro? Ecco, carpentiere: non compie azioni nocive col corpo, non dice parole nocive, non ha intenzioni nocive, non si mantiene con mezzi nocivi. Io sostengo che una persona dotata di queste quattro qualità è un asceta invincibile, esperto nel bene, eccellente nel bene, che ha conseguito la massima realizzazione”. Ma il falegname Pancakaṅga non approvò le parole di Uggāhamāna, né le disapprovò. Senza approvare o disapprovare, si alzò e se ne andò, pensando: “Me le farò spiegare dal Maestro”.

Così Pancakaṅga si recò dal Maestro. Gli si accostò, lo salutò rispettosamente e si sedette da un canto. Dopodiché, ripeté al Maestro la conversazione avuta con Uggāhamāna. Il Maestro rispose a Pancakaṅga: “Se fosse così, carpentiere, un bambinetto in fasce sarebbe un asceta invincibile esperto nel bene, eccellente nel bene, che ha conseguito la massima realizzazione. Perché un bambinetto in fasce non pensa neppure in termini di ‘corpo’: come potrebbe compiere azioni nocive col corpo, tranne tirare qualche calcetto? Un bambinetto in fasce non pensa neppure in termini di ‘parola’: come potrebbe dire parole nocive, tranne piangere un po’? Un bambinetto in fasce non pensa neppure in termini di ‘intenzione’: come potrebbe avere intenzioni nocive, tranne agitarsi un po’? Un bambinetto in fasce, carpentiere, non pensa neppure in termini di ‘mezzi di sussistenza’: come si manterrebbe con mezzi nocivi, tranne succhiare il latte? Dunque, stando alle parole di Uggāhamāna, un bambinetto in fasce è esperto nel bene, eccellente nel bene, un asceta invincibile che ha conseguito la massima realizzazione. Ma io, carpentiere, una persona che ha quattro qualità – cioè che non compie azioni nocive col corpo, non dice parole nocive, non ha intenzioni nocive, non si mantiene con mezzi nocivi – non la considero esperta nel bene o eccellente nel bene, un asceta invincibile che ha conseguito la massima realizzazione; dico che è sullo stesso piano di un bambinetto in fasce.

Io, carpentiere, dico che una persona dotata di dieci qualità è esperto nel bene, eccellente nel bene, un asceta invincibile che ha conseguito la massima realizzazione. Dico che vi sono cose che vanno comprese. E cioè: “Questi sono comportamenti non salutari”; “I comportamenti non salutari hanno origine qui”; “Qui cessano completamente i comportamenti non salutari”; “Chi pratica così, pratica per la cessazione dei comportamenti non salutari”. E inoltre: “Questi sono comportamenti salutari”; “I comportamenti salutari hanno origine qui”; “Qui cessano completamente i comportamenti salutari”; “Chi pratica così, pratica per la cessazione dei comportamenti salutari”. E inoltre: “Queste sono intenzioni (sankappa) non salutari”; “Le intenzioni non salutari hanno origine qui”; “Qui cessano completamente le intenzioni non salutari”; “Chi pratica così pratica per la cessazione delle intenzioni non salutari”. E inoltre: “Queste sono intenzioni salutari”; “Le intenzioni salutari hanno origine qui”; “Qui cessano completamente le intenzioni salutari”; “Chi pratica così pratica per la cessazione delle intenzioni salutari”.

E cosa sono, carpentiere, i comportamenti non salutari (akusalā sīlā)? Sono le azioni non salutari compiute con il corpo e la parola, e il mantenersi con mezzi scorretti. E dove hanno origine i comportamenti non salutari? Ho parlato anche della loro origine: e la risposta è che hanno origine nella mente. Quale mente? Perché la mente è multiforme, variegata e sempre diversa. La mente con avidità, odio e illusione (sarāgaṃ sadosaṃ samohaṃ): qui hanno origine i comportamenti non salutari. E dove cessano completamente i comportamenti non salutari? Anche della loro cessazione ho parlato. E cioè: un monaco abbandona un comportamento nocivo con il corpo, la parola e la mente, e adotta un buon comportamento con il corpo, la parola e la mente; non si mantiene con mezzi scorretti e adotta mezzi di sussistenza corretti. È qui che i comportamenti non salutari cessano completamente. [2]

