Il Lab online 2022 è concluso Info
registrazioni dal primo e secondo ciclo vedi qui
testi
ANAPANASATI Majjhima Nikaya 18
SATIPAṬṬHĀNA SUTTA Majjhima Nikāya 10
Samādhaṅga Sutta (AN 5:28) sui 5 fattori della concentrazione cfr audio intensivo giugno
vedi anche I quattro jhana (Dīgha Nikāya2)
altri materiali vai a Lab online: ānāpānasati
meditazioni guidate
1) rilassare corpo e mente
2) anapanasati (prima quartina)
3) anapanasati (prima-terza quartina)
per istruzioni e altre meditazioni guidate su ānāpānasati vedi
AUDIO Tossignano 2020 e AUDIO Valeggio 2021
Sulle opinioni e la retta opinione (in risposta alla domanda di Beatrice) questo è il link all’estratto dai due sutta citati stasera (putroppo in inglese!)
Fai clic per accedere a ditthi.pdf
per una resa e commento in italiano del testo vedi il video seguente (dal minuto 53:27)
e la scheda del seminario (i punti relativi a ditthi)
Fai clic per accedere a schede-1.pdf
questo invece è trad. it.
Fai clic per accedere a kosambi-mn48.pdf
Cari e care partecipanti, ricordo che oltre alla sessione di martedì prossimo 15 novembre, già in programma, vi sarà l’incontro del 22 novembre. Io non ci sarò ma Marinella si è gentilmente offerta di fare da host per chi desidera conservare l’appuntamento per meditare insieme e condividere su un tema di pratica.
A questo proposito, propongo come tema della sessione del 22 quello dei ‘cinque impedimenti’; senza escludere interventi diversi, mi sembra utile per dare un filo alla discussione.
Per fondare lo scambio e le riflessioni personali sulla solida base degli insegnamenti originari, consiglio a ciascuno di leggere in anticipo e ‘studiare’ nel vivo della propria meditazione e del proprio cuore le similitudini offerte dai sutta e ‘rinfrescare’ le istruzioni satipatthana sulla contemplazione dei cinque impedimenti (nivarana). Il Buddha lodava chi si riuniva per studiare i suoi discorsi e aiutarsi a vicenda a comprenderli chiarendo i dubbi.
Trovate i testi e gli appunti a questo link: https://letiziabaglioni.com/2017/04/18/abbandonare-i-cinque-impedimenti/
Soprattutto a chi è nuovo o relativamente nuovo all’argomento e alle relative istruzioni satipatthana, consiglio anche di ascoltare gli audio
“I cinque impedimenti come fenomeni condizionati”
e Affamare gli impedimenti
arrivederci a martedì prossimo!
Riguardo alla domanda di Massimiliano su yoniso manasikara: vedi gli appunti dal ritiro Attenzione accurata su questa pagina https://letiziabaglioni.com/2017/05/03/ritiro-di-giugno-a-tossignano-bologna-2/
Grazie mille Letizia! Ho letto con interesse, stavo anche leggendo l’articolo di Analayo sulle “5 dita” le 5 caratteristiche di nama in cui l’attenzione-manasikara è l’ultimo elemento. Se ho capito bene è una funzione automatica della mente, sempre presente quando c’è uno stato cosciente, ma che può essere coltivata/applicata/indirizzata intenzionalmente e con certe qualità per diventare “saggia”-yoniso.
https://tallahasseechan.org/teachings/mindful-yoga/
questo è il link alla sequenza degli otto movimenti presentati nella sessione di meditazione in movimento.
I principi generali del radicamento e rilassamento dinamico nella meditazione in piedi (camminando, ecc.) sono tratti dagli esercizi base del Qi Gong (di derivazione cinese), ma sono comuni a molti metodi sviluppati nelle diverse tradizioni buddhiste (oggi sono anche integrati in molti lavori sulla postura, la psicomotricità, le terapie a mediazione corporee, la mindfulness ecc. sviluppati in occidente)
Salve,
a me interesserebbe molto trattare il tema della continuità del “lasciare andare”.
Durante la pratica formale mi sembra infatti di poter riuscire a percepire il lasciare andare come possibilità di “stare” in mezzo al movimento, all’indeterminatezza e all’impermanenza con agio, tranquillità, fiducia e curiosità.
