Tag
anapanasati, consapevolezza del respiro, meditazione di consapevolezza, retta concentrazione, vipassana
Quiete e Visione profonda
Ritiro di meditazione a Tossignano (Bo)
Villa Santa Maria 18-26 agosto 2018
INFO QUI 
Questo ritiro residenziale è adatto a meditanti con precedente esperienza e una conoscenza di base del Dhamma. Come sempre, per aiutare l’organizzazione chiediamo a chi è interessato di confermare l’iscrizione quanto prima e comunque ENTRO IL 31 LUGLIO scrivendo a inforitiri@gmail.com
In questo approccio, samatha e vipassanā (quiete e investigazione o visione profonda) sono integrate e complementari fin dai primi passi della coltivazione mentale, e applicate in modo organico tenendo presente gli insegnamenti del Buddha degli strati canonici più antichi (sutta) e in particolare quelli sulla pratica della consapevolezza dell’inspirare ed espirare (ānāpānasati).
Come introduzione ai concetti essenziali e alle basi testuali della pratica che svolgeremo nel corso dei ritiro consigliamo a tutti i partecipanti alcune
LETTURE:
Il cuoco (Saṃyutta Nikāya 47.8) Nota: Il link riniva alla versione inglese di Bhikkhu Bodhi. Cliccando in alto a destra sul menu a tendina si accede a traduzioni in altre lingue disponibili sul sito suttacentral.net, con l’avvertenza che non tutte le versioni sono egualmente attendibili o condotte sul testo pali originale.
Sui temi trattati al ritiro vedi anche citazioni e riferimenti alla pagina:
https://letiziabaglioni.com/2017/06/17/ritiro-di-agosto-a-tossignano-bologna/
LE REGISTRAZIONI DEI DISCORSI TENUTI DURANTE IL RITIRO SONO DISPONIBILI ALLA PAGINA AUDIO
Riflettendo sulla lettura consigliata per il ritiro (Bhikkhu Anālayo, Dall’attaccamento al vuoto: escursioni nel pensiero del buddhismo antico (2) capitolo 8) e su elementi emersi durante un seminario che ho seguito all’Ameco di Roma in cui si è parlato del rapporto tra il vuoto e la spaziosità nella mente-cuore, mi si è presentata alla mente una insolita idea di parallelismo tra la fisica quantistica e l’insegnamento buddista, che propongo in questo commento per offrire un punto di vista da una prospettiva un po’ diversa da quelle a cui siamo abituati nelle condivisioni sulla pratica del damma.
Da quel che recepisco dell’insegnamento buddista, quanto più sviluppiamo samatha, svuotando la mente dagli stati mentali inquinanti, tanto più spazio si crea nella mente-cuore. Questa spaziosità ci rende meno egocentrici e ci predispone alla visione profonda, aprendo una connessione tra noi e la realtà incondizionata.
Ebbene, questo dualismo vuoto interno – spazio esterno lo ritroviamo in meccanica quantistica. In questo ambito, a causa del principio di indeterminazione di Heisenberg, non è possibile definire con precisione allo stesso tempo la velocità e la posizione di una particella elementare. Accade quindi che raffreddando a temperature vicine allo zero assoluto (-273° gradi) un insieme di atomi, questi, mentre rallentano il loro movimento (la velocità di un insieme di particelle è legata alla loro temperatura), perdono la loro posizione spaziale dislocandosi nello spazio in una sovrapposizione di stati. Infatti, andando verso lo zero termico la velocità di ciascun atomo si avvicina sempre più precisamente a zero, e quindi per il principio di indeterminazione la sua posizione spaziale è sempre più indefinita. Gli atomi si sovrappongono nello spazio, formando quello che tecnicamente si chiama un condensato di Bose-Einstein. In questo stato questi si comportano collettivamente come se fossero un’unica superparticella.
Questa mi sembra una descrizione sorprendentemente simile a quello che viene trasmesso dall’insegnamento del damma. Praticare il samadhi porta a diminuire il disordine mentale, ciò che in termodinamica equivarrebbe a “raffreddare” la nostra mente (in fisica la temperatura è direttamente collegata all’entropia, che è una misura del disordine del sistema in osservazione). In questo modo, svuotando dagli inquinanti la mente, abbandoniamo la fissazione egoica e ci espandiamo fuori di noi, provando (nella misura in cui si riesce a raggiungere davvero uno stato di quiete profonda) una sensazione di ‘spaziosità’ e di connessione con una realtà incondizionata. Vale anche l’opposto, quanto più ci estendiamo fuori dal nostro angusto orizzonte personale, ad esempio andando verso gli altri con la pratica dei 4 brahmavihāra, tanto meno ci sentiamo ego centrati, con un potente sostegno per la pratica di vipassana. Le due cose sono intrinsecamente legate, non è possibile l’una senza l’altra, esattamente come nel principio di indeterminazione. E i praticanti, nella misura in cui riescono a realizzare questo stato duale di vuoto-spaziosità, vibrano collettivamente nel sangha in modo simile agli atomi di un condensato di Bose-Einstein.
Immagino che questa similitudine sia solo una suggestione di una mente (la mia) un po’ troppo influenzata dalla propria formazione culturale, però mi piacerebbe se invece potesse suggerire che esiste una connessione profonda tra l’essenza ultima della materia e quella della mente.
Grazie tante Giorgio per il tuo suggestivo commento. Mi mancano nozioni sufficienti di fisica per elaborare sul tuo accostamento, ma spero che qualche lettore/meditante colga il tuo spunto.
Mi piace l’idea che “praticare il samadhi porta a diminuire il disordine mentale, ciò che in termodinamica equivarrebbe a “raffreddare” la nostra mente (in fisica la temperatura è direttamente collegata all’entropia, che è una misura del disordine del sistema in osservazione)”. Effettivamente alla semplificazione e unificazione del campo della coscienza corrisponde non un restringersi o collassare della consapevolezza (come accade nella concentrazione ordinaria) .ma un’espansione. Nei sutta, l’avidità l’odio e l’illusione sono pensati come condizioni che restringono e caratterizzano la mente, per cui la loro sospensione (sia pur momentanea) è associata alla non-tracciabilità e alla mancanza di barriere o definizioni. .