E in che modo pratica chi pratica per la cessazione dei comportamenti non salutari? Ecco: suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di prevenire il sorgere di qualità dannose e non salutari non ancora sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di abbandonare le qualità dannose e non salutari che siano sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di far sorgere qualità salutari non ancora sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di mantenere, chiarificare, far crescere, arricchire, maturare e perfezionare le qualità salutari già sorte. Praticando così, pratica per la cessazione dei comportamenti non salutari. [3]

E cosa sono, carpentiere, i comportamenti salutari (kusalā sīlā)? Sono le azioni salutari compiute con il corpo e la parola e mantenersi con mezzi corretti. E dove hanno origine i comportamenti salutari? Ho parlato anche della loro origine: e bisogna rispondere che hanno origine nella mente. Quale mente? Perché la mente è multiforme, variegata e sempre diversa. La mente che è priva di avidità, odio e illusione (vītarāgaṃ vītadosaṃ vītamohaṃ): qui hanno origine i comportamenti salutari. E dove cessano completamente i comportamenti salutari? Anche della loro cessazione ho parlato. E cioè: un monaco è virtuoso, ma non si identifica con la virtù [no ca sīlamayo] e conosce per esperienza diretta la liberazione del cuore e la liberazione data dal discernimento dove i comportamenti salutari cessano senza lasciare traccia.

E in che modo pratica chi pratica per la cessazione dei comportamenti salutari? Ecco: suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di prevenire il sorgere di qualità dannose e non salutari non ancora sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di abbandonare le qualità dannose e non salutari che siano sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di far sorgere qualità salutari non ancora sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di mantenere, chiarificare, far crescere, arricchire, maturare e perfezionare le qualità salutari già sorte. Praticando così, pratica per la cessazione dei comportamenti salutari.

“E quali sono le intenzioni non salutari? Le intenzioni sensuali, ostili o aggressive. E dove hanno origine le intenzioni non salutari? Ho parlato anche della loro origine. E alla domanda si deve rispondere che sorgono dalla percezione. Ma quale percezione? Perché la percezione è molteplice, varia, diversificata. Le intenzioni non salutari  sorgono da percezioni connesse al piacere dei sensi, alla resistenza [o avversione] e all’aggressività. E dove cessano completamente le intenzioni non salutari? Ho parlato anche della loro cessazione. E’ il caso in cui un monaco, separato dagli stimoli sensoriali e separato dagli stati mentali non salutari, entra e permane nel primo livello di quiete meditativa [jhāna] che si associa all’applicazione iniziale e sostenuta: gioia e piacere nati dalla separazione. È qui che le intenzioni non salutari cessano completamente. E in che modo pratica uno che pratica per la cessazione delle intenzioni non salutari? Ecco: suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di prevenire il sorgere di qualità dannose e non salutari non ancora sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di abbandonare le qualità dannose e non salutari che siano sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di far sorgere qualità salutari non ancora sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di mantenere, chiarificare, far crescere, arricchire, maturare e perfezionare le qualità salutari già sorte. Praticando così, pratica per la cessazione delle intenzioni non salutari.

E quali sono le intenzioni salutari? La rinuncia, la benevolenza e la compassione. [4] E dove hanno origine le intenzioni salutari? Ho parlato anche della loro origine: e la risposta è che sorgono dalla percezione. Ma quale percezione? Perché la percezione è molteplice, varia, diversificata. Le intenzioni salutari emergono da percezioni connesse all’appagamento, alla non-avversione, alla non-violenza. E dove cessano completamente le intenzioni salutari? Ho parlato anche della loro cessazione. E’ il caso in cui un monaco, rilassando l’applicazione iniziale e sostenuta, entra e permane nel secondo livello di quiete meditativa che è privo di applicazione iniziale e sostenuta: una mente concentrata e internamente fiduciosa, gioia e piacere nati dall’unificazione. È qui che le intenzioni salutari cessano completamente. E in che modo pratica uno che pratica per la cessazione delle intenzioni salutari? Ecco: suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di prevenire il sorgere di qualità dannose e non salutari non ancora sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di abbandonare le qualità dannose e non salutari che siano sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di far sorgere qualità salutari non ancora sorte. Suscita il desiderio, si applica, attiva l’energia, esercita la volontà e si impegna al fine di mantenere, chiarificare, far crescere, arricchire, maturare e perfezionare qualità salutari già sorte. Praticando così, pratica per la cessazione delle intenzioni salutari. [5]

[Segue l’esposizione dei 10 fattori del sentiero di cui è dotato un asekhā cioè qualcuno che ha completato l’addestramento – un arahant: sono gli 8 fattori standard del sentiero più la retta conoscenza e la retta liberazione.  Per il brano completo cfr trad. Sujato https://suttacentral.net/mn78/en/sujato ].