Quando poi i sensi riprendono il loro corso il piacere sottile dell’indeterminatezza si trasforma a volte in confusione sulla direzione da dare all’agire nel mondo: nell’ambito delle scelte salutari (o così almeno spero) non riesco a capire cosa devo abbandonare e cosa seguire per poter contribuire in modo positivo alla mia e alla vita di tutti.
Grazie dell’attenzione
Beatrice
Grazie Beatrice, è un punto importante che certamente esploreremo. Intanto puoi considerare il secondo fattore dell’ottuplice sentiero: la retta motivazione o intenzione. Abituarti a riconoscere la non avidità, la non ostilità e la non violenza non solo come pensieri ma anche come stato della mente: che sapore hanno? come si sentono nel corpo? sono inclinazioni o atteggiamenti che la mente consapevole può prendere in un attimo come guida delle azioni e delle parole. Riconoscere la frenesia, l’aggrapparsi, il pregiudizio, la paura, negatività ecc. come stati che cerchiamo di non seguire come motivazione del nostro comportamento.
Grazie del commento Beatrice, mi incuriosisce e mi risuona ciò che scrivi… per favore, potresti chiarire cosa intendi con “piacere sottile dell’indeterminatezza”? Grazie, anche a Letizia delle illuminanti risposte!
Ciao Grazia,
con parole che necessitano sicuramente di essere approfondite potrei dire che mi riferisco al senso di semplificazione e di spazio in quanto effetti della rinuncia, del depositare l’impulso ad afferrare; uno spazio fiducioso che consente di approfondire l’indagine senza timore.
La memoria di questa sensazione permane e mi da un senso di sicurezza.
Grazie Letizia per la risposta. Essenziali sono per me questi insegnamenti.
Beatrice
Una mente verbalmente attiva è per me un tema di riflessione, grazie
Durante la pratica formale vengo facilmente catturato da pensieri che hanno come oggetto la programmazione della giornata, progetti, soluzione di problemi pratici e relazionali. Ho notato anche un sottofondo di controllo in tutto questo e ho inquadrato il tutto nell’attaccamento all’essere, al divenire che è molto legato al senso dell’io. Nella pratica di questa mattina ho pensato di utilizzare una meditazione guidata sulla morte che si è rivelata molto proficua e che continuerò a usare per qualche giorno.
Come pratica di presenza mentale durante la giornata trovo molto utile utilizzare i pasti. Mangiare ma anche bere con presenza mentale è veramente qualcosa di rivoluzionario…
Anch’io trovo una forte attrazione nel progettare, pretendendo come di “spianare” le cose, migliorarle allo scopo di evitare di trovarmi a soffrire. Ho notato che quello che trovo piacevole in questa attività che non sortisce il risultato di evitare gli “inconvenienti” – come appurato – è la sensazione che suscita. Descriverla a parole non è facile, certo provo una grande eccitazione e mi pare di avere una grande lucidità mentale. Il corpo però è teso, apparentemente molto concentrato. Adesso che lo scrivo, devo dire che non capisco perché mi piaccia sentirmi così, come “congelata”…
Ciao Letizia, come da te chiesto stasera, mi offrirei volontaria per facilitare la sessione del 29 Novembre c.a. 🌸🌺
Grazie Marinella. Però si tratta di martedì 22. Andrebbe bene lo stesso? Sarebbe una sessione aggiuntiva rispetto a quelle già programmate del 15 e 29 novembre.
Cara Letizia, per me va benissimo anche il 22 novembre. Grazie 🙏
Allora d’accordo Marinella, ci aggiorniamo dopo l’intensivo 🖖
Buona sera,
ho scelto come pratica della presenza mentale salire/scendere le scale e vestirsi/svestirsi, mi sono resa conto che è abbastanza difficile: mi ritrovo ad aver già compiuto l’azione e rendermi conto di aver usato il “pilota automatico”, credo che questa mio “rimanere in superficie sia collegato al momento della meditazione formale in cui ho tante distrazioni e devo riportare la mente al corpo/respiro..
Ho postato l’audio contenente le informazioni pratiche sul secondo ciclo del Lab online. Accedete alle registrazioni tramite il link su questa pagina “registrazioni del primo e secondo ciclo”.