Questo disse il Maestro. Soddisfatto, Pancakaṅga il carpentiere apprezzò le parole del Maestro.

NOTE

[1] Sulla ‘parola futile’ e le altre forme di parola retta e non retta vedi QUI Il documento contiene anche una tipica presentazione dei cinque precetti etici per i laici buddhisti.

[2] Per una esposizione delle 10 condotte morali e immorali vedi Majjhima Nikāya 41 Sāleyyaka Sutta trad. it.  Una tipica definizione dei modi scorretti di guadagnarsi da vivere per un praticante laico (indicativa, non certamente esaustiva) include cinque forme di commercio: armi, esseri umani, animali da macello, liquori, veleni (p. es AN 5.177;  vedi QUI  anche sui mezzi di sussistenza scorretti per un monaco mendicante.  Il concetto di “mezzi di sussistenza appropriati” ha ispirato direttamente o indirettamente il dibattito, gli studi e molte interessanti iniziative intorno all’etica del lavoro e dei modi di produzione nel mondo contemporaneo, e sull’importanza di questo fattore per il benessere dell’individuo, della società e dell’ambiente (a cominciare dall’ormai classico saggio di Schumacher Piccolo è bello ; vedi anche il sito https://www.rightlivelihoodaward.org/)

[3] Sul retto sforzo (sammā vayāma ) come fattore del sentiero, qui esposto secondo la classica formula quadruplice, vedi Laboratorio Mestre 2017-18  e relativi file AUDIO

[4] Sulle rette motivazioni o intenzioni (sammā saṅkappā) come fattore del sentiero e sui diversi modi di rendere il termine saṅkappā e le tre qualità mentali cui si fa riferimento vedi testi e documenti sulla pagina Ritiro-di-febbraio-a-Tossignano 2020 e relativi file AUDIO.  Ascolta anche:

https://letiziabaglionidotcom.files.wordpress.com/2020/04/domenica-4.mp3

 

[5] Sugli stati di quiete meditativa vedi QUI

 

 

 

 

 

 

Ritiro pasquale a Torino

24 martedì Feb 2015

Posted by Letizia Baglioni in Pratica buddhista

≈ Commenti disabilitati su Ritiro pasquale a Torino

Tag

karma, meditazione di consapevolezza, motivazione e intenzione, satipatthana sutta, vipassana, volontà

3 – 6 Aprile 2015
Oasi di Cavoretto – Torino
Ritiro residenziale

“IL POTERE DELL’INTENZIONE: CONSAPEVOLEZZA, KAMMA E LIBERTÀ NELLA VIA DEL BUDDHA”

ci sono ancora posti disponibili per questo ritiro residenziale  vi ricordiamo di perfezionare la vostra iscrizione entro  lunedì  2 marzo info RitiroPasqualeTorino

In questo ritiro cercheremo di mettere a fuoco alcuni aspetti chiave della meditazione di consapevolezza (o satipatthana) così come il Buddha stesso la delinea nel Satipatthana Sutta e in altri luoghi rilevanti del Canone pali. Nelle riflessioni serali e nella pratica formale seguiremo il filo degli insegnamenti circa l’aspetto attivo, volizionale, della mente, e su come “apprendere dall’esperienza” riconoscendo gli effetti sottili o più evidenti delle nostre intenzioni dentro e fuori di noi.

Il ritiro si rivolge prevalentemente a chi già pratica la meditazione di consapevolezza, ma è previsto uno spazio introduttivo per un certo numero di principanti (se è il vostro primo ritiro di vipassana segnalatelo nella mail di iscrizione).

Luogo: l’Oasi di Cavoretto, Strada di Santa Lucia 89/97. Un’antica villa immersa nel verde della collina di Cavoretto in comodato al Gruppo Abele, a circa 30 minuti dal centro di Torino.

scarica traduzione SATIPAṬṬHĀNA SUTTA Majjhima Nikāya 10

 

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