Chiederei a chi non era presente stasera di ascoltarlo. Troverete le altre info sulla email e il documento allegato inviato all’atto dell’iscrizione. Oppure su questa pagina.
Per favore, non utilizzate altri canali o pagine del blog per inviare messaggi e commenti.
Non tutto verrà registrato. Avviserò con un commento se è disponibile nuovo materiale su questa pagina.
Ciao Letizia, mi è sorto un dubbio mentre parlavi stasera… il legame tra la “Consapevolezza situazionale” e il secondo fattore del risveglio, che io semplifico nella mia esperienza come “conoscenza diretta”, quel fare esperienza senza mente “commentatrice”. Avevo inteso che fossero la stessa cosa, ma stasera ascoltandoti mi è sorto il dubbio di aver troppo “semplificato”… grazie per chiarire questo!
Non sono due ‘cose diverse’, certo, ma i fattori del risveglio sono funzioni mature della mente, che convergono nell’esperienza, appunto, del risveglio o liberazione. Inoltre il fattore del risveglio ‘investigazione dei dhamma’ si esplica a un livello più sottile e strutturale (la condizionalità, l’origine dipendente) senza riferimento a situazioni o attività specifiche.
Carissima Letizia, buongiorno.
Volevo fare una domanda, riguardo Anapanasati, che mi è saltata in mente durante la meditazione di stamattina mentre ero intenta all’inspiro e all’espiro.
Quando i movimenti del citta mi facevano dimenticare l’esperienza del respirare, tornavo ad includerlo e per rafforzarne la consapevolezza portavo a mente la prima quartina dicendomi: “Inspirando lungo sa di inspirare lungo, espirando breve sa di espirare breve, ecc.”
Ho fatto caso al verbo che viene usato: “sa”.
Mi chiedevo perché “sa” e non “sente”? Personalmente avrei definito l’esperienza: inspirando lungo “sento” che sto inspirando lungo, ecc.
Rileggendo il sutta, ho visto che il verbo sentire viene usato: “sentendo il corpo, sentendo l’energia della mente.” Perché, dunque, quando si tratta dell’inspiro e dell’espiro il verbo utilizzato è “sapere”?
Lasciando da parte la possibilità che nel pali i 2 verbi coincidano (e tu certo mi saprai dire) e immaginando che nei sutta niente sia “per caso”, mi chiedevo quale fosse la qualità che distingue il “sapere” che sto inspirando lungo/breve dal “sentire” tutto il corpo/l’energia della mente/gioia/piacere.
Un saluto anche a tutto il Sangha.
Il verbo pajanati, come i sostantivi paññā, sampajaññā ecc, denota un’attività di discernimento, una chiarezza percettiva, un conoscere riconoscere o distinguere (come appunto un respiro lungo da un respiro breve un ispiro da un espiro ecc)
Patisamvedi (pati-sam-vid, stessa radice di vedana) rimanda a una conoscenza più globale, accurata o approfondita della qualità di qualcosa (in inglese experiencing). Ad esempio, la consistenza di un materiale. Sono modalità del conoscere.
Non mi fisserei più di tanto sulle traduzioni (anche sulla mia) o i termini.
In italiano, la differenza fra sapere cos’è e sapere com’è.
Buone cose!
Buongiorno, avviso le/i partecipanti all’intensivo che ho pubblicato su questa pagina la meditazione guidata sui preliminari e due dei discorsi sui fattori della concentrazione (non è stato registrato altro). buona pratica!
Comunque personalmente voto a favore della registrazione della prima parte degli incontri, le meditazioni guidate. È vero che ce ne sono già molte a disposizione in giro per il blog, ma sono sempre diverse, piene di spunti di sfumature, accenti e contrappunti. Voto si! 🙂
Ah, ma non c’era un voto su questo …. ma se qualcuno obiettava alla registrazione della discussione con i partecipanti… Stavolta ho postato l’audio delle D&R
Arrivederci e buona pratica (consultate il calendario degli incontri)
Vorrei anche pregare i partecipanti, nel momento in cui si connettono a Zoom per la meditazione o il discorso ( o la discussione), di mantenere le condizioni di silenzio, di raccoglimento e di rispetto che terrebbero (auspicabilmente) in una sala di meditazione. Se ritenete che non vi siano le condizioni in casa, o avete altre cose da fare o a cui pensare, potete liberamente lasciare la riunione.
Carissima nella meditazione..
Sento il corpo
Riconosco piacevole spiacevole neutro
Analizzo se sono presenti impedimenti
..tutto ciò è quello che tu chiami Google maps?
Arrivare alla contemplazione cosa significa…
Dopo la aver analizzato i vari punti stare solo con il respiro?
Grazie!!!!
Buona sera.
Come dicevo ieri, l’esperienza della meditazione formale è generalmente piacevole, anche se gli effetti tendono a sfumare man mano che si svolge la giornata. Inoltre, se da una parte la pratica sembra ridurre la durata delle sensazioni spiacevoli della vita (rabbia e paure), dall’altra queste ultime appaiono molto intense e lasciano un forte senso di frustrazione (evidentemente a fronte di maggiori aspettative di pace). In genere leggo che le sensazioni vanno osservate, ma soprattutto con le paure (fobie specifiche e sensazioni di pericolo infondate) non è facile. Qualche suggerimento per colmare il gap tra la pace della meditazione formale e le questioni irrisolte di vecchia data ? Grazie.
Certo Gianni, fobie e sensazioni di pericolo non sono facili da osservare e, soprattutto quando persistono da molto tempo, è necessario non sottovalutare il disagio che arrecano o sottoporsi a inutili frustrazioni cercando di controllarle con la meditazione.
In questo modo uno si scoraggia e perde fiducia in se stesso/a e nella meditazione, quando in realtà potrebbe affrontarle molto meglio con l’aiuto adeguato, cioè nel contesto di un lavoro psicologico con uno psicoterapeuta esperto (o comunque sondare meglio il contesto, a volte ci sono condizioni fisiologiche o relazionali che andrebbero meglio indagate e dove è sconsigliabile l’improvvisazione).
Vi sono attualmente diversi approcci specifici anche nella terapia breve, al livello privato come pure nei servizi pubblici. E’ possibile anche che alcune esperienze più marcate di ansia, depressione o irritabilità emergano nel caso di eventi socialmente stressanti (come la pandemia e la guerra) e anche in questo caso sono messe in atto diverse iniziative specifiche per supportare psicologicamente le persone.
Questo principio è simile a quello che illustravo per il dolore fisico nella meditazione seduta, o la difficoltà a percepire il respiro. L’attività motoria regolare, o altre forme di educazione fisica, ginnastica posturale, riabilitazione specifica, o lavoro corporeo ed energetico come chi gong e tai chi, sono gli strumenti più validi per garantire una postura corretta, minore tensione, migliore propriocezione, ecc.
In questo modo, la pratica di anapanasati (o satipatthana in generale) può essere poi affrontata con minor stress e soprattutto con la motivazione adeguata.
In oltre quarant’anni di pratica buddhista e frequentazione di gruppi, centri di Dharma ecc., e nella mia esperienza di insegnante, ho riscontrato che spesso le persone ‘caricano’ la meditazione o la ‘pratica’ di una serie di aspettative che sono troppo onerose per se stessi, talvolta nella convinzione di non poter o dover apportare nessun cambiamento alla propria vita quotidiana o al modo di prendersi cura di se stessi.
La resistenza a chiedere aiuto psicologico o talvolta perfino medico quando occorre (o cercare surrogati scientificamente poco fondati), quasi fosse un’ammissione di debolezza, o la riluttanza a dedicarsi ad attività rigeneranti, è una delle cause più importanti, a mio parere, di frustrazione o motivazione non corretta nella pratica meditativa.
Detto ciò, se c’è un gap apprezzabile fra pratica formale e quotidianità, occorre esaminare bene come ci si prende cura di se e degli altri nella quotidianità, e come si pratica la meditazione.
Naturalmente, ho usato la tua domanda per considerazioni generali, che sono importanti per tutti, a mio avviso.
Sulle pratiche di presenza mentale nella vita quotidiana chiedo poi a voi partecipanti di intervenire, se volete, secondo quello che avete compreso dell’addestramento graduale nel buddhismo antico.
Buona sera! In fondo a questa pagina trovate il link per la registrazione (parziale) delle sessioni del martedì.
Usate l’area dei commenti per condividere riflessioni e domande (barrate la casella notificami nuovi commenti per essere avvisati quando qualcuno risponde o pubblilca un commento)
Con metta, buona pratica di anapanasati!